Giovanni Minerba |
La faccenda quindi non è chiusa, e oggi anch'io torno a occuparmene con un altro articolo sul Corriere, stimolato da una considerazione che reputo non così marginale.
Mi spiego. Nelle interviste al Corriere Ghigo e Luxuria, pur partendo da punti di vista differenti chiedono entrambi a Minerba di sacrificarsi e lavorare gratis per Lovers; e Ghigo fa notare che lui, ad esempio, ricopre l'incarico di presidente del Museo a titolo del tutto gratuito.
Ora: il mio più serio problema in questi giorni è stato mangiare una fetta di panettone senza che la glicemia mi schizzasse a livelli astrofisici, per cui potete immaginare quanto me ne importi e quanto me ne venga, personalmente, se Minerba sta o va, e se Lovers la scampa o non la scampa. Facciano loro che sanno. Ma questa storia cattopauperista che lavorare gratis è bello e nobile ha il potere di mandarmi ai matti. Ho pochissime convinzioni granitiche, nella vita: una di queste è che non si lavora per la gloria, ma per la pagnotta. Se poi viene anche la gloria, e se c'è la soddisfazione, tanto meglio: ma il lavoro va ricompensato. Non lo dico io, lo dice il Catechismo di San Pio X con quella storia della giusta mercede agli operai. E chi sono io per contraddire un Papa, e per di più santo?
Una seconda mia convinzione è molto più liberista: se ho bisogno del lavoro di qualcuno, lo faccio lavorare e lo pago; se invece non mi serve, allora se ne sta a casa, e non viene a lavorare per me, né a pagamento, né gratis.
Quindi, di che minchia stiamo parlando? Perché Minerba dovrebbe lavorare gratis? Se la sua collaborazione non serve più, glielo si dice e buonanotte al secchio: se invece serve, si paga, come si pagano le altre collaborazioni.
E non vale la pur rispettabile obiezione di Ghigo: è vero, la presidenza di una Fondazione culturale come il Museo del Cinema è una carica senza compenso. Ma non soltanto al Museo del Cinema: la regola vale per tutti i presidenti di tutte le fondazioni (con due eccezioni previste dalla legge, come potete leggere qui). Ed è ammirevole che ci siano cittadini che accettano di prestare la loro opera di civil servants a beneficio della comunità senz'altra ricompensa che la pubblica gratitudine (ammesso e non concesso che ancora esista il concetto di "pubblica gratitudine"), esponendosi a rischi enormi - un presidente è il primo che paga, se qualcosa va storto - e a un carico di incombenze tutt'altro che trascurabile. Però lì la gratuità è insita nella carica, ne è un presupposto che viene accettato liberamente dal cittadino quando sceglie di sobbracarsi quell'onere. Non è - come invece sarebbe per Minerba - una condizione ad personam (in genere i collaboratori dei festival ricevono una pur modesta mercede) imposta non da Statuti pubblici e depositati, ma ad minchiam dall'oggi al domani.
E vabbé, se vi interessa leggetevi a questo link l'articolo del Corriere. Se non vi interessa, per me è uguale: fatevi buone Feste e speriamo in un 2020 migliore. Si dice sempre così, a fine dicembre. Tanto poi va come deve andare.
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