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Il video-messaggio di Virzì dagli Usa: "Vorrei essere con voi, domani arrivo" |
Vabbè che è morto
Mike Nichols. Ma se anche il vecchio Mike fosse ancora tra noi non penso che la situazione sarebbe cambiata granché. Il clima da veglia funebre della serata inaugurale del Tff era
nell'ordine naturale delle cose. E mica per via dei tagli che minacciano
l'estinzione del sistema cinema. No.
Quella veglia funebre lì s'è consumata prima, al buffet, dove distinguevi i direttori degli altri festival - più piccoli, più poveri e quindi più a rischio - dalla postura modello foglie sugli alberi d'autunno. Sorridenti, ma del sorriso triste di chi non sa che cosa l'aspetta,
ma sa che sarà spiacevole.
Il messaggio di Virzì
Ecco: quella cosa diamola per scontata. Io vi parlo invece della cerimonia, dei saluti e dei rigraziamenti che precedono la proiezione inaugurale. Non che ci sia materia per un grande spettacolo, nessuno pretende Broadway. Ma vi assicuro che il breve video-messaggio che Virzì ha mandato dall'America è sceso sulla platea del Lingotto come pioggia sul deserto. Virzì si scusa per non essere presente e dà appuntamento a domani. Tutto lì. Ma in quattro minuti costruisce un mini-show, coinvolge il celebre attore americano Paif (cioé Pif, la jena-regista, acchiappato al volo lì a Hollywood o dove diavolo sono quei due), ci mette l'accento livornese e i
tempi comici. Finalmente si ride. Di più: finalmente succede qualcosa.
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"Mi trovi buffo? Ma buffo come, buffo come un pagliaccio..." |
Non tutti siamo buffi
Il problema dell'inaugurazione di quest'anno era ben presente a tutti,
in primis al direttore Emanuela Martini. Che è una eccellente costruttrice di festival, una raffinata cinefila, un'autorevole critica cinematografica, una che sa scegliere film belli, stimolanti, anche divertenti. Però non è divertente di suo. Non è una colpa; neppure un difetto. Nessuno è tenuto ad essere Charlie Chaplin, e men che meno Bombolo. Nel mondo del cinema, poi, definire qualcuno "buffo" può essere rischioso, specie se sei dentro a "Quei bravi ragazzi". Ma il protocollo festivaliero prevede che il direttore conduca la serata inaugurale. E per condurre una serata bisogna essere un conduttore. Che è un mestiere. E come ogni mestiere non si improvvisa: richiede una tecnica.
La tecnica dei direttori
Quasi tutti i precedenti direttori del Tff avevano una loro tecnica. C'era lo stile scasciatissimo di Steve Della Casa, con il suo telegrafico saluto finale "divertitevi!". C'era lo stile stiloso di Barbera, avvantaggiato dall'allure da Sean Connery de noantri e dal fatto di essere nato con lo smoking cucito addosso (non conosco molti altri che portino lo smoking come Barbera: e a Torino nessuno, a parte Vergnano che sembra in smoking anche se indossa un semplice completo scuro). Moretti vinceva facile perché è attore fin nel midollo, e per di più personaggio, e gli bastava fare il Nannimoretti per ammaliare la platea. Amelio era impacciato, ma aveva il carisma dell'impacciato, e ogni tanto azzardava una battuta, con esiti incerti ma con sovrano sprezzo del pericolo. Virzì... Beh, Virzì ci ha regalato
il Festival più divertente della storia. Divertente al punto che del Festival dello scorso anno ricordo soltanto Virzì, le battute di Virzì, le scenette di Virzì.
Emanuela non è una soubrette
Forse non era neanche giusto, un Festival non è uno spettacolo di cabaret: e certo Emanuela Martini non ha millantato crediti da soubrette. Lo ha detto fin dall'inizio che nel ruolo di conduttrice della serata inaugurale proprio non si vedeva, e che la prospettiva le dava il tormento. Così è salita sul palco con il suo classico look Anni Settanta e ha elencato tutti quelli che doveva elencare, sponsor ospiti film e cazzimazzi, con il tono del
memento mori; e si capiva benissimo che avrebbe preferito trovarsi su Marte, o meglio ancora in sala stampa a intervistare un regista, attività quest'ultima che le riesce benissimo e nella quale potrà esibirsi per tutto il resto del Festival. Ma stasera è stato un mortorio. Oltretutto, Emanuela non si concede una battuta neppure sotto tortura, non riempie i tempi morti, e non tira l'applauso: in sala c'erano alcuni personaggi ragguardevoli, tipo Schloendorff, il regista di
"Diplomatie", e il cast nazionalpopolare di
"Ogni maledetto Natale", ma sono stati citati con la stessa enfasi dedicata agli sponsor minori.
Fenomenologia del pubblico da inaugurazione
A completare la bella serata, l'intervento musicale di
Giorgio Li Calzi, una composizione raffinatissima che è perfetta in una sala da concerto per un pubblico da concerto: ma all'inaugurazione del Tff non c'è il pubblico da concerto. All'inaugurazione del Tff il pubblico è diviso in due categorie.
Prima categoria, gli invitati: ovvero politici, addetti ai lavori, giornalisti, vip assortiti, imbucati. I politici sfilano, gli addetti ai lavori invidiano gli altri addetti ai lavori, i giornalisti tentano di fregare gli altri giornalisti per una notizia che domani non interesserà a nessuno, i vip assortiti spettegolano sugli altri vip assortiti, e gli imbucati spazzolano il buffet. Nessuno di costoro è interessato alla musica sperimentale.
La seconda categoria è quella dei paganti il biglietto: trattasi di cinefili duri e puri, che farebbero volentieri a meno delle fanfeluche che tanto piacciono agli invitati, perché essenzialmente sono lì per vedere il film. Neppure costoro sono interessati alla musica sperimentale. Quindi, bel concerto sprecato.
"Gemma Bovery" è una figata
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"Gemma Bovery": la cosa migliore della serata d'inaugurazione |
Ma finalmente il calvario è finito: Emanuela Martini ha chiamato sul palco Anne Fontaine, la regista del filmd'apertura
"Gemma Bovery". Breve e spiritosa presentazione (alla Martini datele un regista e vi solleverà il mondo) e poi buio in sala. Parla il cinema. E, ragazzi, se il buongiorno si vede dal mattino, sarà un Festival strepitoso. "Gemma Bovery" è uno schianto di film. Delizioso, divertente come sanno esserlo soltanto i film francesi divertenti, uno di quei film che quando finisce ti fermeresti a vederlo una seconda volta. Non perdetevelo. E' stato la cosa migliore dell'inaugurazione del Festival. E che a un Festival di cinema la cosa migliore dell'inaugurazione sia il film inaugurale è un fatto meraviglioso, sacrosanto ma tutt'altro che scontato.
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