Oggi chiudo bottega per un po'. Anche la mia sopportazione ha un limite, e i ragazzi me l'hanno fatto abbondantemente superare.
Prima, però, mi resta da registrare per dovere di cronaca l'ennesima puntata della guerra di sterminio che il Crociato Padano Fabrizio Ricca ha intrapreso, in questa consiliatura, contro i vertici delle Fondazione Torino Musei vecchi e nuovi - e anche del Mao, naturalmente, e se capita l'occasione anche del Museo Egizia. Nessuno sfugge allo spadone del Crociato.
Non credo però che quella di Ricca sia una questione personale.
In realtà, trattasi di politica.
Ricca ha raccolto paro paro lo spadone che fu brandito nella scorsa consiliatura da Giovanna d'Arco Appendino. A lei quello spadone ha reso bene in termini di voti, e dunque perché non accaparrarselo, adesso che l'incendiaria è diventata pompiera?
Così deve aver ragionato il Prode, adattando la sua strategia alla mutata situazione: uscita di scena Patrizia Asproni, il bersaglio di Ricca è diventato il segretario generale della Fondazione Cristian Valsecchi. Non passa una settimana senza che l'assatanato Ricca non gli dedichi un'interpellanza, che si conclude ritualmente con la richiesta di dimissioni. L'urgenza è comprensibile: il mandato di Valsecchi scade fra un anno, quindi c'è poco tempo per chiederne lo scalpo. E il diligente Ricca non spreca neppure un'interpellanza.
Stavolta l'oggetto del contendere è un'ingarbugliata questione di servizi di assistenza fiscali ai dipendenti della Fondazione Musei. Io di Caf e commercialisti capisco ancor meno che di computer, per non dire quel che me ne frega. Quindi sono incline a considerare la faccenda sollevata da Ricca un'emerita cazzata: ma potrei benissimo sbagliarmi data la mia lampante incompetenza e pertanto rinvio il lettore interessato direttamente all'interpellanza, che potete leggere qui.
In questa, come nelle interpellanze precedenti, mi colpisce il tono generale, diciamo "lo stile" usato dal capogruppo leghista: identico a quello tipico delle intemerate della consigliera d'opposizione Appendino (e del suo allora amico Vittorio Bertola) contro l'Asproni e ai suoi metodi di gestione. E' come se Appendino e Ricca fossero due attori che recitano, in rappresentazioni diverse, la stessa parte nella stessa commedia. Cambiano gli interpreti, ma la commedia quella è. Un'unica differenza: gli attacchi di Appendino ad Asproni adombravano peccati assai gravi, quelli di Ricca a Valsecchi indulgono sulle miserie del quotidiano. Non ci sono più i peccatori di una volta. E pure i Savonarola non sono più gli stessi.
Un altro aspetto mi incuriosisce: anche quest'ultima interpellanza è frutto della segnalazione di un anonimo "gruppo di dipendenti". Lo stesso Ricca si proclama "a disposizione di qualsiasi dipendente della Fondazione che voglia denunciare, anche in via riservata, qualsiasi decisione o provvedimento del Segretario Generale che ritenga inopportuno o ambiguo".
Dev'essere fantastico, fare il segretario generale alla Fondazione Musei.
In effetti, pure buona parte degli appassionati atti d'accusa di Appendino contro Asproni - a cominciare dalla madre di tutte le interpellanze, quella sull'accordo fra il Mao e il Museo di Lugano - furono innescati da segnalazioni inviate a quella che all'epoca sembrava la più battagliera tra i consiglieri d'opposizione.
Ora evidentemente il collettore dello scontento è diventato Ricca.
Posso dire? Io riferisco perché questo è il destino di un giornalista, ma l'intera faccenda non mi esalta.
Intanto rabbrividisco al pensiero di un bell'ambientino dove i rapporti aziendali sono basati sulla denuncia anonima. Per carità, ognuno si difende come può: ma in un posto così io preferirei non lavorarci.
In secondo luogo provo fastidio perché, come al solito, ho la nettissima sensazione che a lorsignori della cultura e dei musei gliene sbatta una benamata minchia. Ciò che conta è mettere nell'angolo l'avversario. E anche lì: la politica sarà questo, e così fan tutti, e cosa volete che ne capisca io. Però secondo me esistono sistemi migliori per campare.
Sapete che c'è? Mi sono rotto i santissimi. Al brusìo delle poverate torinesi preferisco il rumore del mare. Voi continuate pure, lì nel pollaio. Nella casa sulla scogliera non mi mancherete nemmeno un po'.
Prima, però, mi resta da registrare per dovere di cronaca l'ennesima puntata della guerra di sterminio che il Crociato Padano Fabrizio Ricca ha intrapreso, in questa consiliatura, contro i vertici delle Fondazione Torino Musei vecchi e nuovi - e anche del Mao, naturalmente, e se capita l'occasione anche del Museo Egizia. Nessuno sfugge allo spadone del Crociato.
Non credo però che quella di Ricca sia una questione personale.
In realtà, trattasi di politica.
Ricca ha raccolto paro paro lo spadone che fu brandito nella scorsa consiliatura da Giovanna d'Arco Appendino. A lei quello spadone ha reso bene in termini di voti, e dunque perché non accaparrarselo, adesso che l'incendiaria è diventata pompiera?
Così deve aver ragionato il Prode, adattando la sua strategia alla mutata situazione: uscita di scena Patrizia Asproni, il bersaglio di Ricca è diventato il segretario generale della Fondazione Cristian Valsecchi. Non passa una settimana senza che l'assatanato Ricca non gli dedichi un'interpellanza, che si conclude ritualmente con la richiesta di dimissioni. L'urgenza è comprensibile: il mandato di Valsecchi scade fra un anno, quindi c'è poco tempo per chiederne lo scalpo. E il diligente Ricca non spreca neppure un'interpellanza.
Stavolta l'oggetto del contendere è un'ingarbugliata questione di servizi di assistenza fiscali ai dipendenti della Fondazione Musei. Io di Caf e commercialisti capisco ancor meno che di computer, per non dire quel che me ne frega. Quindi sono incline a considerare la faccenda sollevata da Ricca un'emerita cazzata: ma potrei benissimo sbagliarmi data la mia lampante incompetenza e pertanto rinvio il lettore interessato direttamente all'interpellanza, che potete leggere qui.
In questa, come nelle interpellanze precedenti, mi colpisce il tono generale, diciamo "lo stile" usato dal capogruppo leghista: identico a quello tipico delle intemerate della consigliera d'opposizione Appendino (e del suo allora amico Vittorio Bertola) contro l'Asproni e ai suoi metodi di gestione. E' come se Appendino e Ricca fossero due attori che recitano, in rappresentazioni diverse, la stessa parte nella stessa commedia. Cambiano gli interpreti, ma la commedia quella è. Un'unica differenza: gli attacchi di Appendino ad Asproni adombravano peccati assai gravi, quelli di Ricca a Valsecchi indulgono sulle miserie del quotidiano. Non ci sono più i peccatori di una volta. E pure i Savonarola non sono più gli stessi.
Un altro aspetto mi incuriosisce: anche quest'ultima interpellanza è frutto della segnalazione di un anonimo "gruppo di dipendenti". Lo stesso Ricca si proclama "a disposizione di qualsiasi dipendente della Fondazione che voglia denunciare, anche in via riservata, qualsiasi decisione o provvedimento del Segretario Generale che ritenga inopportuno o ambiguo".
Dev'essere fantastico, fare il segretario generale alla Fondazione Musei.
In effetti, pure buona parte degli appassionati atti d'accusa di Appendino contro Asproni - a cominciare dalla madre di tutte le interpellanze, quella sull'accordo fra il Mao e il Museo di Lugano - furono innescati da segnalazioni inviate a quella che all'epoca sembrava la più battagliera tra i consiglieri d'opposizione.
Ora evidentemente il collettore dello scontento è diventato Ricca.
Posso dire? Io riferisco perché questo è il destino di un giornalista, ma l'intera faccenda non mi esalta.
Intanto rabbrividisco al pensiero di un bell'ambientino dove i rapporti aziendali sono basati sulla denuncia anonima. Per carità, ognuno si difende come può: ma in un posto così io preferirei non lavorarci.
In secondo luogo provo fastidio perché, come al solito, ho la nettissima sensazione che a lorsignori della cultura e dei musei gliene sbatta una benamata minchia. Ciò che conta è mettere nell'angolo l'avversario. E anche lì: la politica sarà questo, e così fan tutti, e cosa volete che ne capisca io. Però secondo me esistono sistemi migliori per campare.
Sapete che c'è? Mi sono rotto i santissimi. Al brusìo delle poverate torinesi preferisco il rumore del mare. Voi continuate pure, lì nel pollaio. Nella casa sulla scogliera non mi mancherete nemmeno un po'.
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