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TEMPO DI DISMISSIONI, TOCCA ALLA BIBLIOTECA DELLA GAM

Aprile 2015: per protesta contro la riduzione di orario, gli studenti occupano
la Biblioteca d'arte della Gam, che adesso il Comune pensebbe di affidare
a un altro ente per alleggerire il malconcio bilancio della Fondazione Musei
Il piatto del giorno è lo spezzatino di Fondazione Musei.
Per sparagnare qualche soldo, il sindaco e Appendino mediterebbero di dar via
la Biblioteca d'arte della Gam rifilandola in gestione a qualcun altro.
Ma sì. Parlo proprio di quella Biblioteca d'arte che nel 2015 l'allora presidente della Fondazione, Patriziona Asproni, sempre per fare economia, tentò di semi-chiudere imponendo un orario ultraridotto: una trovata che mandò ai matti docenti e studenti d'arte. I ragazzi per protesta occuparono simbolicamente la biblioteca. La questione finì in Commissione cultura, dove l'Appendino d'opposizione non mancò di manifestare il proprio sdegno. Dopo cinque mesi di quel Vietnam, Asproni fu costretta a rimangiarsi il provvedimento.

Come Asproni, più di Asproni

Oggi l'obiettivo del sindaco e Appendino è lo stesso della loro amatissima Asproni: ridurre le spese. E oggi più che mai l'operazione s'impone: dopo gli ultimi tagli la preoccupazione è tangibile, fra i dipendenti girano voci allarmistiche, si sussurra di contratti di solidarietà. Di certo per la Fondazione Torino Musei è sempre più difficile mantenere tutti i suoi servizi. Pensate, a proposito della Biblioteca, che da anni non ci sono manco i soldi per acquistare nuovi libri.
Però la strada scelta dal sindaco e Appendino è diversa da quella di Asproni. Anziché scontentare il pubblico lesinando sul servizio, l'idea sarebbe appunto sbolognare la Biblioteca della Gam a un'altra biblioteca torinese, che la gestirebbe con il proprio personale e se ne accollerebbe i costi. La meravigliosa botta di culo toccherebbe, a seconda della disponibilità, alla Biblioteca Civica Centrale, oppure alla Nazionale, o ancora all'Università. 
Attualmente alla Biblioteca della Gam lavorano cinque o sei dipendenti che verrebbero ricollocati sempre all'interno della Fondazione. I posti quindi non sarebbero a rischio. Il personale specializzato rischia però il demansionamento: potrebbe finire alle biglietterie o alla custodia delle sale, com'era accaduto due anni fa quando Patriziona Asproni tentò il colpo di mano della drastica riduzione dell'orario.
Quanto ai vantaggi economici dell'operazione, la Fondazione non dovrebbe più pagare le utenze, il riscaldamento e la manutenzione dell'edificio. Embé? Quando i tempi sono grami, tutto fa.

Fuori uno, il Borgo; e fuori due, la biblioteca

D'altra parte il presidente della Fondazione Maurizio Cibrario lo aveva detto chiaro a Chiara: se da un contributo di 6,8 milioni il Comune gliene toglie quasi due (per la precisione un milione e 850 mila) e gli accolla pure la bolletta del riscaldamento, non si può pretendere che la baracca stia comunque in piedi. 
Chiarabella era rimasta "assai impressionata" dalle parole di Cibrario. Per cui lei e il sindaco hanno studiato la contromossa: dismissioni a tappeto. 
Stella polare. Patrizia Asproni
Al momento i progetti sono ben due.
L'assessore Leon l'altro ieri ha confermato che "è allo studio" il tentativo di rifilare il Borgo Medioevale ai privati: un'altra intuizione che fu già dell'indimenticata Asproni, ormai stella polare delle politiche appendinesche in materia di musei. 
Sulla cessione della Biblioteca d'arte, invece, vige il segreto di Stato. So per certo che ieri pomeriggio in Municipio c'era un incontro per capire quale biblioteca torinese sia disposta a subentrare nella gestione. Era presente anche Riccardo Passoni, vicedirettore della Gam e direttore del Borgo Medioevale. Ma non sono in grado di dirvi quale sia stato l'esito della consultazione.

L'urgenza di dismettere

Non capisco però tanta urgenza di dismettere se è vero che - come mi ribadì Chiarabella il 28 marzo scorso - i tagli alla cultura nel bilancio 2017 "sono una questione temporale: l'urgenza nei primi mesi dell'anno era tenere aperti gli asili, ma la cultura non l'abbandoniamo, i soldi arriveranno". 
Se Chiarabella non parlava per dare aria ai denti, a capitan Cibrario basterebbe resistere ancora per poco, aspettando il pane d'Ucraina.
Propendo però per l'ipotesi della ventilazione orale: ancora pochi giorni fa persone informate dei fatti e soprattutto dei conti mi hanno confermato che i soldi non ci sono, e non salteranno fuori né adesso né poi.


Commenti

  1. È un peccato che la cosa venga presentata come "dismissione". In realtà sarebbe solo positivo se esistesse una unica grande biblioteca d'arte della città, tramite la fusione delle raccolte bibliografiche del Museo Civico (cioè la biblioteca più nota come biblioteca dellla GAM, che è anche la raccolta più ricca) con le raccolte d'arte della biblioteca del DAMS all'Università. Tanto più che gli utenti sono gli stessi: la maggior parte degli utenti della biblioteca d'arte alla GAM sono infatti universitari. Insieme faranno circa 200.000 libri, una raccolta di tutto rispetto e ricca di opere e strumentidi consultazione importanti. Mettere assieme queste due raccolte consentirebbe non solo economie di scala (efficienza) ma innanzitutto una maggiore valorizzazione dell'insieme (efficacia). All'estero fanno così: l'esigenza di unire efficienza e efficacia ispira progetti innovativi che per tutti rappresentano un traguardo positivo. La difficoltà di Torino è legata al fatto che la biblioteca del DAMS è a Palazzo Nuovo, dove sono aperti i piani dal terreno al secondo piano (dove si trova anche la biblioteca) ma il resto è chiuso per i lavori di bonifica amianto. Quindi per fondere le raccolte occorrerebbe trovare un nuovo locale unico. È quello che è stato fatto su scala più grossa per le biblioteche delle fondazioni unitesi nel Polo del '900. Possibile che la città non riesca a farsi capofila di un progetto di valorizzazione che attiri finanziamenti esterni e porti a una corretta soluzione, migliore sotto tutti i punti di vista?

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  2. La biblioteca della Fondazione Torino Musei con sede alla GAM possiede circa 360.000 volumi! Per quantità e qualità delle raccolte è la seconda biblioteca d'arte del nord Italia e come tale dovrebbe essere considerata una delle istituzioni più importanti della città di Torino.

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    1. Indiscutibilmente le raccolte bibliografiche dellla Biblioteca d'Arte sono molto importanti. Ma quello che fa grande, importante una biblioteca non è un suo storico primato ormai eroso da problemi economici che si trascinano da anni, ma innanzitutto due elementi che devono rimanere vitali:
      1) le sue raccolte, compreso il loro aggiornamento annuale: una biblioteca di servizio per professionisti è sempre meno utile se le sue raccolte non crescono ma vengono congelate come se fossero quelle della biblioteca di Casa Leopardi;
      2) i suoi servizi: a iniziare dall'estensione dell'orario di apertura.
      Ora è evidente che questi due elementi sono in sofferenza dato che come ha raccontato anche questo blog, da un po' di anni la Biblioteca d'Arte non è più in grado di acquistare libri e pertanto viene messa in crisi la capacità della biblioteca di offrire risorse aggiornate. È altrettanto evidente che mantenere un livello di servizio adeguato è diventato difficile. A questo punto perché negare che la fusione con un'altra biblioteca con la stessa specializzazione migliorerebbero le raccolte bibliografiche? Verrebbe risolto il problema del loro aggiornamento se la fusione avvenisse con un ente che ha i fondi per nuovi acquisti annuali. Unire le forze darebbe anche maggiori garanzie per fornire stabilmente un buon livello di servizio. Non è che le cose migliorano tenendosi attaccati alla propria singolarità e autonomia se da tempo questa non si traduce più in reali vantaggi per gli utenti del servizio. Nel caso delle Fondazioni che si sono unite nel Polo del '900 non mi risulta che ci sia stata una battaglia per evitare la fusione in un polo unificato. Il vero punto della questione è che ci vuole un progetto che dia senso alla cosa, ne dimostri i vantaggi e ovviamente reperisca le risorse.

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    2. Concordo. A meno che unire non preluda a una soppressione di massa. In tal senso l'esempio del Polo del 900 suona assai sinistro... http://gabosutorino.blogspot.it/2017/05/museo-diffuso-allo-stremo-mercenaro-si.html

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  3. Visto che, da quanto si può supporre, l'operazione di cessione, magari in comodato d'uso, è fatta per "risparmiare" e non per ottimizzare, l'ipotesi della creazione di un polo di biblioteche d'arte accorpate (che avrebbe dovuto includere anche la biblioteca d'arte del Castello di Rivoli) mi sembra davvero fantascienza! Richiederebbe un nuovo spazio e ingenti risorse economiche, che il Comune non è certo in grado di trovare, visto che l'unica strategia finora adottata è quella dei tagli alla cultura. Qui si parla di abbattere le spese di gestione della biblioteca della Fondazione Torino Musei, rifilandola a un altro ente pubblico, e di far perdere il lavoro al personale della suddetta biblioteca. Ecco il risparmio!

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  4. Sicuramente un conto è rispiarmiare, un altro ottimizzare. Per ottimizzare ci vuole una progettualità e investimenti a breve termine che poi, nel medio-lungo termine, possano portare a economie di scala. Certo tutto dipende dal progetto, dagli obiettivi che si pone, dalla capacità di saper definire una migliore sostenibilità. Queste per lo meno sono le ragioni che hanno portato il San Paolo a elaborare il progetto del Polo del '900 dato che l'accorpamento consentiva economie di scala ma anche grandi migliorie, cose che ovviamente richiedono investimenti iniziali. Il Comune da solo non ha le risorse per creare un polo culturale legato all'arte? Questo non stupisce. Infatti il Comune dovrebbe semmai cercare dei partner. Per esempio: cosa dire del progetto CRT per il rilancio delle Officine Grandi Riparazioni come polo per l'arte contemporanea? Su "La Stampa" del 12 maggio si ricapitolava così il progetto: «Ricapitolando: la manica Sud delle Officine sarà dedicata alla ricerca e alla tecnologia, mentre la manica Nord ospiterà la ricerca artistica...» Ora, per fare ricerca ci vogliono risorse informative, per essere aggiornati, quindi la collocazione delle biblioteche d'arte lì sarebbe perfetta, a mio avviso. In qualsiasi Università funziona così: le biblioteche sono servizi per la ricerca (oltre che per lo studio e gli studenti). No alla OGR, perché il progetto ormai è chiuso, fra 3 mesi c'è l'inaugurazione? Era solo un'idea per dire che considerato che Torino ambisce a essere un centro importante per l'arte contemporanea, quella era una collocazione innovativa per un polo di biblioteche d'arte e avrebbe consentito di ridisegnarne la vocazione come servizi informativi orientati anche a sostenere l'innovazione in campo artistico. Certo la progettualità non può nascere all'ultimo momento sulla spinta di pressanti problemi economici. Questo è il problema. Per questo a mio parere una critica più incisiva ed efficace non dovrebbe solo sottolineare il fatto che il Comune vuole dismettere per risparmiare, perché per una grande quantità di cittadini un simile obiettivo sarebbe indiscutibile e le voci che lo criticano potrebbero sembrare quelle di chi non si pone problemi di sostenibilità. Semmai una critica più incisiva e costruttiva a mio avviso è far notare l'assenza di progettualità, il fatto di limitarsi a obiettivi a brevissimo termine: quelli del taglio delle spese. E dietro a tutto questo forse c'è anche una idea conservatrice delle biblioteche, che non le collega all'innovazione, alla ricerca e quindi non le colloca accanto ai luoghi dove si fa ricerca. Insomma: la vecchia visione delle biblioteche come luoghi di conservazione di libri.

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  5. Forse non ci siamo capiti. L'obiettivo di "risparmiare" è una critica, perché si sta parlando di pochissimi soldi! Affidare una prestigiosa biblioteca d'arte a un ente pubblico in comodato d'uso significa farla morire e trasformarla in un archivio storico. Non ci sarà mai più un aggiornamento delle collezioni perché le istruzioni interessate alla gestione non hanno come specifica vocazione l'incremento della sezione di storia dell"arte. La biblioteca civica riceve finanziamenti dal Comune e non ha spazi per ospitare il patrimonio della biblioteca d'arte della Fondazione Torino Musei. Inoltre, se il Comune vuole risparmiare, che senso avrebbe dare la gestione a un altro ente da lui stesso finanziato? L'Università non ha depositi liberi e quindi è fuori gioco. Resta la Biblioteca Nazionale, che è statale. La sua mission non è incrementate una raccolta d"arte, ma ciò che in generale viene pubblicato in Piemonte, per il quale ha diritto a copie d'obbligo. Quindi sveglia! Con questa manovra Torino non avrà mai più una biblioteca d'arte!!!

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