Passa ai contenuti principali

DOPO GIORDANA: LA CONQUISTA DELLA CULTURA

Paolo Giordana
E adesso, con calma, qualche considerazione sulle dimissioni di Paolo Giordana e sulle conseguenze che avranno sui fragili equilibrii delle politiche culturali torinesi.
Ma prima voglio spendere due parole per rendere l'onore delle armi a un personaggio che questo blog ha seguito per quasi due anni con grande attenzione e senza indebite indulgenze.
A Paolo Giordana non ho risparmiato un colpo che fosse uno, quando ritenevo lo meritasse. E a mio avviso lo meritava spessissimo. L'ho giudicato, fin da quando è apparso sul mio orizzonte, un uomo intelligente, colto, ambizioso e cinico. Magari pericoloso, senz'altro un degno avversario. 
Per mesi ho perculato lui e Chiarabella con la celebre gag "Il sindaco e Appendino". Ha incassato sempre con stile, e io stimo i bravi incassatori. Non una volta, non una, ha pietito tregue o ammorbidimenti. Abbiamo avuto rapporti di reciproco rispetto. E questo è raro, nella suburra della politica. Ero convinto che la sua spocchia intellettuale, unita a una volontà di potenza che intimidirebbe Nietzsche, lo avrebbe condotto a perdizione. Sono stato facile profeta. Adesso che esce dalla scena pubblica è giusto riconoscere il ruolo di supplenza, nel bene e nel male, che ha svolto nell'ultimo anno e mezzo di governo della Città. Se ha mancato, pagherà. Se, come gli auguro, dimostrerà le sue buone ragioni, ne sarò felicissimo. 
Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, voglio soltanto ricordare, a chi adesso affila gli zoccoli per il calcio dell'asino, che i lupi esistono perché esistono le pecore. Paolo Giordana ha avuto - si è preso, gli hanno dato - tanto, troppo potere: ci è riuscito perché la concorrenza mancava, o era miserrima. In un mondo di sciacalli un gattopardo è un re. Almeno fin quando gli sciacalli non diventano troppo forti, o il gattopardo troppo sicuro di sé.

La rivincita dei duri e puri

Chi non piangerà per la caduta di Paolo Giordana sono, credo, i grillini duri e puri, l'ala movimentista della maggioranza alla quale non è mai andato giù che Appendino piazzasse nei posti di potere figure esterne al Movimento. Giordana era quello che stava più sui santissimi. Dell'ex sindaco potete dire di tutto, ma non che è grillino. Ha fatto il giro delle sette chiese, come staffista di consiglieri d'ogni colore, per poi collaborare alla campagna elettorale di Fassino nel 2011, fino a reinventarsi come spin doctor di Chiara Appendino dopo che Filura lo aveva mal ricompensato piazzandolo nel classico ufficio sottoscala a prendere ordini di Angela Larotella. 
Da mesi i peones a cinquestelle della Sala Rossa borbottavano come una pentola di fagioli alle spalle di Giordana, che da parte sua li considerava con ostentata sufficienza. I malcontenti, tra i borbottii, elaboravano - nei limiti delle loro capacità - complesse strategie per farlo fuori. Adesso i soliti retroscenisti ipotizzano complotti dietro all'intercettazione che ha causato la rovina dell'ex potente. Io ne dubito: secondo me Paolo Giordana ha semplicemente peccato di ubris. "Io sono io e voi non siete un cazzo" è un principio interessante, ma presume una posizione davvero inattaccabile. Chi non ce l'ha, e si comporta come se, presto o tardi si fa beccare con le mutande calate, proprio quando comincia a credere che tutto gli sia concesso.

Vuoto di potere

L'uscita di scena di Giordana crea in Comune e nella Giunta un enorme vuoto di potere. A prescindere da quanto si supponeva senza prove documentali - e cioè che fosse Giordana il ventriloquo che dava voce a Chiarabella - l'Ufficio del Gabinetto della Sindaca, fino ad oggi trono personale dell'Illustre Caduto, ha competenze amplissime, che non starò qui a riassumere, ma che gli operatori culturali (per restare all'ambito di cui s'interessano questo blog e i suoi lettori) hanno presto imparato a conoscere. Un sì o un no di Paolo Giordana pesavano, eccome.
Adesso Chiarabella nominerà un nuovo capo di gabinetto: ma è tutt'altro che scontato che chi ne svolgerà le funzioni erediti anche il potere di Giordana. La differenza la fanno gli uomini, e la loro volontà di potenza: a Giordana piaceva essere il deus ex machina della cultura torinese - oltre che di tante altre cose, ma qui di cultura ci occupiamo. 

La parte di Leon

In condizioni normali, a questo punto sarebbe logico che l'assessore alla Cultura si riprendesse quegli amplissimi spazi di competenza che l'anomalia-Giordana gli ha sottratto. Parlo di un assessore alla Cultura con una forte personalità e una visione chiara del proprio ruolo. Mi domando se questo sia il profilo di Francesca Leon. Una personalità forte e con il senso del ruolo, per dire, non avrebbe accettato fin dall'inizio una carica dimezzata, spogliata delle deleghe più importanti: non avrebbe accettato, a dirsela papale papale, di essere per quasi un anno l'assessore alle Fontane. E' vero: in seguito al disastro di piazza San Carlo il sindaco e Appendino hanno formalmente concesso alla Leon  la delega clou alle attività e manifestazioni culturali. Ma dopo allora non ho notato un significativo cambiamento nella sostanza delle cose: per gli operatori culturali torinesi ad ogni livello - specie ai livelli più alti - il referente forte era ed è rimasto finora Giordana.

Francesca è sotto attacco?

Con Giordana fuori gioco, Leon deve dunque prendersi tutto il potere e le responsabilità che la sua carica implica. Ma è in grado di farlo? Sospendo generosamente il giudizio. E mi domando piuttosto se le lasceranno il tempo di provarci. Defenestrare la Giannuzzi, un'esterna, piazzando all'assessorato all'Ambiente il capogruppo Unia, militante di provata fede. è stato soltanto il primo atto del progetto di "reconquista" della giunta da parte dell'ala movimentista dei Cinquestelle. Il prossimo obbiettivo potrebbe essere proprio il cadreghino di Francesca Leon. Assessore in evidente difficoltà, Leon non è mai piaciuta ai cinquestelle veri, che la considerano un corpo estraneo: non ha una storia di militanza nel Movimento, in passato era vicina al pd, e non lesinava critiche al M5S.

Le ambizioni di Giovara

Il posto della Leon fa gran gola, guarda caso, a un altro fiero ortodosso, Massimo Giovara, il predicatore teatrale della rivolta contro il Sistema Torino. In quanto attore, penso si consideri da sempre l'assessore alla Cultura in pectore. E spesso si espone come se già lo fosse anche nei fatti. E' sintomatico che sia stato proprio Giovara a misurarsi con l'ex presidente piddino della Commissione cultura Luca Cassiani nel famoso match del Polski Kot: in una situazione normale, era più logico che a rappresentare l'attuale amministrazione salisse sul ring l'assessore Leon. Non dico l'attuale omologa di Cassiani, la presidente della Commissione cultura Daniela Albano, perché non si può pretendere: ma che un semplice consigliere come Giovara abbia voluto e giocato quella partita non mi sembra un fatto irrilevante. Aggiungete che sempre Giovara ha svolto un ruolo (fors'anche determinante) nella scelta del nuovo direttore di quel che resta di Narrazioni Jazz, e rilascia assertive interviste in materia; ed ecco bell'e pronto il profilo dell'aspirante alla successione di Leon.

L'emergente di famiglia: Cristina Seymandi

Però un attore (e regista: è anche regista) teatrale all'assessorato alla Cultura potrebbe prestare il fianco a conflitti d'interesse. Niente paura: i candidati alternativi non mancano. In particolare gira con insistenza il nome di Cristina Seymandi, attivista sgomitante che si è messa in luce in vari comitati civici, in particolare Portici in Movimento, quello per via Nizza. Lo scorso 15 giugno la quarantunenne Seymandi è entrata come rappresentante del Comune nel Consiglio direttivo dell'Abbonamento Musei, carica prestigiosa ma non remunerativa: così per non farsi mancare nulla il 27 giugno arriva pure l'assunzione come staffista (Collaboratore di Staff esterno con orario full-time) del neo-assessore Unia con uno stipendio annuo lordo di 40.064 euro (26.564 di tabellare più 13.500 di indennità). Nemmeno un mese dopo, ecco un altro riconoscimento per la fortunata famiglia Seymandi: Chiarabella nomina il papà di Cristina, Roberto Seymandi, noto commercialista, nel Collegio sindacale della Soris. Papà Seymandi fa pure parte dell'Organismo di vigilanza del Teatro Regio.
Tanta grazia d'iddio ha indotto la malfidente consigliera Eleonora Artesio a presentare un'interpellanza in Consiglio comunale.
Ma - mi riferiscono ambienti vicini a Palazzo Civico - Seymandi junior non considera ancora conclusa la sua corsa; forte di una laurea in Lettere e di alcune esperienze professionali in ambito culturale, punterebbe diritta alla seggiola oggi occupata da Francesca Leon.

Commenti

  1. Piena solidarietà ai controllori gtt. Che ogni giorno, con pazienza stoica, devono sorbirsi le millemila giustificazioni inventate dai passeggeri senza biglietto o con biglietto non convalidato e poi devono sentirsi anche accusati di eccessiva pignoleria.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

CIAO SERGIO

Sergio Ricciardone non c'è più. Se n'è andato così, ad appena 53 anni, dopo breve malattia. Venticinque anni fa, insieme con i colleghi deejay Giorgio Valletta e Roberto Spallacci, aveva fondato l'associazione X-Plosiva e inventato Club to Club. Il resto è storia. La storia di una piccola serata itinerante nei club torinesi che man mano cresce, evolve, cambia pelle, fino a diventare C2C, uno dei più importanti festival musicali d'Europa e del mondo . Sergio, che di C2C era il direttore artistico, era un mio amico. Ma era molto di più per questa città: un genio, un visionario, un innovatore, un pioniere. E un innamorato di Torino, che spesso non l'ha compreso abbastanza e ancor meno lo ha ricambiato. Un'altra bella persona che perdiamo in questo 2025 cominciato malissimo: Ricciardone dopo Gaetano Renda e Luca Beatrice. Uomini che a Torino hanno dato tanto, e tanto ancora potevano dare.   Scusatemi, ma adesso proprio non me la sento di scrivere altro.

ADDIO, LUCA

Luca Beatrice ci ha lasciati all'improvviso, tradito dal cuore all'età di 63 anni. Era stato ricoverato lunedì mattina alle Molinette in terapia intensiva. Non sto a dirvi quale sia il mio dolore. Con Luca ho condiviso un lungo tratto di strada, da quando ci presentarono - ricordo, erano gli anni Novanta, una sera alla Lutèce di piazza Carlina - e gli proposi di entrare nella squadra di TorinoSette. Non me la sento di aggiungere altro: Luca lo saluto con l'articolo che uscirà domani sul Corriere . È difficile scriverlo, dire addio a un amico è sempre triste, figuratevi cos'è farlo davanti a un pubblico di lettori. Ma glielo devo, e spero che ne venga fuori un pezzo di quelli che a lui piacevano, e mi telefonava per dirmelo. Ma domani la telefonata non arriverà comunque, e pensarlo mi strazia. Ciao, Luca. Funerale sabato 25 alle 11,30 in Duomo.

L'UCCELLINO, LA MUCCA E LA VOLPE: UNA FAVOLA DAL FRONTE DEL REGIO

Inverno. Freddo. Un uccellino intirizzito precipita a terra e sta morendo congelato quando una mucca gli scarica addosso una caccona enorme e caldissima; l'uccellino, rianimato dal calore, tutto felice comincia a cinguettare; passa una volpe, sente il cinguettìo, estrae l'uccellino dalla cacca e se lo mangia. (La morale della favola è alla fine del post) C'era una volta al Regio Ora vi narrerò la favola del Regio che dimostra quanta verità sia contenuta in questo elegante aforisma. Un anno fa Chiarabella nomina alla sovrintendenza del Regio William Graziosi, fresco convertito alla causa grillina, imponendolo al Consiglio d'indirizzo e premendo sulle fondazioni bancarie: "Io non vi ho mai chiesto niente - dice ( bugia , ma vabbé) - ma questo ve lo chiedo proprio".  Appena installatosi, Graziosi benefica non soltanto i nuovi collaboratori marchigiani, ma anche i fedelissimi interni. Però attenzione, non è vero che oggi al Regio sono tutti co ntro Graz...