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IL TORINO JAZZ FESTIVAL E' TORNATO: E IO TORNO A FARGLI LE PULCI

La Compagnia del Jazz. Oggi alle Ogr, da sin., il padrone di casa
Lapucci (Fondazione Crt), Appendino, Larotella, Leon, Li Calzi 
Quello che giusto è giusto. Il cartellone del "Torino Jazz Festival-nuova serie" scodellato dal direttore Giorgio Li Calzi e dal suo fido pard Diego Borotti è rispettabile. Buona la qualità media, con qualche bel colpo d'ala nei grandi concerti a pagamento. Penso all'intuizione di presentare, per la prima volta in Italia, il talento della vocalist Melanie De Biasio; al regalo della Fondazione Crt che paga di tasca propria il "piano solo" del magno Fred Hersch; la presenza di nomi sicuri quali Marc Ribot, Gary Bartz, Fabrizio Bosso con la Banda Osiris, Franco D'Andrea, e Carla Bley che riprende il discorso interrotto  nel 2012, prima edizione del Tjf di Braccialarghe, quando il suo concerto fu interrotto dalla pioggia insistente, inaugurando un copione di sfiga meteorologica destinato a ripetersi con spietata frequenza negli anni a seguire. 
L'ultimo titano. Archie Shepp, 81 anni il 24 maggio
E poi nel programma c'è la trovata che considero decisiva: l'inopinato ritorno in Italia dopo lungissima assenza, per un'unica data alle Ogr, di Archie Shepp, ultimo e ottuagenario monumento vivente del jazz che fu. Ecco, probabilmente il concerto in esclusiva nazionale di Archie Shepp sarà l'evento irripetibile - sia detto con gli scongiuri del caso - che attirerà a Torino un discreto manipolo di jazz fans almeno dal Centro-Nord.

Dimenticatevi le "ricadute sul turismo"

Ma forse il richiamo turistico è ormai soltanto una mia fisima: ho la netta impressione che lorsignori abbiano messo una pietra sopra l'illusione che un festival jazz richiami pubblico dall'Italia e, magari!, persino dall'estero. Stamane alle Ogr, durante la conferenza stampa, ho rifatto alla Leon la stessa domanda dell'anno scorso: se esista uno studio o una previsione sulle possibili "ricadute" del Festival, ovvero, per dirla in termini tecnici, sul famoso ROI al quale i nostri eroi parevano tanto attenti quando si trattò di liquidare il Torino Jazz Festival targato Fassino & Braccialarghe. Dodici mesi fa Maiunagioia mi rispose che "gli studi si fanno alla fine". Però non ne hanno fatti, né prima né poi. E stavolta, a specifica domanda, Maiunagioia non ha neppure risposto.
E' cambiata la "narrazione" del Torino Jazz Festival - da non confondersi con le Narrazioni Jazz che l'anno passato dovevano spaccare il culo ai passeri ma affondarono nell'indifferenza generale, come certificato anche dagli stessi strumenti usati da Chiarabella quando era la prima nemica del Torino Jazz Festival di Filura. 
Il catalogo è questo: l'immagine e i numeri del Torino Jazz Festival-nuova serie

La nuova mission del Tjf

Con sano realismo non si parla dunque più di improbabili masse di turisti attratte in città dai concerti jazz. Il "Tjf-nuova serie" mette l'accento sugli scopi interni e "sociali": tipo "allargare il pubblico del jazz", promuovere "le eccellenze locali" facendole "dialogare con le star internazionali", e ovviamente "portare la musica" nei soliti posti dove in teoria la musica normalmente non entra (case di riposo, carceri, ospedali) ma dove in realtà entra ormai più che in un conservatorio, in virtù delle innumeri iniziative volte a far entrare la musica nei luoghi dove normalmente non entra.
A dire il vero erano tutti obiettivi già dichiarati dal "vecchio" Tjf. Insomma, sarò limitato ma io fatico a capire in che cosa il Tjf di Chiarabella si differenzi da quello di Filura. A parte il fatto che i concerti "maggiori" non sono più gratuiti bensì a pagamento (biglietti da 5 a 12 euro) e si fanno al chiuso (Ogr, Piccolo Regio, Conservatorio, e la Mole per l'apertura con i Radian) anziché in piazza. Come Narrazioni Jazz l'anno scorso. E questa, sia chiaro, è cosa buona e giusta: almeno il Festival avrà un pubblico vero e motivato, che sceglie di assistere a un concerto. Son buoni tutti a fare i grandi numeri all'aperto, dove qualsiasi passante viene d'ufficio arruolato come "spettatore": ma è una mentalità che va bene per le sagre della salamella. Il jazz è musica, non porchetta.

Quanto costa e chi paga

E veniamo alle questioni tecniche che tanto appassionano me e pochi altri. Il budget totale è di 600 mila euro sborsati dagli sposor Iren e Intesa - i soliti "sponsor del sindaco", chiunque sia il sindaco - dalle fedeli Poste Italiane e dalla riagganciata Toyota. In più, il Comune caccia 39 mila euro di suo, per pagare parte della promozione.
E' all'incirca la stessa cifra spesa nel 2017 per Narrazioni Jazz, che però durò cinque giorni anziché gli otto del redivivo Tjf, in programma dal 23 al 30 aprile con anteprime il 21 e una propaggine il 1° maggio. Il vecchio Tjf di Fassino & Braccialarghe arrivò a costare un milione di euro, ma per dieci giorni.

Direttore e condirettore: a ciascuno il suo

Direttore e con-. Giorgio Li Calzi (a sinistra) e Diego Borotti
Visto che in conferenza stampa si parlava finalmente di soldi e non soltanto di quanto sono bravi e belli i pomodorini di turno, ne ho approfittato di informarmi sullo stipendio di Giorgio Li Calzi e Diego Borotti. Niente di scandaloso. Il primo guadagna 20 mila euro, il secondo 15 mila. Ho anche cercato di capire quali siano esattamente i ruoli dei due: Licalzi è il direttore, e questo è pacifico. Su Borotti la segretaria di Fondazione Cultura Angela Larotella mi ha largito un complicato discorso dal quale penso di aver capito che Borotti è stato cooptato da Licalzi in qualità di condirettore, e si è occupato principalmente della programmazione nei locali: insomma, i concerti a ingresso gratuito dei jazzisti torinesi. Ma Li Calzi ci tiene a sottolineare che hanno lavorato in strettissima intesa. Buon per loro.

Bando o non bando? Facciamo il cazzo che ci pare

Alla nomina di Li Calzi non si è arrivati tramite bando pubblico: lo ha segnalato alla Leon il consigliere cinquestelle Giovara. Ho quindi domandato alla Leon se l'amministrazione pentastellata abbia deciso di rinunciare alla procedura del bando, suo antico cavallo di battaglia, anche per altre future nomine. E' preventivamente intervenuta Larotella per informarmi di ciò che ben so, e cioé che la legge statale non impone il ricorso al bando per la scelta dei direttori artistici; dato di fatto del quale sono ampiamente informato e che condivido convintamente. Tuttavia mi risulta ancora in vigore il regolamento comunale che recepisce la norma statale in maniera estensiva, imponendo il ricorso al bando anche per le nomine dei direttori artistici.
Una conferenza stampa non è sede per dibattiti in punta di diritto. Però, ho insistito, vorrei sapere se in futuro si abbandonerà la procedura del bando per le nomine di altri direttori artistici: oggi non si capisce bene che cosa vogliano esattamente lorsignori, a volte (tipo le direzioni di TorinoDanza e di Lovers Festival) vanno a chiamata diretta, altre volte (tipo le direzioni del Museo del Cinema e di Artissima) ricorrono al bando.
La Leon mi è parsa un fricinin indispettita per la mia petulanza, e ha replicato che dipenderà dai casi (traduzione: facciamo il cazzo che ci pare a seconda di come ci gira e ci conviene) e che stavolta lei ha giudicato che Li Calzi fosse la persona adatta, e lei ha deciso di nominarlo direttore, e lei qua e lei là. Giorgio Li Calzi stamattina ha comunque ringraziato pubblicamente il consigliere Giovara, come già aveva fatto a mezzo Fb. Salviamo pure le apparenze, ma quel che è giusto è giusto.
Maurizio Braccialarghe

Onore a Braccialarghe

E a proposito di ciò che è giusto, è mio piacere citare qui il bel gesto dell'assessore Leon che in conferenza stampa ha voluto finalmente riconoscere e onorare in pubblico il ruolo svolto dallo scomparso Maurizio Braccialarghe - al quale verrà dedicato il concerto di Carla Bley - nell'ideare il Torino Jazz Festival e promuovere il jazz in città. A prescindere dalle mie valutazioni su quel progetto, che consideravo e considero sbagliato, mi pare giusto, umano e signorile aver posto fine a una sottospecie di damnatio memoriae da poveracci.
E per il momento chiuderei qui. Comincio a essere stanco di scrivere e voi, presumo, di leggere.

Commenti

  1. Spulcia, spulcia Gabo, fai bene, il flit serve sempre, cuntra le boie. Il mio racconto su Chet al JCT è totalmente autoprodotto, senza contributi pubblici.

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