Da sinistra: il presidente di Lovers Giovanni Minerba, la presidente del Museo Laura Milani e la direttrice di Lovers Irene Dionisio |
La trentatreesima edizione dell'ex Tglff, seconda della nuova serie diretta da Irene Dionisio, quest'anno durerà cinque giorni, dal 20 al 24 aprile. Fino al 2014 i giorni erano sette (ma ai tempi dell'abbondanza si era arrivati addirittura a nove), nel 2015 i tagli di Fassino imposero una prima riduzione a sei, e adesso, dopo i tagli di Chiarabella, il festival si restringe ancora. Il budget rispetto all'anno scorso è diminuito, scendendo sotto la soglia psicologica del quattrocentomila euro. Il bilancio di previsione 2018 del Museo del Cinema attribuisce a Lovers un costo totale di 392.870 euro: erano 432.703 nel previsionale 2017.
Meno giorni, più ospiti
Rupert Everett, guest star dell'anteprima di Lovers, stasera al Massimo |
Tra le nuove iniziative, apprezzo "Lovers goes industry": un primo tentativo di creare uno "spazio d'incontro" dedicato all'industria cinematografica Lgbtqui, sabato 21, per produttori, distributori, esercenti e filmmaker; e poi workshop, masterclass, dibattiti, eventi off; aumentano persino le feste; e aumentano le collaborazioni con le altre realtà culturali della città, e con gli altri festival di cinema.
Anche il "portafogli ospiti" quest'anno è più gonfio, e strizza l'occhio al pubblico: Pino Strabioli, volto tv, condurrà una sersta d'apertura resa pop dalla partecipazione di Pip e dal set acustico di Francesco Gabbani, e una cerimonia di chiusura con Valeria Golino nell'innovativa veste di madrina che arriva a cose fatte, e dall'esibizione di Nina Zilli. E nomi e volti noti s'aggirano qua e là di un programma festivaliero che sembra aver rinunciato, con prudente moderazione, a quel certo oltranzismo cinefilo che non ha detto bene a Lovers l'anno passato.
Segnali di ravvedimento operoso
L'altro fattore che nel 2017 ha danneggiato il primo tentativo di Lovers è stato l'atteggiamento da primi della classe, soli contro tutti, dell'esordiente direttrice e del suo nuovo staff . Credo che la bastonata sui denti sia stata salutare per l'intera combriccola: pur senza plateali mea culpa, il regista politico del ribaltone, l'assessore Marco Giusta, ha rinosciuto colpe ed errori, e mi auguro che anche la direttrice sia maturata, emendando almeno in parte i propri difetti caratteriali. Di sicuro si avverte un lodevole calo di baldanza, sia nelle dichiarazioni, sia nelle previsioni. E a proposito di previsioni, noto che nel bilancio di previsione 2018 vengono preventivati 20 mila euro di incasso alla biglietteria, con prudente moderazione rispetto ai 29.500 che vennero ottimisticamente ipotizzati per l'edizione 2017.Il fattore umano
Tra i segnali positivi, includo il clima di maggior collaborazione che traspare - almeno formalmente - con l'ex padre-direttore del Tglff, Giovanni Minerba. Quest'anno, come presidente di Lovers, ha anche curato di persona una sezione del festival, "Cinque pezzi facili". Su Minerba grava però l'incertezza del domani: il suo è un contratto biennale, quindi è in scadenza e non si è ancora parlato di rinnovo. Il nodo andrà sciolto al più presto, per scongiurare future, dolorose e dannose pantomime.Il futuro di Lovers è in effetti molto legato al "fattore umano". E sarà importante capire se e quanto la direttrice Irene Dionisio sia riuscita a ricucire i rapporti con la comunità Lgbtqi, che sono stati il punto debole della scorsa edizione, con scazzi e rotture pesanti. Peggio, la povera Irene non poteva partire: dunque c'è ampio spazio di miglioramento.
Gli sponsor, un nervo scoperto
La direttrice appena due mesi fa ha però suscitato un ultimo vespaio, stavolta, però, a mio avviso con piena ragione. In un'intervista al Corriere ha ammesso francamente ciò che ben sappiamo: e cioé che è difficile trovare sponsor per un festival di cinema gay perché "il tema non è attrattivo" dal punto di vista del markenting. Detto in parole povere, perché viviamo in un paese medievale dove certi temi sono ancora tabù. La dichiarazione di Irene ha toccato un nervo scoperto e ha fatto molto arrabbiare diversi esponenti della comunità. Ma in questo caso la direttrice può aver mancato di diplomazia, non di sincerità. Purtroppo ha detto il vero, e chiunque negli anni abbia certo sponsorizzazioni per il Tglff lo sa benissimo. Prova ne sia che anche stavolta gli sponsor di Lovers non abbondano: su un budget totale di circa 400 mila euro, appena 85 mila sono attribuiti alla voce "sponsorizzazioni": e in buona parte non si tratta di denari contanti, bensì di valore dei servizi che vengono prestati gratuitamente. Va bene comunque, perché per il festival una serie di servizi gratuiti significa spese in meno. Però non fa onore alla città il fatto che non si trovi, in pieno XXI secolo, un main sponsor di peso che accetti di investire soldi e immagine su un festival di cinema gay.Lo sponsor? E' il Comune
Ma la cifra di 85 mila euro dagli sponsor va approfondita, perché la realtà è ancora più avvilente. Partiamo dai restanti 315 mila euro del budget di Lovers, versati dal Museo del Cinema. Per il momento il tema dell'accorpamento al Tff - ipotizzato come extrema ratio in autunno - non sembra più all'ordine del giorno. Sono infatti arrivati i famosi 50 mila euro extra che Comune e Regione dovevano cacciare per "salvare" Lovers.Però, attenzione: dal punto di vista contabile i soldi hanno preso due strade diverse. La Regione ha aumentato di 50 mila euro il finanziamento al Museo del Cinema, e quindi i suoi denari, spalmati sul bilancio della Mole, contribuiscono indirettamente al budget di Lovers. Invece il Comune i suoi 50 mila euro li ha destinati direttamente a Lovers, erogandoli tramite la Fondazione Cultura: e quei cinquantamila sono stati inseriti nel conteggio totale degli 85 mila euro di "sponsorizzazioni".
La desolante conclusione di questo piccolo esercizio di ragioneria è che Torino - anzi, il tessuto produttivo di Torino - è disposta a impegnarsi nella misura massima di 35 mila euro, in servizi!, per sostenere una realtà culturale importante come il più antico festival di cinema gay d'Europa.
A questo punto mi viene da piangere se penso alle geremiadi di imprenditori e commercianti che lamentano le conseguenza sull'economia cittadina della decadenza culturale e turistica di Torino. Abbiamo quello che ci meritiamo, e la "società civile" - che tanto civile non mi sembra - non è migliore dei governanti.
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