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ARTISSIMA BLUES

On stage: al centro Ilaria Bonaccossa, a destra Massimo Lapucci di Fondazione Crt, a sinistra Maurizio "Old Sugar Boy" Cibrario in posa strablues
Non capendo un tubo di arte contemporanea, l'unica cosa che posso dire di Artissima 2018 con un minimo di cognizione di causa è che quest'anno alla consueta presenzione, stavolta officiata alle Ogr, per un attimo mi sono illuso di aver sbagliato indirizzo ed essere capitato in un festival blues. Un po' per via del tema della venticinquesima edizione che - annuncia orgogliosa la direttrice Ilaria Bonacossa - è "Time is on our side". E a quel punto mi immagino Mick Jagger che salta sul palco e le fa il controcanto "yeeees it is"
Ma Mick non c'è e le mie speranze scemano; per risollevarsi brevemente alla vista del presidente della Fondazione Musei Maurizio Cibrario che sul palco si protegge gli occhi dai fari implacabili trincerandosi dietro un clamoroso paio di occhiali neri degni dei Blues Brothers. E con gli occhiali neri, giuro, Maurizio Cibrario sembra proprio un bluesman. Delusione massima quando prende il microfono e, anziché attaccarmi "I'm a soul man", si limita a un discorsetto di circostanza.
Bonacossa fra Antonellina e Maiunagioia: le due girls per fare allegria
 si sono scambiate la giacchina del tailleur (o magari i pantaloni, non so) 

La performance delle assessore

Modeste le prestazioni degli altri headliner. L'Antonellina Parigi concentra il suo entusiasmo sul fatto che da quest'anno ad Artissima si brinderà, anziché col foresto Prosecco, con i vini piemontesi. A me sta bene, tanto le bollicine non mi piacciono e mi danno acidità. Resto però fulminato a scoprire dalla viva voce parigina che esiste un "Consorzio dei Consorzi" (tipo il Re dei Re o Lupo de Lupis) che cura la promozione delle "eccellenze enogastronomiche" e si chiama "Piemonte Land of Perfection". Uelà. E chiamarlo "Pisa Pi Curt", no?
Maiunagioia sbriga il compitino rivelandoci che "stiamo vivendo una vita culturale interessante e nei giorni di Artissima in città si respira creatività e si ha l'occasione di incontrare grandi artisti e giovani artisti", per concludere con un sentito grazie alla Bonacossa "perché ha portato una capacità di costruzione di relazioni che va oltre a quello a cui eravamo abituati", e cicca cicca Cosulich.
Per tutto il resto c'è il sito di Artissima, certamente dicono loro meglio di come potrei io. E io mi limito alle solite notizie da ragioniere, che mi piacciono tanto, e a un paio di osservazioni arrivate da Gianaria, che ha fatto l'intervento più interessante.

Quanto rende Artissima

Cominciamo con i numeri, frutto di una ricerca condotta dalla Camera di Commercio e dall'Università. Il budget di Artissima si aggira sui 3 milioni di euro, ma genera ricadute economiche dirette per circa 3,7 milioni. Come dire che ogni euro speso ne rende 1,70. Ma sono ancora più interessanti le ricadute indirette, ovvero la spesa che ospiti e visitatori lasciano sul territorio. In particolare è notevole l'effetto moltiplicatore sulla spesa pubblica: le risorse (minime) stanziate da Regione (200 mila euro) e dal Comune (100 mila) si moltiplicano per 24: in parole semplici, un euro di denaro pubblico investito su Artissima frutta 24 euro.
E ricordo che quando la Fiera chiude con un bilancio positivo, come è accaduto anche nel 2017, i finanziamenti di Comune e Regione vengono investiti in progetti culturali in città. Comunque si tratta di un investimento ridottissimo, rispetto al peso reale della manifestazione: Comune, Regione e Camera di commercio di Torino insieme contribuiscono per il 9% del budget.
Le altre entrate di Artissima (i dati si riferiscono al bilancio di chiusura 2017, ma il previsionale 2018 è sugli stessi livelli) provengono dalle Fondazioni bancarie (5%), dagli sponsor principali (12%, quest'anno il main sponsor è Unicredit) dalla vendita degli stand (62%), da altri partner (5%), da ricavi vari (7%) tra i quali presumo rientri pure l'incasso della biglietteria: ma il grosso, il 62%, arriva dall'affitto degli stand.

Gianaria: meno gallerie e sdoppiare la settimana dell'arte

Fulvio Gianaria durante l'intervento
Quest'anno ad Artissima saranno presenti 195 gallerie (di cui 60 straniere, da 35 Paesi). Sono meno che in passato, ma pur sempre tante, e non è detto che ciò sia un bene. Lo ha detto oggi Fulvio Gianaria: una fiera d'arte diventa grande se rimpicciolisce, se le gallerie che espongono sono poche, ma di altissimo livello. Ai collezionisti internazionali - dalla cui presenza e soddisfazione dipende il successo o la morte di qualsiasi fiera d'arte, e che vengono a Torino per spendere un casino di soldi in acquisti d'alto livello - interessa la qualità, non la quantità dell'offerta.
Gianaria sa quel che dice, in quanto presidente della Fondazione Crt per l'Arte, uno dei finanziatori e big buyer di Artissima. Ogni anno le Fondazioni bancarie comprano in Fiera opere che poi danno in comodato a Gam e Castello di Rivoli; e la loro spesa (circa 300 mila euro all'anno) è un tonico per Artissima, perché le grandi gallerie prediligono le grandi fiere, e le grandi fiere sono quelle dove si fanno grandi vendite.
Poi ci sono i visitatori normali,
 che sono il grosso delle 52 mila presenze totali lo scorso anno. Sono quelli come noi che non comperiamo perché non possiamo permettercelo o semplicemente, i più fortunati, perché i soldi preferiamo spenderli altrimenti; però abbiamo tutti esigenze e consumi culturali normali e frequentiamo Artissima perché è pur sempre, ancor prima che un mercato, un enorme museo temporaneo che offre un panorama vastissimo delle tendenze dell'arte contemporanea. 
E anche noi "visitatori comuni" siamo interessati al secondo problema che Gianaria ha tirato fuori nel suo breve ma succoso intervento: la proliferazione di manifestazioni nate come funghi sulla scia dell'exploit di Artissima che hanno conquistato spazio, peso e visibilità, e tutte concentrare nello stesso weekend lungo, sicché è ormai praticamente impossibile visitarle tutte. La proposta che Gianaria ha buttato lì è di sdoppiare la "settimana dell'arte contemporanea" a Torino, spostando alcune di quelle rassegne in un secondo weekend, magari a primavera. Non so se funzionerebbe: è vero che adesso le cosiddette "manifestazioni collaterali" sono tantissime, però richiamano molti visitatori e di conseguenza alcuni compratori e rendono l'offerta generale della città più variegata; e mi domando se avrebbero la stessa forza attrattiva in un altro periodo, da sole, senza il potente traino di Artissima.

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