Come promesso, ecco il link dell'articolo di oggi sul Corriere che riassume le celebri defenestrazioni messe in atto tramite buco in bilancio. Ispirato dalla notizia della richiesta di archiviazione che chiude sette mesi di indagini penali della Procura sullo sbilancio del Regio, l'articolo rievoca illustri precedenti e analizza il modus operandi della banda del buco.
La tesi dell'articolo è che un buco nel bilancio di un'istituzione culturale a Torino ha un peso variabile, variabili conseguenze e variabili possibilità di essere tappato: dipende dalle convenienze del potere del momento. In sintesi: non sono i soldi che mancano. Al limite manca la persona giusta cui darli. Sii la persona giusta: e i soldi si troveranno. Ma se non sei la persona giusta, fai le valigie in fretta: se non ti sbrighi parte la tempesta di merda.
Roosevelt diceva del dittatore Somoza: "He may be a son of a bitch, but he's our son of a bitch". Il potere non fa distinzioni fra buoni e cattivi: soltanto fra amici e nemici. E si libera senza rimpianti anche degli amici quando non gli servono (o non lo servono) più.
Ecco, questo è l'argomento dell'articolo. Come bonus track, e ad approfondimento delle vicende citate, aggiungo qui sotto i link ad alcuni post che in passato ho dedicato al simpatico argomento. Ci ritroverete molti concetti, espressioni o episodi che compaiono anche nell'articolo di oggi: è inevitabile, purtroppo qui le cose non cambiano, semmai peggiorano. Ad ogni modo, vi avverto: se trovate il tempo e la voglia di leggere i post che seguono, lo fate a vostro rischio e pericolo. Io non rispondo di eventuali acidità, gastriti e crisi depressive.
La strategia del buco (15 maggio 2018)
Uomini o caporali? Le logiche del potere e la battaglia del Regio (23 aprile 2018)
Regio, ma cos'è questo buco? (3 dicembre 2017)
Salviamo il Salone del Libro (8 novembre 2017)
Museo del Cinema, il buco è chiuso (19 settembre 2017)
Grandezza e catastrofe nella nuova Bisanzio (1 aprile 2017)
E' stato Picchioni! Un post su ciechi, sordi, fessi e smemorati (15 ottobre 2015)
Ho trovato il tempo e la voglia di rileggere i suoi lungimiranti post. Ho rivisto anche un mio commento, scritto quando ancora credevo in una oggettiva valutazione dei fatti. Non ho avuto " crisi depressive", ma la conferma che esistono ancora giornalisti " liberi", che non rincorrono solo notizie degne di una rivista di gossip, ma che espongono in modo chiaro ciò che solo chi vuol fingersi cieco non vede.
RispondiEliminaIn questo mondo di " usa e getta", è consolante sapere che esiste qualcuno che non dimentica i fatti, i meriti, le competenze e, sicuramente, anche qualche errore perchè la fallibilità umana esiste.
Ho letto con particolare attenzione le strane variazioni della valutazione del marchio del Salone del Libro. Io non sono una esperta, ma assegnare una valutazione senza tenere conto delle ricadute economiche del marchio sul territorio è un " non senso" e non penso nemmeno che sia del tutto legittimo. Forse anche questa giostra di cifre era " propedeutica" a qualche soluzione che poi non si è realizzata.
La ringrazio per la sua"voce libera". È un grande!!!