Da SfDC a SDC: la staffetta dei direttori. Stefano Francia di Celle (a sin.) e Steve Della Casa |
Per chi l'altro giorno mi chiedeva un commento sulla nomina di Steve Della Casa al Tff, ripubblico anche qui, con qualche lieve aggiustamento, il mio articolo uscito sul Corriere di ieri, 14 gennaio, e non reperibile on line. Questo è quanto ho da dire. Su certi sdegni tattici mi astengo: la giustizia ha giudicato, la Storia giudicherà, e io non mi occupo di sciacalli.
Però una cosa devo aggiungerla: tanto di cappello al presidente del Museo Enzo Ghigo, la cui appartenenza all'area del centrodestra è fuori discussione, per avere agito anteponendo gli interessi e le scelte dell'Istituzione ai mediocri calcoli della politica politicante. Così si comportano i galantuomini. L'apprezzamento va esteso a Cirio e Poggio, che a quanto mi risulta non hanno voluto ostacolare le libere decisioni del Comitato di gestione del Museo del Cinema. Ed ecco l'articolo del Corriere:
Steve Della Casa, classe 1953, è troppo vecchio per dirigere il Torino Film Festival, che ha già diretto vent'anni fa? Sintetizzato così, brilla di spietatezza propria il profluvio di arguti motteggi – largo ai giovani, ritorno al futuro, usato sicuro, a volte ritornano, i soliti noti, la gerontocrazia... - che accompagna l'inattesa nomina del nuovo direttore del più importante festival cinematografico torinese.
Le valutazioni basate su sesso, religione, etnia, aspetto fisico, sono ormai condannate e bandite nelle società civilizzate. Nessuno, spero, obietterebbe se la direzione del Tff fosse affidata a una donna, a una persona di colore, a un musulmano o a un diversamente magro. Per le discriminazioni sull'età vedo molta più tolleranza.
Quindi, la domanda corretta sarebbe: “Steve Della Casa ha il curriculum adeguato per dirigere l'edizione del quarantennale del Tff?”. Rispondete di no, se vi riesce. Ma ecco un'altra domanda: “I giovani o simil-giovani chiamati a guidare qualche importante istituzione culturale alla prova dei fatti erano tutti all'altezza, nessuno escluso?”.
Detta in altre parole: conviene di più dare fiducia a uno stagionato marpione che conosce la materia come i suoi pedalini, o a un giovane avanzo d'assessorato in cerca di uno strapuntino e uno stipendio per meriti politici?
La questione si potrebbe pure archiviare qui, con l'ovvia conclusione che esistono anziani capaci e giovani imbecilli, e viceversa, e non si tratta tanto di scegliere fra anziani e giovani quanto fra capaci e imbecilli. Purtroppo capita spesso che prevalgono gli imbecilli, specie se la scelta spetta ad altri imbecilli.
Dunque si apre qui un'altra questione ben più seria: dove sono, oggi, i nuovi talenti di Torino? Beh, in genere a Milano. O a Roma. O all'estero. Sono andati via perché a Torino gli preferivano gli utili imbecilli – giovani o anziani - che non danno fastidio (un pregio dell'imbecille di qualsiasi età è di non infastidire chi lo nutre). Ma soprattutto perché a Torino lavorare nel mondo della cultura – e non solo in quello... - è sempre più difficile e frustrante. Poche opportunità, ancor meno prospettive, ambiente asfittico, tante frustrazioni, per non dire degli stipendi da fame che per i lavoratori della cultura sono un male nazionale endemico. Così Torino da laboratorio sta trasformandosi in terra d'emigrazione intellettuale. E quando il gioco si fa duro dobbiamo richiamare a salvar la patria in pericolo i vecchi campioni, come ha fatto il Milan con Ibra.
Vogliamo parlare di Stefano Francia di Celle, direttore uscente del Tff? Quando fu nominato taluni dissero che era troppo “giovane” (è del 1966...) e inesperto; e adesso talaltri dicono che Della Casa è troppo “vecchio”: si mettessero d'accordo tra di loro...
Vabbé, questa è Torino. E Francia di Celle, torinese emigrato a Roma dove s'è ben piazzato in Rai, era tornato con gran gioia per dirigere il Tff due anni fa; adesso non accetta manco la proroga di un anno del contratto – che pure dal Museo del Cinema gli hanno offerto, per quanto a bocca storta – e se ne va di gran carriera adducendo ineludibili impegni con la Rai.
Come direttore nell'era covid Francia non poteva fare faville, ma nessuno può dire come avrebbe lavorato in tempi normali, senza la pandemia. Però – è un segreto di Pulcinella - i suoi rapporti con i vertici del Museo del Cinema sono stati accidentati fino a raggiungere la crisi perfetta allorché ci si separa da buoni amici solo perché fra persone civili non sta bene sfancularsi, almeno in piazza.
Resta un'ultima domanda: se davvero il clima al Museo è così teso da far scappare Francia, perché Della Casa ha accettato? Beh. Steve Della Casa, per amici e famigliari “l'Omone”, ha le spalle larghe e non ha l'indole della vittima sacrificale Riprendere in mano il “suo” festival, nella sua città, e a modo suo, è una soddisfazione niente male. L'anziano cinefilo Steve riassapora l'immortale battuta di Manfredi in “Straziami ma di baci saziami”: “Stupita? Come er conte de Montecristo, so' tornato ricco e spietato”.
Steve Della Casa, classe 1953, è troppo vecchio per dirigere il Torino Film Festival, che ha già diretto vent'anni fa? Sintetizzato così, brilla di spietatezza propria il profluvio di arguti motteggi – largo ai giovani, ritorno al futuro, usato sicuro, a volte ritornano, i soliti noti, la gerontocrazia... - che accompagna l'inattesa nomina del nuovo direttore del più importante festival cinematografico torinese.
Le valutazioni basate su sesso, religione, etnia, aspetto fisico, sono ormai condannate e bandite nelle società civilizzate. Nessuno, spero, obietterebbe se la direzione del Tff fosse affidata a una donna, a una persona di colore, a un musulmano o a un diversamente magro. Per le discriminazioni sull'età vedo molta più tolleranza.
Quindi, la domanda corretta sarebbe: “Steve Della Casa ha il curriculum adeguato per dirigere l'edizione del quarantennale del Tff?”. Rispondete di no, se vi riesce. Ma ecco un'altra domanda: “I giovani o simil-giovani chiamati a guidare qualche importante istituzione culturale alla prova dei fatti erano tutti all'altezza, nessuno escluso?”.
Detta in altre parole: conviene di più dare fiducia a uno stagionato marpione che conosce la materia come i suoi pedalini, o a un giovane avanzo d'assessorato in cerca di uno strapuntino e uno stipendio per meriti politici?
La questione si potrebbe pure archiviare qui, con l'ovvia conclusione che esistono anziani capaci e giovani imbecilli, e viceversa, e non si tratta tanto di scegliere fra anziani e giovani quanto fra capaci e imbecilli. Purtroppo capita spesso che prevalgono gli imbecilli, specie se la scelta spetta ad altri imbecilli.
Dunque si apre qui un'altra questione ben più seria: dove sono, oggi, i nuovi talenti di Torino? Beh, in genere a Milano. O a Roma. O all'estero. Sono andati via perché a Torino gli preferivano gli utili imbecilli – giovani o anziani - che non danno fastidio (un pregio dell'imbecille di qualsiasi età è di non infastidire chi lo nutre). Ma soprattutto perché a Torino lavorare nel mondo della cultura – e non solo in quello... - è sempre più difficile e frustrante. Poche opportunità, ancor meno prospettive, ambiente asfittico, tante frustrazioni, per non dire degli stipendi da fame che per i lavoratori della cultura sono un male nazionale endemico. Così Torino da laboratorio sta trasformandosi in terra d'emigrazione intellettuale. E quando il gioco si fa duro dobbiamo richiamare a salvar la patria in pericolo i vecchi campioni, come ha fatto il Milan con Ibra.
Vogliamo parlare di Stefano Francia di Celle, direttore uscente del Tff? Quando fu nominato taluni dissero che era troppo “giovane” (è del 1966...) e inesperto; e adesso talaltri dicono che Della Casa è troppo “vecchio”: si mettessero d'accordo tra di loro...
Vabbé, questa è Torino. E Francia di Celle, torinese emigrato a Roma dove s'è ben piazzato in Rai, era tornato con gran gioia per dirigere il Tff due anni fa; adesso non accetta manco la proroga di un anno del contratto – che pure dal Museo del Cinema gli hanno offerto, per quanto a bocca storta – e se ne va di gran carriera adducendo ineludibili impegni con la Rai.
Come direttore nell'era covid Francia non poteva fare faville, ma nessuno può dire come avrebbe lavorato in tempi normali, senza la pandemia. Però – è un segreto di Pulcinella - i suoi rapporti con i vertici del Museo del Cinema sono stati accidentati fino a raggiungere la crisi perfetta allorché ci si separa da buoni amici solo perché fra persone civili non sta bene sfancularsi, almeno in piazza.
Resta un'ultima domanda: se davvero il clima al Museo è così teso da far scappare Francia, perché Della Casa ha accettato? Beh. Steve Della Casa, per amici e famigliari “l'Omone”, ha le spalle larghe e non ha l'indole della vittima sacrificale Riprendere in mano il “suo” festival, nella sua città, e a modo suo, è una soddisfazione niente male. L'anziano cinefilo Steve riassapora l'immortale battuta di Manfredi in “Straziami ma di baci saziami”: “Stupita? Come er conte de Montecristo, so' tornato ricco e spietato”.
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