Emiliano Paoletti |
Mi ha però colpito l'ultima riga, che mi ha aperto un mondo: "Paolucci ha inoltre collaborato - c'era scritto - con l’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale, di cui è stato Capo della Segreteria nel periodo 2017-2021".
Fuor di pudìco eufemismo, "periodo 2017-2021" significa "durante la giunta Raggi". Ma è una semplificazione rozza: in realtà, come ho appurato dopo una lesta ricerca, la carriera di Emilano Paoletti al Comune di Roma è stata ben più affascinate, da perfetto uomo dei tempi nuovi.
Entra nello staff dell'assessorato alla Cultura già nel 2014, con la precedente giunta Marino, e di lui, ben visto negli ambieti del pd Romano, si era persino parlato come di un possibile assessore alla Cultura. Nel 2016 trionfa la Raggi, e le cronache ci raccontano di un Paoletti "fedelissimo" del vicesindaco e assessore alla Cultura - anzi, alla Crescita Culturale, come dicevano quei signori - Luca Bergamo: sicché che resta nello staff e anzi ne diventa il vicecapo. Ma all'inizio del 2021 la Raggi, nell'estremo regolamento di conti prima del crollo elettorale, silura Bergamo; in compenso Paoletti rimane, e viene anzi promosso capo staff del nuovo assessore Lorenza Fruci, e insieme alla promozione arriva anche un consistente aumento in busta paga, "da 62 mila a 74 mila euro". Just in time, vien da dire, visto che l'ottimo impiego sfuma dopo pochi mesi, con le foglie gialle d'ottobre e la sconfitta della Raggi. Lui intanto, previdente, s'era già mosso: lo scorso giugno taluni lo davano in pole position per la direzione del Teatro di Roma. Poi non si sono messi d'accordo in tempo, e da ottobre a Roma non è cosa. Per fortuna c'è Torino che non si lascia mai sfuggire certe ghiotte occasioni.
Va tutto bene, tuttavia una domanda mi sorge spontanea. Dite pure che sono campanilista e provinciale, ma con in giro tanti ex staffisti disoccupati della giunta Appendino, era proprio necessario importarne uno della giunta Raggi?
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