Massimo Osanna illustra le virtù dell'affresco pompeiano appena "svelato" |
Succedono cose buffe. Tipo ieri: tutti convocati a Palazzo Madama per lo "svelamento di due capolavori della mostra Invito a Pompei". Mostra che, segnatevelo, verrà inaugurata il 7 aprile.
Mai capitato prima, che ti convocassero per uno "svelamento" - termine che fa pensare a una danza dei sette veli, o roba simile - ma l'occasione ha l'aria d'essere importante, ci saranno tutti i barbapapà, il sindaco, gli assessori, e persino i capoccia del ministero della Cultura, l'imponente segretario generale Salvo Nastasi e lo scattante direttore generale dei musei Massimo Osanna, e poi anche il direttore di Palazzo Madama GCF Villa, il segretario generale dei Musei Civici Elisabetta Rattalino e il presidente Cibrario e insomma, fra segretari e generali e presidenti e direttori la corte di Palazzo Madama già trabocca e ancora deve entrarci la varia umanità dei convocati, giornalisti e fotografi e carabinieri in alta uniforme e alpini con la penna bianca e soprintendenti e uffici stampa e presenzialisti e passanti e patapìn e patapàn, tutti lì per vedere 'sto "svelamento".
Vabbè. Chi deve parlare parla, e al ciel piacendo non la fanno lunga. Qualcuno azzarda pure affrettate affermazioni a proposito di una presunta "prima grande mostra su Pompei a Torino", dimentichi della straordinaria "Il Nilo a Pompei" all'Egizio nel 2016, che fu inaugurata alla presenza dello stesso Massimo Osanna e nella quale, fra l'altro, di affreschi come quello "svelato" ieri a Palazzo Madama ce n'erano tre, anch'essi provenienti dalla "Casa del Bracciale d'Oro" e anch'essi raffiguranti un giardino. Questo per amor di precisione.
L'unico intervento degno di nota è comunque quello di Lo Russo, che approfitta dell'occasione per lanciarsi in un appassionato panegirico dell'assessore Purchia, definita "la salvatrice del Regio", meritevole di "un grandissimo ringraziamento" per ciò che "ha fatto negli anni passati" occupandosi del Regio con "grande professionalità e competenza", e che oggi continua a fare per la cultura a Torino.
Ovvio che l'elogio della Purchia è del tutto fuori contesto, ma Lo Russo passa così al contrattacco difendendo la sua assessora sotto schiaffo per l'inchiesta della Procura e le incessanti bordate dei cinquestelle. Difatti, dopo i discorsi, Lo Russo mi fa: "Il messaggio è arrivato forte e chiaro?". Ciumbia, chiarissimo, convengo io. "E non hai ancora visto niente", aggiunge il sindaco pugnace.
Ma torniamo al nostro "svelamento", che si concretizza con due operai i quali, muniti di cacciavite elettrici, aprono due cassoni appoggiati al muro, rimuovono le varie protezioni di materiale plastico che nascondono i due capolavori - e io intanto ghigno perché m'immagino la scena interpretata da Villaggio e Pozzetto (cit. "Le comiche") che fanno cadere a terra i due capolavori mandandoli in mille pezzi e sbattono i cassoni in testa ai barbapapà - e finalmente i due capolavori (oltre all'affresco della "Casa del Bracciale d'Oro", un bel pavimento a mosaico dalla villa della Pisanella, raffigurante un delfino) sono svelati e tutti i pigiati astanti - segretari, generali, sottufficiali e truppa - fanno oooh.
E vabbé, fine dello show, tutti a casa o al rinfresco vip in caffetteria (notevole il Gavi La Battistina) e a me resta una curiosità irrisolta: che cazzo siamo venuti a fare qui?
Ho l'impressione che l'intera faccenda sia stata una pantomima a beneficio degli ospiti illustri, Nastasi e Osanna, che probabilmente potevano venire a Torino il 25 marzo e non il 7 aprile, e così, non potendo anticipare l'inaugurazione della mostra, i nostri hanno organizzato sui due piedi un omaggio ai dignitari in visita alla periferia dell'impero. Omaggio peraltro doveroso, dato che Nastasi e Osanna, amicissimi della Purchia, stanno beneficiando la cultura a Torino con un'inconsueta valanga di finanziamenti e contributi e carinerie: last but not least, le quasi 140 opere di "Invito a Pompei" sono state concesse in prestito senza "fee", ovvero senza compenso, il che ha consentito di contenere notevolmente il costo della mostra (190 mila euro tutto compreso). E' pur vero che nessun pranzo è gratis, e che ad alcune manovre torinesi, per esempio attorno al Regio, non sono estranei gli ambienti ministeriali romani. Ma mi sembra che, lasciando da parte il pregresso, almeno a partire dalla scelta del nuovo sovrintendente i torinesi tengano il punto, accettando con gioia i soldi in arrivo e rintuzzando con eleganza le pretese eccessive.
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