Lo ammetto: mi sto appassionando alla partita per la sovrintendenza del Regio. E' un gioco di strategia con i controcazzi, che neanche "Diplomacy" (il famigerato gioco che distrugge amicizie dal 1959): dentro c'è tutto, gli schieramenti, le mosse, le contromosse, le alleanze... In verità io detesto i giochi di strategia, se perdo mastico amaro: però adoro guardare gli altri giocare. Quindi seguo con distaccata passione la partita del Regio: non tengo per nessuno, ma mi godo le abili mosse dei giocatori.
Alla partita del Regio ho già dedicato un articolo il 30 dicembre, nel quale esaminavo principalmente i pro e i contro di Guido Mulè, il più accreditato dei candidati in pectore. Ma oggi, sul Corriere, ho voluto approfondire i ruoli e le strategie degli altri giocatori - in primis il ministro Franceschini che, come prevedevo, stavolta ha in mano carte molto forti - nonché le chances di un altro papabile, l'attuale direttore dello Stabile Filippo Fonsatti.
Qualora l'argomento vi interessasse, vi rimando all'edizione cartacea di oggi del Corriere di Torino.
Aggiornamento 6 gennaio. Poiché l'articolo non è disponibile on line, a tre giorni dalla pubblicazione lo riproduco anche qui, a fini d'archivio e futura memoria.
La vigilia di San Silvestro Stefano Lo Russo ha letto sul Corriere la mia riflessione a proposito della nomina del nuovo sovrintendente del Regio e mi ha chiamato di buon'ora per smentire la voce secondo cui egli sarebbe intenzionato a delegare all'assessore Purchia la propria funzione di presidente dell'ente lirico. Il sindaco garantisce che non delegherà, ma è anzi ben deciso a impegnarsi di persona su tutto ciò che riguarda il Regio.
Una ben difficile partita attende Lo Russo. Come scrivevo l'altro giorno, ciascuno dei giocatori – ovvero i soci della Fondazione Teatro Regio – è deciso a fare la cosa giusta per il Regio, ma c'è un certo disaccordo su quale sia la cosa giusta.
Il sindaco – proprio come l'assessore Purchia – punta a una scelta unanime dei sette componenti del Consiglio d'indirizzo, senza spaccature. Non vuole che finisca 4 a 3 come per Graziosi; però ammette che, alla peggio, un 6 a 1 sarebbe un risultato spiacevole ma accettabile, casomai uno dei soci s'incaponisse sulle proprie posizioni.
Lo Russo, per carattere, ascolta tutti e poi decide di testa sua, e non vorrebbe lasciarsi condizionare da nessuno; si rende conto però che mai come stavolta la golden share è nelle mani del ministro della Cultura Dario Franceschini.
A Torino la persona di fiducia di Franceschini – e del potente segretario generale del MiC Salvo Nastasi - è Rosanna Purchia, che il ministro ha mandato a ripulire il Regio e che, non appena scaduto l'incarico commissariale lo scorso 25 ottobre, lo scaltro Lo Russo ha nominato assessore alla Cultura. Da quel dì, nell'arco breve di due mesi, s'è riversata sulla cultura torinese un'inusitata pioggia di finanziamenti ministeriali: il 2 novembre è stato annunciato lo stanziamento straordinario di 100 milioni per risanare il fondo patrimoniale delle fondazioni liriche, e qui a Torino sono tutti convinti, forse con un eccesso di ottimismo, che almeno una trentina di quei cento milioni andrà al Regio; intanto, appena prima di Natale ci siamo ritrovati sotto l'albero il riconoscimento di MiTo come “festival di assoluto prestigio internazionale”, il che sul piano pratico comporterà nel 2022 un contributo ministeriale straordinario di un milione.
Ma nessun pasto è gratis. Chi paga di solito pretende. Suppongo che la pretesa di Franceschini sia di tener d'occhio la gestione della cultura in una città che negli ultimi tempi su quel fronte non si è coperta di gloria. E considerando il rapporto fra Purchia e il duo Franceschini-Nastasi, è lecito presumere che i punti di vista dell'assessore alla Cultura coincidano in larga parte con quelli del ministero della Cultura. Ne consegue che, se Purchia manifesta una propensione per Guido Mulè alla sovrintendenza, è estremamente probabile che quella sia la scelta preferita da Franceschini. Non a caso l'assessore ricorda ad ogni più sospinto che, a norma di Statuto, la nomina del sovrintendente spetta al ministro. Ok, non è mai è accaduto che un ministro si rifiutasse di nominare un sovrintendente proposto dal Consiglio d'indirizzo: ma come si fa a scontentare uno che ti ha appena coperto di soldi?
E' pur vero che esiste un altro serio candidato in pectore: Filippo Fonsatti. L'attuale direttore dello Stabile non nega di considerare la poltrona di sovrintendente del Regio il coronamento di una carriera, e avrebbe tutte le carte in regola per il ruolo: esperienza, autorevolezza, onestà, competenza e capacità gestionale. Purtroppo ha pure un carattere forte, che qualcuno definirebbe “spigoloso”, e che col tempo gli ha procurato alcuni influenti disistimatori, in primis il potente Nastasi. Il principale peccato che si rimprovera a Fonsatti è di essere “divisivo”. Fonsatti, se qualcuno glielo fa notare, ribatte che pure gli oppositori di Lo Russo dicevano che era troppo "divisivo" per essere un candidato sindaco vincente.
L'accusa di "divisività" ovviamente non impressiona Lo Russo. Il sindaco di sicuro non fa parte del club dei disistimatori di Fonsatti, anzi: al limite teme che spostando Fonsatti al Regio si spalancherebbe un problema allo Stabile. Comunque per Palazzo Civico l'opzione Fonsatti non è ancora archiviata.
E la Regione? L'assessore Poggio fa sapere che loro preferirebbero un bando o una procedura comparativa. Ma, dietro al lodevole appello alla trasparenza delle procedure di nomina, i maliziosi intravvedono la preoccupazione di un centrodestra – in particolare della Lega - che finora non ha saputo occupare poltrone importanti in ambito culturale: piazzare al vertice del Regio un uomo d'area – ma chi? - sarebbe senz'altro un bel colpo.
L'intreccio si complica e s'ingarbuglia: gennaio sarà un mese molto interessante.
Una ben difficile partita attende Lo Russo. Come scrivevo l'altro giorno, ciascuno dei giocatori – ovvero i soci della Fondazione Teatro Regio – è deciso a fare la cosa giusta per il Regio, ma c'è un certo disaccordo su quale sia la cosa giusta.
Il sindaco – proprio come l'assessore Purchia – punta a una scelta unanime dei sette componenti del Consiglio d'indirizzo, senza spaccature. Non vuole che finisca 4 a 3 come per Graziosi; però ammette che, alla peggio, un 6 a 1 sarebbe un risultato spiacevole ma accettabile, casomai uno dei soci s'incaponisse sulle proprie posizioni.
Lo Russo, per carattere, ascolta tutti e poi decide di testa sua, e non vorrebbe lasciarsi condizionare da nessuno; si rende conto però che mai come stavolta la golden share è nelle mani del ministro della Cultura Dario Franceschini.
A Torino la persona di fiducia di Franceschini – e del potente segretario generale del MiC Salvo Nastasi - è Rosanna Purchia, che il ministro ha mandato a ripulire il Regio e che, non appena scaduto l'incarico commissariale lo scorso 25 ottobre, lo scaltro Lo Russo ha nominato assessore alla Cultura. Da quel dì, nell'arco breve di due mesi, s'è riversata sulla cultura torinese un'inusitata pioggia di finanziamenti ministeriali: il 2 novembre è stato annunciato lo stanziamento straordinario di 100 milioni per risanare il fondo patrimoniale delle fondazioni liriche, e qui a Torino sono tutti convinti, forse con un eccesso di ottimismo, che almeno una trentina di quei cento milioni andrà al Regio; intanto, appena prima di Natale ci siamo ritrovati sotto l'albero il riconoscimento di MiTo come “festival di assoluto prestigio internazionale”, il che sul piano pratico comporterà nel 2022 un contributo ministeriale straordinario di un milione.
Ma nessun pasto è gratis. Chi paga di solito pretende. Suppongo che la pretesa di Franceschini sia di tener d'occhio la gestione della cultura in una città che negli ultimi tempi su quel fronte non si è coperta di gloria. E considerando il rapporto fra Purchia e il duo Franceschini-Nastasi, è lecito presumere che i punti di vista dell'assessore alla Cultura coincidano in larga parte con quelli del ministero della Cultura. Ne consegue che, se Purchia manifesta una propensione per Guido Mulè alla sovrintendenza, è estremamente probabile che quella sia la scelta preferita da Franceschini. Non a caso l'assessore ricorda ad ogni più sospinto che, a norma di Statuto, la nomina del sovrintendente spetta al ministro. Ok, non è mai è accaduto che un ministro si rifiutasse di nominare un sovrintendente proposto dal Consiglio d'indirizzo: ma come si fa a scontentare uno che ti ha appena coperto di soldi?
E' pur vero che esiste un altro serio candidato in pectore: Filippo Fonsatti. L'attuale direttore dello Stabile non nega di considerare la poltrona di sovrintendente del Regio il coronamento di una carriera, e avrebbe tutte le carte in regola per il ruolo: esperienza, autorevolezza, onestà, competenza e capacità gestionale. Purtroppo ha pure un carattere forte, che qualcuno definirebbe “spigoloso”, e che col tempo gli ha procurato alcuni influenti disistimatori, in primis il potente Nastasi. Il principale peccato che si rimprovera a Fonsatti è di essere “divisivo”. Fonsatti, se qualcuno glielo fa notare, ribatte che pure gli oppositori di Lo Russo dicevano che era troppo "divisivo" per essere un candidato sindaco vincente.
L'accusa di "divisività" ovviamente non impressiona Lo Russo. Il sindaco di sicuro non fa parte del club dei disistimatori di Fonsatti, anzi: al limite teme che spostando Fonsatti al Regio si spalancherebbe un problema allo Stabile. Comunque per Palazzo Civico l'opzione Fonsatti non è ancora archiviata.
E la Regione? L'assessore Poggio fa sapere che loro preferirebbero un bando o una procedura comparativa. Ma, dietro al lodevole appello alla trasparenza delle procedure di nomina, i maliziosi intravvedono la preoccupazione di un centrodestra – in particolare della Lega - che finora non ha saputo occupare poltrone importanti in ambito culturale: piazzare al vertice del Regio un uomo d'area – ma chi? - sarebbe senz'altro un bel colpo.
L'intreccio si complica e s'ingarbuglia: gennaio sarà un mese molto interessante.
Commenti
Posta un commento