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UN SOVRINTENDENTE AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO


L'altro ieri ho scritto per il Corriere un articolo (ecco il link) nel quale descrivo il metodo che il Consiglio d'indirizzo del Regio sta applicando per selezionare il nuovo sovrintendente. Con un'apertura di credito del tutto spericolata e per me inconsueta, ho affermato che, stando a quanto mi risulta, stavolta i nostri eroi sono ben decisi a non fare porchezzi, e a scegliere in piena autonomia e responsabilità il candidato che in coscienza riterranno migliore. Decisione che senz'altro li onora, ma che è anche dettata (oltre che, spero, da un apprezzabile senso della decenza) da una necessità oggettiva e ineludibile: dopo tante traversie e contorcimenti oscuri, il Regio non è più in grado di sopportare situazioni men che adamantine. A dirsela fuori dai denti, il Teatro è una polveriera al momento in apparente sicurezza, ma pronta a esplodere alla minima scintilla. E le scintille possibili, interne ed esterne, sono tante.

All'interno non mancano i maldipancia, conseguenza della cura draconiana del commissariamento, che ha imposto al personale una serie di sacrifici pesanti sul piano economico e non solo. Diciamo, per farla breve, che il direttore generale Guido Mulè - mano di ferro in guanto d'acciaio - non è al top delle simpatie fra i dipendenti. Lui ha smentito vigorosamente di essersi mai candidato, o di aspirare alla sovrintendenza; ma se non si è candidato lui, lo hanno candidato altri (il ministero della Cultura, in particolare il segretario generale del MiC Salvo Nastasi, nonché l'assessore Purchia) e quindi se non è zuppa è pan bagnato.

Fuori dal Regio, intanto, si va delineando quella che sarà nei prossimi mesi e anni la strategia dell'opposizione cinquestelle: la pattuglia grillina in Consiglio comunale, con un paio di superstiti della vecchia maggioranza che aveva difeso fino all'ultimo Graziosi, ha già fatto capire che darà battaglia senza quartiere a colpi di interpellanze che mettono in evidenza ogni punto controverso della gestione Purchia/Mulè: dalla modifica dello Statuto del Regio ai compensi della Purchia, dalle presunte violazioni dei diritti dei lavoratori al raddoppio dello stipendio di Mulè, fino alle consulenze affidate a uno studio legale di Napoli, non c'è aspetto della vita del Teatro che non venga passato sotto la lente d'ingrandimento dell'opposizione, e in particolare del battagliero cinquestelle Andrea Russi.

Ora: il mestiere dell'opposizione è tenere un perenne dito al culo della maggioranza, senza perdonargliene una. E i cinquestelle fanno benissimo questo mestiere: molto meglio di quanto ai tempi loro facessero il mestiere della maggioranza; e, aggiungerei, meglio anche di quanto l'attuale maggioranza facesse all'epoca il mestiere dell'opposizione.

Ne deriva che, se non vogliamo un ennesimo Vietnam al Regio, sarà indispensabile nominare un sovrintendente di inattaccabile purezza, esente non soltanto da colpe pregresse - ci mancherebbe... - ma anche da sospetti ingenerosi, da vicende poco chiare, da relazioni pericolose. Un sovrintendente che unisca alle alte qualità professionali anche una statura morale a prova di bomba, e di ricerca d'archivio. Insomma: uno che non solo non abbia scheletri nell'armadio, ma neppure un minuscolo ossicino. E qui non vale la presunzione d'innocenza: suggerirei di evitare anche i candidati sia pur lontanamente sfiorati da inchieste o vicende giudiziarie o extragiudiziarie risolte con la piena assoluzione; i candidati chiacchierati, magari semplicemente vittime di maldicenze; i candidati che abbiano legami - d'amicizia, di parentela, di buon vicinato, compresi i vicini d'ombrellone - che in un futuro potrebbero dare adito a malevole supposizioni. Mi rendo conto che ciò non è giusto, sul piano degli alti ideali di giustizia. Ma potendo scegliere (e il Consiglio d'indirizzo ha deciso di attribuirsi la massima libertà di scelta) evitiamo di andare a ficcarci in altri gineprai. A Torino c'è, vivaddio, un'opposizione che fa il suo mestiere: ma il Regio di tutto ha bisogno, fuorché di altre guerre per bande. E dunque non creiamo i presupposti per nuovi conflitti.


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