Giovanni Carlo Federico Villa |
Sul Corriere in edicola stamattina cerco di analizzare quale potrebbe essere la strategia del neo direttore per approntare un cartellone di mostre di valore scientifico, senza trascurare le opportunità di blockbuster che riportino a Palazzo Madama le folle di visitatori che non si vedono da tempo. Poiché l'articolo non è disponibile on line, lo riporto, ad alcuni giorni dalla pubblicazione, in fondo a questo post.
Postilla buffa: poco più di un anno fa scrivevo che, per come s'erano messe le cose, Palazzo Madama sarebbe rimasto senza direttore fino al 2023. Pensavo di scrivere una boiata da ridere, e invece, in qualche modo, la sciocca profezia s'invera, dato che soltanto nel 2023 Villa potrà fare il direttore full tasking, mostre comprese.
Ed ecco l'articolo:
Per Giovanni Carlo Federico Villa, neo-direttore di Palazzo Madama, la mostra “Invito a Pompei” che s'inaugura il 7 aprile è un salvataggio in corner. Se l'è inventata dal nulla nel giro di cinquantuno giorni (un record mondiale, direi...) per tappare il buco di programmazione causato dal rinvio all'autunno, per volontà del presidente Cibrario e per motivi incomprensibili ai più, di quella già pronta dedicata a Margherita di Savoia.
Fatto sta che Villa ha chiesto aiuto ai suoi amici del ministero, il potente segretario generale Salvo Nastasi e il direttore generale dei musei Massimo Osanna, che gli hanno messo a disposizione una ricca messe di opere del Parco Archeologico di Pompei. Certo, una mostra pompeiana a Torino patisce fatalmente il confronto con la fondamentale “Il Nilo a Pompei” del 2016 al Museo Egizio: ma tant'è, con una spesa limitata (190 mila euro) il buon Villa scongiura la figuraccia di un Palazzo Madama senza mostre a primavera, e assapora il gusto di fare il direttore. Una soddisfazione che altrimenti avrebbe dovuto rimandare al 2023: per il resto del 2022 infatti il calendario è già bloccato dalle iniziative della premiata coppia Cibrario-Rattalino, presidente e segretario della Fondazione Torino Musei che hanno retto le sorti di Palazzo Madama nella quasi triennale assenza di un direttore nominato. Quindi avremo Margherita di Savoia in autunno, e prima ci toccherà l'ennesima trouvaille dei depositi del Vaticano: dopo tante Madonne d'incerta qualità, stavolta arriverà la “Veronica” di Ugo da Carpi, la cui qualità scarsissima è attestata addirittura da Michelangelo, il quale – racconta Vasari – vedendo l'opera che Ugo si vantava d'aver “dipinta con le mani”, la stroncò con un feroce “sarebbe meglio che avesse adoperato il pennello e l'avesse fatta di miglior maniera”.
Tra regine e veroniche Villa morde il freno, e aspetta il suo turno. Ma il mestiere del direttore già lo fa a tempo pieno: non potendo ancora organizzare mostre, si dedica a riannodare i legami di Palazzo Madama con le scuole e con la città. Incontra gli insegnanti e le Circoscrizioni, e studia il territorio per coinvolgerlo nelle attività del museo.
Sul fronte espositivo, comunque, Villa prepara il futuro. Nulla di ufficiale, ma qualcosa già trapela. Mi risulta che per il 2023 il direttore mediterebbe su un progetto di largo respiro dedicato alla Torino Liberty. Idea, diciamolo, in sé e per sé non originalissima: mostre sul Liberty ne abbiamo viste più d'una, in tempi recenti. Ma GCF pensa alla Mostra Definitiva, preceduta da un censimento, in collaborazione con le scuole, delle testimonianze Liberty quartiere per quartiere, e arricchita da una vasta sezione dedicata ai pittori del periodo a cavallo fra Otto e Novecento. Una mostra che spiani la strada verso un obiettivo ambizioso: l'iscrizione della Torino Liberty nel Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco.
Altrettanto ambiziosa e complessa è l'idea di “inventariare” l'enorme (circa 60 mila pezzi) e semisconosciuto tesoro delle collezioni etnografiche torinesi disseminate fra musei civici, statali, universitari e missionari, per dare vita a una mostra “comparativista” che esplori – nella moderna Torino multietnica - affinità e interconnessioni fra culture solo in apparenza lontane.
Simili progetti, di alto valore scientifico, non si possono però definire, almeno sulla carta, mostre blockbuster, quelle mostre zeppe di nomi così celebri da attrarre in automatico le fiumane di visitatori che a Palazzo Madama non si vedono da un bel po'. Ma Villa ha ben presente il problema, e suppongo che pure su quel fronte prepari le sue mosse. Com'è accaduto con Pompei, anche in futuro il direttore sfrutterà i suoi ottimi rapporti con il ministero della Cultura per cogliere le occasioni che dovessero presentarsi. Una suggestione fra tante: nel 2024 sia la Galleria Borghese, sia il Museo di Capodimonte chiuderanno per lavori alcune sale, e dunque si annunciano magnifiche prospettive per prestiti importanti. Una mostra “Torino e le capitali”, con i capolavori in arrivo da Napoli e da Roma, è senza dubbio nella lista dei desideri di Villa.
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