Sergio Ramella con Herbie Hancock |
Il Grande Promoter, l'infaticabile apostolo del jazz, l'avevamo perso già qualche anno prima, costretto al ritiro da un dispetto del destino bastardo. Ma ciò che Sergio ha costruito, in tanti anni e tanti notti di jazz, resta scolpito nella memoria: mai più, dopo di lui, il jazz a Torino ha conosciuto altrettanti momenti di gloria, nonostante i maldestri tentativi di replicare quella formula speciale di cui soltanto lui conosceva il segreto.
Stasera, sabato 21 gennaio, dalle 20,30 il Conservatorio ospita un concerto benefit per ricordare Sergio Ramella nel decennale della scomparsa. I presentatori sono Daniele Lucca e Marco Basso. Sul palco si esibirà il fior fiore della scena jazz torinese: 3chic, Caterina Accorsi, Mattia Barbieri, Flavio Boltro, Diego Borotti, Stefano Calcagno, Massimo Camarca, Claudio Chiara, Enrico Ciampini, Emanuele Cisi, Maurizio Cuccuini, Furio Di Castri, Monica Fabbrini, Max Giglio, Fabio Gorlier, Sawa Kuninobu, Davide Liberti, Alessandro Maiorino, Luigi Martinale, Roberto Pedroli, Gianpaolo Petrini, Riccardo Ruggieri, Emanuele Sartoris, Felice Reggio, Luigi Tessarollo, Enzo Zirilli. Molti di questi musicisti hanno un grande debito di riconoscenza nei confronti di Ramella, che per primo ne apprezzò e ne sostenne il talento. Tutti si esibiscono a titolo gratuito, il biglietto d'ingresso (10 euro) andrà a coprire parte delle spese organizzative e contribuirà ad istituire una borsa di studio triennale intitolata a Ramella, per studenti meritevoli con basso reddito familiare della Scuola di Jazz del Conservatorio.
È inutile che mi metta anch'io a enumerare, qui, le imprese di Sergio Ramella, i grandi concerti, i grandi festival, i grandi nomi che ha portato a Torino: tanto ci sono tutti, da Miles Davis a Dizzy Gillespie, da Herbie Hancock a Chick Corea, dai Manhattan Transfer a B.B. King, da Dave Brubeck al suo - e mio - prediletto e sventurato Chet Baker. Tanto varrebbe trascrivere qui un'enciclopedia del jazz di fine millennio. Chi c'era c'era, e non può aver dimenticato; e mi dispiace per chi non c'era.
Quanto a me, che devo a Ramella il poco che so di jazz, ma ancor più devo il tesoro prezioso di un'amicizia vera, non ho nulla da aggiungere a ciò che scrivo stamattina sul Corriere: lui è stato, per molti anni felici, la scena jazz a Torino. Ma — quel che più conta — è stato un Uomo. E ancora oggi ringrazio il mio Destino d'avermelo fatto incontrare.
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