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MISSIONE EGITTO: UNA MOSTRA PER NON SPARARE MINCHIATE

"Mettemmo in luce anche una scala che ci condusse a una grande tomba" (Ernesto Schiaparelli, relazione del 19 luglio 1914)
Non fosse che per farla ci son voluti tre anni di ricerche e di lavoro duro, la mostra "Missione Egitto 1903-1920" - visitabile da oggi al 10 settembre al Museo Egizio - sembrerebbe la risposta istantanea e certo migliore agli egittologi del bar sport che or non è guari sono inanemente insorti contro "l'affaire Catania". A tal proposito segnalo che in Comune lo show non è ancora terminato: si replica, sordi ai dati di fatto emersi in Commissione cultura, ancora il 20 marzo, quando sarà discussa in Consiglio la mitica interpellanza "Una parte del Museo Egizio se ne va a Catania?" firmata dall'irriducibile Ricca, mentre in Consiglio regionale l'omologa di Ricca, la più manovriera Gianna Gancia, alla luce delle delucidazioni fornite dalla direzione dell'Egizio ha lestamente ritirato l'epica interpellanza con la quale chiedeva chiarimenti sull'oscuro complotto. 

Chi è lo stratega della strana battaglia?

E' evidente che questi ragazzi e ragazze hanno del buon tempo; ma sono anche ammirevoli per la loro dedizione alla causa. Eppure li considero meglio di come li disegnano: per cui non mi capacito di tanta perseveranza in una battaglia che, sul piano di realtà, non funziona comunque la prendi. 
Mi sfiora di conseguenza il vago sospetto che l'operazione - di pura politica politicante - non sia farina del loro sacco, ma gli sia stata imposta da qualche alto barbapapà tanto disinformato sui fatti quanto ansioso di racimolare consensi alla cidici. In tal caso, mi permetto di esprimere la mia comprensione umana ai bravi soldati, che fanno dolorosamente il loro dovere pur se la guerra è sbagliata. Sono certo in futuro che potranno meglio scatenare le loro energie contro più concrete magagne, magari in ambiti a loro più consoni

La "piemontesità" dell'Egizio

Tuttavia, per quanto in apparenza stravagante, il concetto di "piemontesità" del Museo Egizio assume concretezza e dignità scientifica giustappunto visitando quella mostra che di certo non visiteranno gli egittologi del bar sport.
"Missione Egitto" è infatti una mostra rivelatrice. 
Racconta un momento cruciale e finora poco studiato della storia del nostro Museo: la Missione Archeologica Italiana in Egitto ai primi del Novecento, e la straordinaria avventura dei suoi protagonisti, in primis Ernesto Schiaparelli.
Oggetti, fotografie, documenti, materiali di scavo recuperati dagli archivi e dai depositi (i famosi depositi!) ricostruiscono l'epopea delle pionieristiche spedizioni archeologiche italiane nella Valle del Nilo. Epopea per l'appunto nata a Torino, epperò molto "italiana", in cui s'intrecciano genialità e ottusità burocratiche, grandi visioni e faticosa ricerca di fondi, talento e pezze al culo. 
Potenti mezzi. Le tende della spedizione del 1903 prestate dal Regio Esercito
Mi ha spalancato un mondo - ad esempio - il confronto fra le immagini dell'accampamento degli italiani (miserrime tende ottenute in prestito dal Regio Esercito) e quelle della coeva spedizione americana, che disponeva addirittura di un grande edificio costruito apposta per ospitare archeologi, attrezzature e laboratori. Eppure i nostri Indiana Jones con le pezze al culo spalancarono immensi orizzonti di conoscenza, oltre ad arricchire notevolmente la collezione dell'Egizio.
Vorrei quindi invitare gli archeologi del bar sport e i loro capi e le loro cape a visitare la mostra: così facendo, oltre a smentire l'antico proverbio danese ("C'è gente che gli entra prima in culo che in testa"), imparerebbero davvero qualcosa sulla "piemontesità" dell'Egizio: non con gli strilli, ma scoprendo una storia di intelligenza, di lavoro, di serietà, di fatica. Doti che solitamente si attribuiscono ai piemontesi. 
Va pur detto che in realtà quella che la mostra racconta è una storia nazionale - il biellese Schiaparelli fu com'è logico affiancato e sostenuto da studiosi e collaboratori di ogni regione - ma fino a prova contraria il Piemonte è ancora in Italia, quindi i conti tornano comunque.
Impegno d'onore. Appendino dichiara: "L'amministrazione sta con l'Egizio!"

La missione di un Museo

Siamo seri, adesso. "Missione Egitto" è la seconda mostra temporanea prodotta dall'Egizio, e rappresenta bene quella che è la vera ossessione del direttore Christian Greco: far sì che il Museo non sia soltanto un contenitore di collezioni, ma anche un centro di ricerca, un'istituzione scientifica che studia i materiali, li mette in connessione fra loro, interpreta e trova nuove chiavi e nuove spiegazioni. E presenta al visitatore i risultati di quelle ricerche. "Missione Egitto", prima che una mostra, è infatti uno studio, che finora mancava, su un aspetto importante della storia culturale del nostro Paese. E i risultati non si esauriranno in una mostra, ma resteranno come patrimonio per futuri studi, future ricerche. La scienza, qualsiasi scienza, funziona così.
Affettuosità fra signore. Appendino, Parigi, Christillin

Primedonne in armonia

Ieri, alla presentazione della mostra, questi concetti sono stati detti e ripetuti, fosse mai servisse a illuminare qualche cabezòn. Li hanno spiegati la presidente dell'Egizio Evelina Christillin (by the way, ricordo che Christillin è una pro-pronipote di Schiaparelli: fosse mai che qualcuno volesse piantar giù una bella interpellanza per conflitto d'interessi...) e il direttore Christian Greco; e li ha ribaditi con una certa qual veemenza Chiara Appendino, presente alla conferenza stampa (e già questo significa pur qualcosa) e assai assertiva: "L'amministrazione sta con l'Egizio" scandisce senza giri di parole, per farsi ben intendere da tutti, a cominciare da quelle frange pentastellate di tendenza leghista che hanno aderito alla campagna anti-catanese con entusiasmo degno di miglior causa. 
Tanta solidarietà è tangibile persino nelle piccole affettuosità che si scambiano Appendino e Christillin: ieri le ho viste amiche più che mai. 
Ressa di cronisti attorno a Chiaretta, ma Christillin e Parigi non rosicano
Non le affligge la classica rivalità fra primedonne. Figuratevi che Evelina non dà neppure segni di nervosismo quando, alla fine della presentazione, gli indelicati giornalisti la lasciano in disparte a chiacchierare con l'Antonellina Parigi mentre si lanciano ad assediare Chiaretta con domande e microfoni. 
Mi faccio sotto anch'io, e strappo lo scooppone: Chiaretta mi confida che a fare il sindaco ha già perso quattro chili. Le faccio notare che a me pare un vantaggio, specie post-gravidanza, e lei ipotizza che il dimagrimento sia istituzionalmente connesso con la carica di sindaco di Torino. In effetti, celio io, Fassino prima di cominciare pesava 150 chili... Insomma: dopo tante tempeste l'atmosfera una volta tanto è piacevolmente distesa. Miracoli dell'Egitto misterioso.

Bonus track: il comunicato

Scavatori davanti alla tomba di Kha, scoperta da Schiaparelli nel 1906
Com'è ormai mio costume, vi ricopio qui sotto i passaggi salienti del comunicato dell'Egizio, così da risparmiare a me noiose scritture compilatorie, e a voi faticose ricerche on line:

È nella Torino d’inizio Novecento che comincia il racconto: sono i filmati, gli oggetti e i documenti d’epoca ad accogliere i visitatori per avvolgerli nel contesto storico e culturale in cui matura l’ambizione di portare l’Italia a scavare in Egitto con l’obiettivo di “…largamente contribuire alla storia dell’Egitto e all’incremento del materiale archeologico del Museo Egizio.” (da una lettera di Ernesto Schiaparelli al Ministro della Pubblica Istruzione, 29 aprile 1902).
Per la prima volta sono riuniti insieme documenti d’archivio e materiali fotografici – taluni inediti – che raccontano l’attività della Missione Archeologica Italiana in Egitto nei primi decenni del XX secolo, tra successi, imprevisti e difficoltà. Ne emergono anche i profili di numerosi personaggi, più o meno noti, protagonisti delle ricerche archeologiche del Museo Egizio. Le loro biografie e il loro contributo all’arricchimento delle collezioni sono ripercorsi attraverso l’esposizione di oggetti di lavoro e testimonianze dirette: in questo modo, anche uomini e donne vissuti nel secolo scorso sono studiati al pari dei personaggi antichi.
“Dedicare una mostra temporanea alla Missione Archeologica Italiana (M.A.I.) - dichiara il direttore Christian Greco - e alla figura di Ernesto Schiaparelli che ne fu il fondatore, significa rendere omaggio a uno degli elementi costitutivi dell’identità del Museo Egizio. La costruzione identitaria è un processo complesso in cui è imprescindibile guardare alla propria storia e confrontarsi con essa. Questa esposizione non è dunque un mero approfondimento di un segmento della storia del Museo ma è la sottolineatura di uno degli aspetti che reputiamo fondamentali per la vita dell’Egizio: il lavoro di scavo.”
Le storie dei singoli protagonisti si intrecciano tra loro e tessono una trama narrativa più ampia e articolata che illustra l’epopea delle avventure archeologiche italiane nella Valle del Nilo. Contemporaneamente agli scavi del Museo Egizio, numerose altre missioni operavano nel Mediterraneo Orientale, dove più si concentravano gli interessi – soprattutto politici – italiani: Federico Halbherr scavava in Cirenaica e nei principali siti di Creta (Festòs, Gortina, Hagia Triada), mentre altre indagini erano in corso a Rodi, nel Dodecaneso e in Turchia. I reperti ritrovati durante queste ricerche sono giunti in prestito dal Museo Pigorini di Roma, dove confluivano le testimonianze preistoriche ed etnografiche di provenienza nazionale ed estera.
I problemi a cui i direttori delle missioni dovevano fare fronte – allora come oggi – consistevano nel reperimento di fondi, nell’organizzazione logistica dei trasporti e della permanenza in loco, nell’approvvigionamento di materiali e di rifornimenti, nell’ingaggio dei lavoratori locali. Alle difficoltà delle fasi preparatorie si aggiungevano anche gli imprevisti più diversi, le dure condizioni di vita e di lavoro sul cantiere, i rapporti con le autorità locali e con i colleghi archeologi, tutte situazioni che rendono ancor più suggestiva e meritoria l’opera svolta in quegli anni.

Ernesto Schiaparelli (1856-1928)

Le energie profuse erano dirette a incrementare la ricerca archeologica, lo studio e l’esposizione dei reperti; Schiaparelli si spese in prima persona presso gli Enti governativi e la Casa Reale in cerca di fondi adeguati alle esigenze delle indagini sui siti, riuscì a reperire materiale da campo di qualunque genere per allestire gli alloggi tendati, strumenti per la logistica, mezzi e persone con particolari interessi e competenze che potessero risultare utili alla missione. L’ingente mole di reperti portati in Italia testimonia l’intensa attività di scavo, documentazione, studio e catalogazione svolta sia sul sito sia dopo l’arrivo dei materiali a Torino. 
Scritti e oggetti presenti in esposizione permettono di contestualizzare la complessità delle variabili di cui si doveva tenere conto, considerando anche le condizioni climatiche, geografiche e socio-politiche dell’Egitto dell’epoca.
“Credo che sia molto importante valorizzare il rapporto che lega il Museo Egizio a Torino - dichiara la presidente Evelina Christillin - Il contesto storico generale in cui si colloca l’avventura archeologica del Museo Egizio è ricostruito all’inizio del percorso, inquadrando gli eventi principali nella più ampia cornice politica e culturale dell’inizio del Novecento, quando gli studiosi intrattenevano rapporti professionali e personali con i più eminenti ricercatori italiani e stranieri, mentre le innovazioni tecnologiche iniziavano a condizionare il lavoro e la vita di tutti i giorni. Infatti, in quegli anni Torino si connotava come polo industriale e creativo, brulicante di movimento e fiducia nel progresso.”
L’esposizione mira a sottolineare la centralità della ricerca nella valorizzazione della collezione, basata sulla lettura contestuale di oggetti e materiali d’archivio, che sono anche rivelatori del profondo legame fra politica e archeologia esistente in quegli anni. Contenuti multimediali, mappe, fotografie di grande formato, ricostruzioni di ambienti fisici e virtuali regalano al pubblico un’esperienza immersiva e coinvolgente.
Per arricchire l’esperienza di visita, il Museo Egizio ha collaborato con la Scuola Holden per lo storytelling della mostra. Tramite l’audioguida, si affidano idealmente al visitatore la colonna sonora e i dialoghi di un film, le cui immagini sono create dagli oggetti in mostra. Ed è proprio Ernesto Schiaparelli ad accompagnare il pubblico in questo viaggio, che parte dal suo ufficio di Torino per arrivare in Egitto attraverso una narrazione appassionata, scritta da Alessandro Avataneo e interpretata dall’attore Gianluca Ferrato.
"Missione Egitto 1903-1920" pone al centro la ricerca sul materiale d’archivio, luogo in un cui un museo contemporaneo deve “scavare” per illuminare e ampliare la prospettiva sulle proprie collezioni museali. In questo modo non solo la cultura materiale, ma anche la metastoria e la ricezione dell’antico diventano campi fondamentali di indagine.

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