Nell'ora più buia del Salone del Libro - beh, la più buia di quest'anno, perché di ore buie al Salone del Libro se ne sono viste astrafottere... - torna a farsi sentire il gruppo dei principali fornitori (e creditori) dell'ex Fondazione per il Libro che lo scorso giugno si sono fatti avanti per acquistare il marchio (qui trovate la loro proposta). Pubblico la loro lettera; amarissima, intelligente e del tutto condivisibile.
Assistiamo attoniti in questi giorni a un susseguirsi incessante di notizie che riguardano direttamente e indirettamente il futuro del Salone del Libro. Di fronte a questo flusso di comunicazione talvolta confuso, come fornitori della manifestazione interessati sia al passato che al futuro del Salone, ci preme intervenire su 3 punti che riteniamo fondamentali:
Assistiamo attoniti in questi giorni a un susseguirsi incessante di notizie che riguardano direttamente e indirettamente il futuro del Salone del Libro. Di fronte a questo flusso di comunicazione talvolta confuso, come fornitori della manifestazione interessati sia al passato che al futuro del Salone, ci preme intervenire su 3 punti che riteniamo fondamentali:
1. Il futuro del Salone del libro è strettamente legato con il passato del Salone del libro. C'è una liquidazione in corso e speculare sul futuro della manifestazione significa in una certa misura giocare con i soldi dovuti alle nostre aziende, e di conseguenza giocare con le nostre vite, le nostre famiglie e le famiglie di tutti i nostri collaboratori. Le istituzioni di questo territorio socie della Fondazione per il Libro sono riuscite ad accumulare circa 10.753.000 di debiti, di cui 7.033.000 € con aziende o persone piemontesi (Banche ed altri Enti Pubblici esclusi).
Ogni ipotesi che veda realizzata una New Company (nuova o già esistente) contrapposta a una Bad Company andrebbe a gravare sulle nostre spalle. Ci sconvolge verificare nei fatti l'assoluta mancanza di etica da parte di istituzioni pubbliche che dovrebbero agire come e più dei cittadini con senso di responsabilità ed equità.
L'unica via onesta per tornare in possesso del marchio del Salone da parte delle istituzioni è la copertura per intero del buco che hanno creato nella gestione della Fondazione in liquidazione.
Ad aumentare il nostro sconforto contribuisce anche la constatazione che, a fronte della dichiarata impossibilità di ripianare i debiti pregressi per motivi legali, nel momento in cui si presenta l'occasione di incrementare le risorse del liquidatore, come per esempio nel caso dell’affitto del marchio di Portici di Carta, vengono offerti soli 5.000 € (base d’asta). (E questa è grossa davvero: il Comune pur di utilizzare il nome di "Portici di Carta" paga un "affitto" al liquidatore, ma se la cava con una cifra che è un insulto a tanti lavoratori e imprenditori che da anni attendono di essere pagati. E per farsi bello non lo dice nemmeno, e nel comunicato glissa sul particolare: non fa fine parlare di soldi. NdG).
E non arriviamo neppure a commentare l’idea di promuovere un Salone del Libro con un nome diverso, qualora il marchio non riuscisse a tornare in mano pubblica. Sarebbe una truffa palese e sfrontata.
2. Abbiamo appreso dagli organi di informazione di una presunta disponibilità, da parte di alcune fondazioni di origine bancaria di questo territorio, di partecipare all'asta per rilevare il marchio del Salone. Sono mesi che stiamo lavorando e abbiamo steso un business plan credibile, per mettere in sicurezza la manifestazione dal punto di vista economico, utilizzando il know how che è in mano alle nostre aziende.
Chiediamo ufficialmente a queste fondazioni la possibilità di illustrare il lavoro preparatorio che abbiamo completato per valutare insieme la possibilità di mettere a sistema tutte le risorse possibili e costruire un'offerta che permetta al Salone di rimanere a Torino, in mani torinesi e non si corra il rischio di perderlo in favore di enti fieristici di altre città.
3. È ormai evidente che gli enti pubblici non sono più in grado di gestire il Salone (e questo è chiaro a chiunque, tranne che ai diretti interessati, NdG). Non possono farlo direttamente, e neppure possono farlo i loro enti strumentali. Non hanno la possibilità di gestire una fiera complessa con le logiche e l'agilità del privato. E non possono competere dal punto di vista commerciale. Lo dimostra il fatto che per assumere poche persone con un know how specifico e costruito negli anni, si prefigurano per legge bandi difficilmente gestibili con criteri oggettivi. Valori come la continuità, la conoscenza specifica dei processi e dei metodi di lavoro necessari per portare avanti un evento come il Salone, non sono criteri oggettivi, ma sono la ricchezza e il valore delle persone che con il loro lavoro hanno permesso al Salone il successo di tutti questi anni.
I fornitori del Salone del Libro
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