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LE BELLE TRADIZIONI TORINESI: ANCHE QUEST'AUTUNNO IL SALONE RISCHIA ILNAUFRAGIO

Insieme per la prima e ultima volta: Maurizia Rebola e Massimo Bray nella loro
unica apparizione ufficiale come direttrice e presidente del Circolo dei Lettori
lo scorso 4 settembre per la conferenza di presentazione di Torino Spiritualità
Stavo giusto in pensiero. No, voglio dire: non mi capacitavo che avessimo trascorso un'intera estate senza il consueto tentativo di liberarci del Salone del Libro. 
Proprio ieri pomeriggio mi chiedevo quando sarebbe scoppiata la solita buriana. Ero lì che scrivevo il primo compitino della rentrée, un articolo per il Corriere nel quale mi occupo di un altro classicone torinese: il buco permanente nei conti del Regio (potete leggerlo qui). E intanto mi domandavo: e il Salone? Che è un po' come "e i marò?", però non passa mai di moda. E zàcchete, ecco che arriva la notizia delle dimissioni di Bray.

Da che cosa si dimette Bray

Per quanto i giornali stamattina parlino quasi tutti di "dimissioni dalla presidenza del Salone del Libro", noi sappiamo bene che Massimo Bray si dimette dalla presidenza del Circolo dei Lettori, alla quale era stato nominato il 30 luglio scorso. Non si dimette dalla presidenza del Salone per il semplice motivo che non c'è nessun Salone dalla cui presidenza dimettersi. 
Bray ha presieduto la Fondazione per il Libro che organizzava il Salone da aprile a dicembre dell'anno scorso, finché tale Fondazione non è andata in liquidazione; ed era stato nominato presidente del Circolo dei Lettori poco più di un mese fa (al posto di Luca Beatrice) perché il Circolo dei Lettori è l'ente incaricato di organizzare quello che nei documenti ufficiali adesso viene definito "l'annuale appuntamento con l'editoria italiana e internazionale". Un "annuale appuntamento" che si chiamava "Salone del Libro", e che si potrà ancora chiamare così se e quando il Circolo dei Lettori, o qualche benefattore interessato, o gli enti pubblici, o le Fondazioni bancarie, acquisteranno il marchio attualmente proprietà del liquidatore della defunta Fondazione per il Libro e ne autorizzeranno l'uso da parte del sullodato "annuale appuntamento con l'editoria italiana e internazionale". 
Il marchio "Salone del Libro" deve essere venduto all'asta (chissà quando...) con tutti gli altri beni della Fondazione per recuperare i soldi necessari a pagare i creditori. E solo chi lo acquisterà lo potrà usare.

Perché si dimette Bray

Ciò precisato, torniamo a Massimo Bray e alle sue dimissioni. Ieri Comune e Regione hanno confermato le voci che giravano da qualche giorno. Mi sono parsi piuttosto spiazzati, con quelle dichiarazioni che dicono e non dicono ("garantire una soluzione adeguata alla sfida che il Salone del libro deve affrontare, senza interruzioni di sorta e senza pregiudicare in alcun modo l’attività che il Circolo sta già svolgendo per preparare la nuova edizione") e sono propenso a credere che davvero non se l'aspettassero. 
La settimana scorsa avevo fatto un salto in città, alla presentazione di Torino Spiritualità, solo per vedere Bray in azione per la prima volta come presidente del Circolo, e m'era sembrato piuttosto sottotono, insolitamente poco loquace; aveva anche buttato lì un'allusione sulla durata del suo incarico ("non sarà per molto") che poteva significare tutto e niente.
Adesso per spiegare le dimissioni Comune e Regione parlano di "motivi strettamente personali", e alcuni giornalisti - vagamente menagramo - si spingono a ipotizzare "ragioni di salute". Spero proprio di no. Per il bene che voglio a Bray e per il bene che voglio alla logica preferisco credere che Bray - che adesso, in qualità di presidente del Circolo, avrebbe pur dovuto cominciare a firmare qualche documento... - ci abbia riflettuto un po', arrivando all'inevitabile domanda delle cento pistole: "Ma chi me lo fa fare? Con quel che ti capita a Torino, fossi matto che firmo qualcosa. Ma neanche un biglietto d'auguri. E me la filo finché sono in  tempo".
Non me la sento di dargli torto.
Insomma: il Salone non è mai stata una gita di piacere, ma adesso siamo arrivati al "sempre più difficile, quasi impossibile". La situazione è la seguente: c'è un direttore del Salone, Nicola Lagioia, ancora senza contratto, che tenta di organizzare un Salone (che però potrebbe non chiamarsi "Salone", se il marchio non sarà disponibile) lavorando con una squadra di ex dipendenti della Fondazione sparpagliati fra Circolo dei Lettori e Fondazione Cultura, con contratti a termine che scadranno a fine mese e con la prospettiva di restare a spasso. Alcuni di essi dovrebbero venire assunti al Circolo dei Lettori tramite un bando che non si sa quando si farà, dato che adesso il Circolo è pure senza presidente e con un CdA dimissionario, e non si sa bene chi potrebbe firmare il bando per le assunzioni; e - aggiungo - non è comunque detto che verrebbero assunti proprio gli ex dipendenti della Fondazione per il Libro, trattandosi di un bando pubblico e aperto a tutti. 
Per completare il quadro, vi dirò che negli ultimi tempi mi è capitato di parlare con alcuni di quei "dipendenti senza casa", e ne ho ricavato l'impressione che il lavoro per il Salone vada piuttosto a rilento.
Aggiungo una considerazione personale. Non so quanto Bray fosse felice di fare il presidente del Circolo dei Lettori: ufficialmente tantissimo, ma già in occasione dello scorso Salone del Libro la collaborazione s'era rivelata, come dire?, un po' complessa. A dire il vero, storicamente tra Circolo e Salone i rapporti sono sempre stati difficili. E in ogni caso Bray sta a Roma, e ci lavora, e fare il presidente a Torino non rientra fra le sue priorità.

La tempesta sul Circolo

A tutto questo si somma - guarda caso proprio alla vigilia delle dimissioni di Bray - il merdone degli accertamenti sui conti del Circolo che la magistratura starebbe conducendo da alcuni mesi. Non sono un cronista di giudiziaria, non ho esperienza di procure, e quindi non mi permetto di sdottoreggiare su temi che non padroneggio: sto a ciò che leggo sul Corriere di Torino. Time will tell. Di sicuro, comunque si chiuda la vicenda, è un brutto colpo per il Circolo, e di riflesso per il Salone del Libro che adesso è di competenza del Circolo.
Intanto vi ricordo che, proprio come conseguenza dell'affidamento del Salone del Libro al Circolo dei Lettori, il Comune ha deciso di entrare nella Fondazione del Circolo, che finora aveva come socio unico la Regione. La nomina alla presidenza di Bray (vicino a cinquestelle) rientrava anche nella logica della "balance of powers", dato che l'attuale direttrice Maurizia Rebola viene considerata d'area pd.
Adesso le dimissioni di Bray e l'indagine giudiziaria, insieme, potrebbero generare (a Torino non ci facciamo mancare niente) una reazione a catena con conseguenze difficili da valutare. Io un'idea me la sono fatta, ma io sono un malpensante. 

Niente è facile, tutto si complica, sempre più difficile

Riassumo ancora una volta, per vostra comodità. La situazione è la seguente: un direttore, Nicola Lagioia, senza un contratto firmato (e senza nessuno che glielo possa firmare perché glielo dovrebbe firmare, a lume di naso, il presidente del Circolo dei Lettori) tenta di costruire un Salone del Libro (che però ad oggi non si può chiamare Salone del Libro) con una squadra di "dipendenti a termine" a rischio disoccupazione; e questo su incarico (non formalizzato) di una Fondazione (il Circolo dei Lettori) sotto tiro, senza presidente e con un CdA da rinnovare.
Avevano più possibilità i Seicento a Balaklava.
Aggiungo, per completare il quadro della dissoluzione, un particolare sfuggito ai più: fra un mese si terrà Portici di Carta, la kermesse libraria tradizionalmente organizzata dalla Fondazione per il Libro (e cioé dal Salone). La manifestazione anche quest'anno si chiamerà così perché il liquidatore della Fondazione per il Libro ha autorizzato l'uso temporaneo del marchio depositato "Portici di Carta", che rientra anch'esso nel patrimonio della Fondazione destinato alla vendita all'asta. Orbene: Portici di Carta 2018 non verrà organizzato dal Circolo dei Lettori (che organizza soltanto il Salone) bensì dalla Fondazione Cultura. Sembra un dettaglio ininfluente: ma a voi non vien da pensare al classico "perdere i pezzi per strada"?

Cercando disperatamente un santo, un eroe o uno scriteriato

E bom: ogni giorno ha la sua pena, e la pena del giorno è trovare un nuovo presidente per il Circolo dei Lettori, e nominare pure un nuovo CdA, perché senza presidente si fermano gli adempimenti - a cominciare dai bandi - indispensabili se vogliamo almeno tentare di portare a casa il Salone del Libro nel 2019.
Ieri una stremata Parigi dichiarava: "Faremo prima possibile l’avviso di nomina del nuovo presidente. Ci vuole un consiglio di amministrazione e ci stiamo lavorando. Non ci saranno ritardi troppo gravi". Vasto e ambizioso programma. Resta da vedere intanto quando riusciranno a fare il nuovo CdA, e a perfezionare l'ingresso del Comune nella Fondazione con l'indicazione del relativo rappresentante. Ci vuole tempo per gli adempimenti di legge. Tanto tempo. C'è da firmare il protocollo d'intesa tra Regione, Comune e Circolo; e non so chi firmerebbe per il Circolo, mancando il presidente. E poi tocca cambiare pure lo Statuto. La va ad essere lunga. 
Ma soprattutto mi domando chi risponderà all'avviso di nomina per il presidente. Sui giornali di stamattina gli immancabili toto-presidente non si spingono oltre la citazione dei soliti padri nobili che furono già in predicato per la successione di Picchioni e poi di Milella al Salone. In questa città può capitare la qualunque, però mi sembra eccessivo molestare anziani galantuomini per trascinarli in simili canai. Quella non è una poltrona, è una bomba a orologeria. Chi si prenderebbe un tale rischio? Soltanto un santo, un eroe o uno scriteriato. Purtroppo, come ci insegna Vasco Rossii, santi ed eroi in questo Paese li abbiamo finiti. In compenso non ci mancano gli scriteriati.

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