C'è un innegabile vantaggio a girarsi Artissima in compagnia di Patrizia Sandretto. Non mi riferisco soltanto al fatto che ti accompagni a una bella ed elegante signora e ciò è senz'altro meglio che girare da soli o in cattiva compagnia; e neppure al fatto che visitare Artissima con Patrizia Sandretto è come visitare il Vaticano in compagnia del Papa.
Ok, anche quello. Se giri Artissima con una delle personalità più riconosciute e influenti dell'arte contemporanea è chiaro che ognuno dei galleristi in fiera ti stenderà i tappeti rossi (ok, li stendono a lei, ma tu vai a rimorchio e non è niente male) e beneficerai anche tu di una dettagliata spiegazione su ogni artista e singola opera che vorrai farti spiegare. E poi Patrizietta conosce vita morte e miracoli di qualsiasi artista e gallerista dell'orbe terracqueo; sicché le tre ore di passeggiata ad Artissima in sua compagnia mi hanno fatto capire sul serio molte cose sull'arte contemporanea, per la prima volta in venticinque anni che frequento Artissima senza capirne granché.
Ho capito soprattutto che quelli come me, che non capiscono un tubo di arte contemporanea, non sono senza speranza se trovano chi gliela spiega.
O meglio: per saperlo, già lo sapevo; o almeno l'avevo intuito. Ma ieri ne ho avuto la conferma sul campo. E consiglio anche a voi di approfittare dell'occasione di Artissima per liberarvi dei pregiudizi sull'arte contemporanea.
I galleristi ad Artissima sono in genere piuttosto amichevoli e orgogliosi delle opere che hanno portato in fiera e dunque - se proprio non sono indaffarati con gente seria che compra - sono disposti a spiegartele anche se non ti chiami Patrizia Sandretto e persino se non ti presenti in compagnia di Patrizia Sandretto. Magari non tutti ti offriranno i deliziosi dolcetti di marzapane che ci ha offerto il gallerista Francesco Pantaleone di Palermo; però una spiegazione te la offrono volentieri, e non importa se ti si legge in faccia che tu ci campi sei mesi con i soldi che chiedono per quella che all'apparenza è una scatola di cartone abbandonata in un angolo dall'impresa dei traslochi; ma dopo che te l'hanno spiegata sai che è un'opera d'arte con un suo significato logico, e anche se non potresti (né vorresti) comprarla hai la tua bella soddisfazione ad averla capita.
Ad ogni modo, se vi va chiedete pure i prezzi: è un'esperienza inebriante. Patrizia li chiede perché poi può darsi che comperi. Ma anche un nullatenente come me può vivere un istante da grande collezionista, se ha la faccia da poker: è fantastico sentirsi rispondere "quelle grandi sessantamila euro, le piccole ventimila" e mettere su l'espressione seria delle grandi occasioni, come uno che sta valutando. Se volete strafare, aggiungete pure un "ci penserò, grazie".
Insomma: ieri mi sono girato Artissima con la mia amica Patrizietta e alla fine mi sentivo molto soddisfatto della visita e dei miei progressi nell'affascinante mondo dell'arte contemporanea.
Pure Patrizia era soddisfatta: Artissima quest'anno le piace molto, "è piena di energia positiva" mi ha detto e l'espressione mi ha colpito perché di 'sti tempi a Torino capita raramente di sentirla. Persino i galleristi avevano facce positive: hanno cominciato a vendere già il primo giorno, il che pare non sia consueto in una fiera d'arte.
Siamo poi andati, Patrizia ed io, al taglio della torta per il venticinquesimo compleanno di Artissima, con tutti i barbapapà schierati. La festicciola mi ha ricordato il taglio della torta in chiusura del Salone del Libro, e non mi è sembrato un fausto presagio.
Tra i barbapapà schierati c'era persino il Chiampa, eccezionalmente trascinato a un evento cultural-mondano dalla Parigi; ma credo che alla fin fine Artissima gli sia stata d'ispirazione, a giudicare dalla fotografia qui a fianco che lo ritrae con un'opera di Lucia Marcucci del 1972.
Come sempre accade ai tagli delle torte, vari barbapapà hanno fatto un discorsetto, perlopiù molto generico. Invece Fulvio Gianaria, il presidente della Fondazione Crt per l'Arte Contemporanea, s'è concesso una notazione di buon senso, affermando che ok, Artissima è diventata forte e importante, però anche le cose forti e importanti possono deperire "se non c'è attorno un clima di apertura, accessibilità e amicizia con le città vicine: non si può restare chiusi nei villaggi". Ho rivisto Gianaria in serata alle Ogr, e mi ha domandato se ritenessi così incendiaria quella frase: pare che alcuni l'abbiano considerata tale. Gli ho risposto che no, la frase non mi pare incendiaria: ma oggi come oggi a Torino è incendiario il buon senso.
Alle Ogr, ieri sera, ho messo in pratica quanto imparato ad Artissima al mattino: mi sono fatto spiegare dal curatore l'installazione di Mike Nelson "L'atteso". In apparenza è un parcheggio abbandonato, una distesa di calcinacci piena di vecchie auto, che occupa l'intera navata del Binario 1. Dentro le auto ci sono oggetti vari che raccontano le vite dei presumibili proprietari. Il gioco, se ho capito bene, è immaginare quelle vite; e anche scegliere l'auto - ovvero la vita - che più ci piace. Una volta che te l'hanno spiegato, funziona. Alla fine ho scelto una vecchia Porsche colma di reperti anni Ottanta piuttosto tamarri. Temo che l'arte riveli aspetti di noi che preferiremmo restassero ignoti.
Ieri sera le Ogr era il cuore della festa mobile dell'arte contemporanea: dopo le inaugurazioni, partiva Club to Club. Però le tre ore di marcia forzata al fianco dell'inasauribile Patrizietta mi avevano sfiancato. Me ne sono tornato a casa con qualche linea di febbre e mi sono addormentato davanti alla tivù prima ancora che cominciasse "Il prigioniero di Azkaban". Oggi piove, e me ne starò tappato. Per un giorno l'arte contemporanea può fare a meno di me.
Ok, anche quello. Se giri Artissima con una delle personalità più riconosciute e influenti dell'arte contemporanea è chiaro che ognuno dei galleristi in fiera ti stenderà i tappeti rossi (ok, li stendono a lei, ma tu vai a rimorchio e non è niente male) e beneficerai anche tu di una dettagliata spiegazione su ogni artista e singola opera che vorrai farti spiegare. E poi Patrizietta conosce vita morte e miracoli di qualsiasi artista e gallerista dell'orbe terracqueo; sicché le tre ore di passeggiata ad Artissima in sua compagnia mi hanno fatto capire sul serio molte cose sull'arte contemporanea, per la prima volta in venticinque anni che frequento Artissima senza capirne granché.
Patrizia Sandretto con il gallerista torinese Guido Costa ad Artissima |
O meglio: per saperlo, già lo sapevo; o almeno l'avevo intuito. Ma ieri ne ho avuto la conferma sul campo. E consiglio anche a voi di approfittare dell'occasione di Artissima per liberarvi dei pregiudizi sull'arte contemporanea.
I galleristi ad Artissima sono in genere piuttosto amichevoli e orgogliosi delle opere che hanno portato in fiera e dunque - se proprio non sono indaffarati con gente seria che compra - sono disposti a spiegartele anche se non ti chiami Patrizia Sandretto e persino se non ti presenti in compagnia di Patrizia Sandretto. Magari non tutti ti offriranno i deliziosi dolcetti di marzapane che ci ha offerto il gallerista Francesco Pantaleone di Palermo; però una spiegazione te la offrono volentieri, e non importa se ti si legge in faccia che tu ci campi sei mesi con i soldi che chiedono per quella che all'apparenza è una scatola di cartone abbandonata in un angolo dall'impresa dei traslochi; ma dopo che te l'hanno spiegata sai che è un'opera d'arte con un suo significato logico, e anche se non potresti (né vorresti) comprarla hai la tua bella soddisfazione ad averla capita.
Ad ogni modo, se vi va chiedete pure i prezzi: è un'esperienza inebriante. Patrizia li chiede perché poi può darsi che comperi. Ma anche un nullatenente come me può vivere un istante da grande collezionista, se ha la faccia da poker: è fantastico sentirsi rispondere "quelle grandi sessantamila euro, le piccole ventimila" e mettere su l'espressione seria delle grandi occasioni, come uno che sta valutando. Se volete strafare, aggiungete pure un "ci penserò, grazie".
Insomma: ieri mi sono girato Artissima con la mia amica Patrizietta e alla fine mi sentivo molto soddisfatto della visita e dei miei progressi nell'affascinante mondo dell'arte contemporanea.
Pure Patrizia era soddisfatta: Artissima quest'anno le piace molto, "è piena di energia positiva" mi ha detto e l'espressione mi ha colpito perché di 'sti tempi a Torino capita raramente di sentirla. Persino i galleristi avevano facce positive: hanno cominciato a vendere già il primo giorno, il che pare non sia consueto in una fiera d'arte.
Il Chiampa e la sua opera d'arte di riferimento |
Tra i barbapapà schierati c'era persino il Chiampa, eccezionalmente trascinato a un evento cultural-mondano dalla Parigi; ma credo che alla fin fine Artissima gli sia stata d'ispirazione, a giudicare dalla fotografia qui a fianco che lo ritrae con un'opera di Lucia Marcucci del 1972.
Come sempre accade ai tagli delle torte, vari barbapapà hanno fatto un discorsetto, perlopiù molto generico. Invece Fulvio Gianaria, il presidente della Fondazione Crt per l'Arte Contemporanea, s'è concesso una notazione di buon senso, affermando che ok, Artissima è diventata forte e importante, però anche le cose forti e importanti possono deperire "se non c'è attorno un clima di apertura, accessibilità e amicizia con le città vicine: non si può restare chiusi nei villaggi". Ho rivisto Gianaria in serata alle Ogr, e mi ha domandato se ritenessi così incendiaria quella frase: pare che alcuni l'abbiano considerata tale. Gli ho risposto che no, la frase non mi pare incendiaria: ma oggi come oggi a Torino è incendiario il buon senso.
Alle Ogr, ieri sera, ho messo in pratica quanto imparato ad Artissima al mattino: mi sono fatto spiegare dal curatore l'installazione di Mike Nelson "L'atteso". In apparenza è un parcheggio abbandonato, una distesa di calcinacci piena di vecchie auto, che occupa l'intera navata del Binario 1. Dentro le auto ci sono oggetti vari che raccontano le vite dei presumibili proprietari. Il gioco, se ho capito bene, è immaginare quelle vite; e anche scegliere l'auto - ovvero la vita - che più ci piace. Una volta che te l'hanno spiegato, funziona. Alla fine ho scelto una vecchia Porsche colma di reperti anni Ottanta piuttosto tamarri. Temo che l'arte riveli aspetti di noi che preferiremmo restassero ignoti.
Ieri sera le Ogr era il cuore della festa mobile dell'arte contemporanea: dopo le inaugurazioni, partiva Club to Club. Però le tre ore di marcia forzata al fianco dell'inasauribile Patrizietta mi avevano sfiancato. Me ne sono tornato a casa con qualche linea di febbre e mi sono addormentato davanti alla tivù prima ancora che cominciasse "Il prigioniero di Azkaban". Oggi piove, e me ne starò tappato. Per un giorno l'arte contemporanea può fare a meno di me.
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