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COME CI RIPRENDEMMO GIANMARIA TESTA

Gianmaria Testa fotografato alle Ogr prima del concerto del 3 luglio scorso
Oggi è il mio personale Gianmaria Testa Day. Alle 17,30 facciamo insieme una videochat per La Stampa Web www.lastampa.it e alle 21 siamo al Circolo dei Lettori (via Gianbattista Bogino 9, www.circololettori.it) per presentare il suo nuovo disco, un doppio live che si intitola "Men at Work", registrato durante il tour in Germania. In più, il cofanetto contiene il dvd dello spettacolo che Testa ha tenuto il 3 luglio scorso ai Cantieri Ogr di Torino (www.ogr-crt.it e video di "Le traiettorie delle mongolfiere" nel mio post http://gabosutorino.blogspot.it/2013/10/gian-maria-testa-appuntamento-torino.html). Nei suoi concerti in Germania Testa canta anche "Al mercato di Porta Palazzo" e "La ca sla colin-a", e mi diverte molto l'idea dei tedeschi che ascoltano le storie di Porta Palazzo, e ancora più che sentono una canzone in piemontese e chissà che lingua pensano sia. In linea di principio, mi diverte l'idea dei tedeschi che applaudono - da spellarsi le mani - Gianmaria Testa. E' andata così, a Gianmaria: all'estero si sono accorti di lui prima degli italiani, e ancora adesso è uno dei nostri pochi cantanti formato europeo. Mi ricordo come ci siamo conosciuti: era all'inizio del 1996, io ero in vacanza a Parigi e leggo su "Pariscope" che all'Olympia c'era il concerto di Gianmaria Testa. Ne parlavano come di un evento. Allora l'Olympia era il massimo, per chi suonava a Parigi. Qualcuno - non rammento chi - mi aveva già parlato di questo ferroviere di Cuneo che in Francia consideravano un grande cantautore. Da noi non se lo filava nessuno. Mi dico che è il caso di approfondire la faccenda, già che sono lì, e mi procuro i biglietti per il concerto. Per il rotto della cuffia. Era quasi sold out. La serata fu fantastica. L'Olympia traboccava di francesi, mica di italiani espatriati. Trovai pure un francese che cercò di convincermi che Cuneo è in Francia. Gli risposi che in realtà Platini era italiano, e restammo entrambi della nostra idea. Anche se converrete che, oggettivamente, avevo più ragione io.
La mattina dopo chiamo questo Testa, che stava a Parigi dalla sua impresaria, e ci diamo appuntamento in un bistrot del Marais. Parliamo per due ore, bevendo vino francese, e ci salutiamo da buoni compagnoni. Tornato in albergo scrivo un lungo pezzo per La Stampa. A Torino, in redazione, ne fanno una paginata. L'indomani in Italia scoprono che esiste Gianmaria Testa. Verso mezzogiorno mi chiama un tizio dalle redazione del "Fatto" (non quello di Travaglio, che non esisteva ancora, bensì il programma di Enzo Biagi, che poi Berlusconi silurò con il famigerato "editto bulgaro"). Il tizio mi dice che Biagi voleva ad ogni costo Testa in trasmissione, e se potevo aiutarli a rintracciarlo. Li aiutai a rintracciarlo. Testa andò al "Fatto" e insomma, è andata così che gli italiani si sono ripresi Gianmaria Testa. I francesi, quando gliela racconto, ancora s'incazzano.

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