Il convegno di domani mattina al Regio ha un titolo bello e beneaugurante: "Torino. Un aeroporto per una città aperta al mondo". Sottotilo: "La trasformazione della città e del suo territorio, le nuove vocazioni imprenditoriali, innovative, culturali, turistiche, e le sfide dei prossimi anni".
Ampio e ambizioso programma, insomma.
Ci saranno tutti, al convegno: dal rettore dell'Università Ajani a Chiamparino, dal direttore del Museo del Cinema Barbera a Fassino, da Carlin Petrini a Francesco Profumo, da Evelina Christillin a Paolo Damilano, imprenditore e presidente di Film Commission, a Guido Martinetti fondatore di Grom, e ancora il rettore del Poli Marco Gilli, Massimo Lapucci di Fondazione Crt, il direttore dell'Unione industriale Giuseppe Gherzi, il sovrintendente del Regio Walter Vergnano, e ancora ce ne sono. Per farvela breve, è la più vasta adunata di imprenditori, politici, banchieri, vertici culturali e alti papaveri assortiti che si ricordi in epoche recenti.
Guardo l'invito, e penso: finalmente si pensa al domani. Logico, rifletto: il Piano Aeroporti del ministro Lupi ha indicato Levaldigi come scalo di interesse internazionale per il Nord Ovest, e Torino si attrezza per adeguarsi. Di certo si discuterà di collegamenti: gli 80 chilometri fra Torino e Levaldigi sono tanti rispetto ai 25 che separano il centro di Parigi dallo Charles De Gaulle, o Londra da Heathrow. Ma che sarà mai? Tanto, i torinesi sono abituati da una vita a sciropparsi i 135 chilometri che ci separano da Malpensa, per volare nel mondo: Levaldigi è più comodo, ci risparmiamo la bellezza di 55 chilometri. E un buon sistema di navette (buono, però!) potrebbe risolvere il problema. E poi via, verso l'Europa e oltre.
Questo pensavo, contemplando l'invito. Finché non ho notato che l'incontro al Regio è promosso dai vertici della Sagat. Ovvero la società che gestisce - beh... - l'aeroporto di Caselle.
Caselle chi?
Non avevo capito nulla. A mia giustificazione, devo sottolineare che da nessuna parte, nell'invito al convegno, compare la parola "Caselle". Immagino sia una scelta di pudicizia.
Quindi, mi correggo: domattina al Regio discetterà sull'ennesima "perdita" di Torino. Come dicono i vecchi torinesi, ci siamo fatti portare via la moda, il cinema, la televisione... Però Caselle no. L'aeroporto di Caselle ce lo siamo perso da soli.
Ampio e ambizioso programma, insomma.
Ci saranno tutti, al convegno: dal rettore dell'Università Ajani a Chiamparino, dal direttore del Museo del Cinema Barbera a Fassino, da Carlin Petrini a Francesco Profumo, da Evelina Christillin a Paolo Damilano, imprenditore e presidente di Film Commission, a Guido Martinetti fondatore di Grom, e ancora il rettore del Poli Marco Gilli, Massimo Lapucci di Fondazione Crt, il direttore dell'Unione industriale Giuseppe Gherzi, il sovrintendente del Regio Walter Vergnano, e ancora ce ne sono. Per farvela breve, è la più vasta adunata di imprenditori, politici, banchieri, vertici culturali e alti papaveri assortiti che si ricordi in epoche recenti.
Guardo l'invito, e penso: finalmente si pensa al domani. Logico, rifletto: il Piano Aeroporti del ministro Lupi ha indicato Levaldigi come scalo di interesse internazionale per il Nord Ovest, e Torino si attrezza per adeguarsi. Di certo si discuterà di collegamenti: gli 80 chilometri fra Torino e Levaldigi sono tanti rispetto ai 25 che separano il centro di Parigi dallo Charles De Gaulle, o Londra da Heathrow. Ma che sarà mai? Tanto, i torinesi sono abituati da una vita a sciropparsi i 135 chilometri che ci separano da Malpensa, per volare nel mondo: Levaldigi è più comodo, ci risparmiamo la bellezza di 55 chilometri. E un buon sistema di navette (buono, però!) potrebbe risolvere il problema. E poi via, verso l'Europa e oltre.
Questo pensavo, contemplando l'invito. Finché non ho notato che l'incontro al Regio è promosso dai vertici della Sagat. Ovvero la società che gestisce - beh... - l'aeroporto di Caselle.
Caselle chi?
Non avevo capito nulla. A mia giustificazione, devo sottolineare che da nessuna parte, nell'invito al convegno, compare la parola "Caselle". Immagino sia una scelta di pudicizia.
Quindi, mi correggo: domattina al Regio discetterà sull'ennesima "perdita" di Torino. Come dicono i vecchi torinesi, ci siamo fatti portare via la moda, il cinema, la televisione... Però Caselle no. L'aeroporto di Caselle ce lo siamo perso da soli.
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