La Stampa: "Nosiglia vuole Palazzo Chiablese". Ma in realtà è pronto a trattare |
E non soltanto perché è una giornata di sole.
E' una splendida giornata perché forse il buon senso, una volta tanto, prevale. Forse scamperemo l'ennesima minchiata.
Ieri sera un amico del Consiglio comunale, uno dei pochi che si è preso a cuore la vicenda dell'opposizione del vescovo alla mostra di Tamara de Lempicka, mi ha annunciato che - a Dio piacendo - Nosiglia ha capito che la cosa stava prendendo una brutta piega, e ha deciso di cercare una ricomposizione. L'exit strategy vescovile che mi hanno anticipato ieri la ritrovo stamattina sui giornali, che si occupano finalmente della questione - calda calda da parecchi giorni - per riportare la versione di Nosiglia: ovvero che è stato un equivoco, che non c'è nessuna intenzione censoria, e che la Curia vorrebbe i locali di Palazzo Chiablese semplicemente per piazzarci, come nel 2011, i confessionali per i pellegrini (ve l'avevo preannunciato, no?).
A questo punto il seguito è scritto, se un barlume intelligenza ancora illumina questa sventurata città. La richiesta vescovile perde la sua connotazione ideologica, e i rappresentanti dello Stato avranno buon gioco a respingerla con cortesia, nel caso trovando altri spazi per i confessionali. E tutti salveranno la faccia. Tanto più che è Nosiglia stesso, nella sua dichiarazione alla cronista de La Stampa Maria Teresa Martinengo, a suggerire la via d'uscita: "Se non avremo i locali di Palazzo Chiablese - dice - dovremo allestire un gazebo nella piazza". Come nel 2000, quando Palazzo Chiablese non era agibile. Perfetto, direi: gazebo più, gazebo meno... Tanto dei gazebo in piazza non ci libereremo mai. Mi sembra un'ottima soluzione. Andò benissimo nel 2000, andrà benissimo anche nel 2015. E così usciamo dallo stallo messicano.
Tutto ciò in omaggio alla diplomazia che deve regolare i rapporti fra Stato e Chiesa. Resterebbe da chiarire se davvero il vescovo abbia manifestato una volontà censoria, o se il direttore Turetta si sia dimenticato di avergli promesso quei locali ben prima che si parlasse della mostra. Ma la Verità, quella vera, forse non la sapremo mai, perché non è di questa terra (Giovanni 18,38). Ciascuno porta chiuso in sé il suo mistero (Turandot 3,1). Pazienza. Nosiglia comunque accetta pro bono pacis di fare la figura del nesci, dichiarando alla cronista de La Stampa: "Non abbiamo mai saputo fino a ieri che Palazzo Chiablese sarebbe stato occupato". Mai saputo fino a ieri? Questo un po' mi dispiace (Esodo 20,16 e Matteo 5,37). Ma tant'è. Capisco le esigenze, apprezzo il gesto conciliante del vescovo, e mi auguro che questo piccolo episodio segni l'inizio di un cammino nuovo per la città. Un cammino sgombro dalla minchiate. Adesso - poiché Palazzo Chiablese dipende dal ministero dei Beni culturali - la decisione ultima spetta al direttore Turetta e alla soprintendente Gabrielli. Che il Signore li illumini.
Parte la sigla. Sui titoli di coda, vorrei lodare la Martinengo, che dimostra ancora una volta di essere una giornalista per bene, citando correttamente (Matteo 22,21) la fonte (Gabo 31-10) da cui ha tratto le dichiarazioni di Natalina Costa, ad di 24 Ore Cultura.
Cose che turbano davvero: il commercio del Sacro Volto davanti al Duomo |
P.S. Un sommesso suggerimento al vescovo Nosiglia: se dobbiamo scandalizzarci per qualcosa che accade attorno alla Sindone, che ne dice di puntare lo sguardo sui mercanti davanti al tempio che vendono il Sacro Volto di Gesù stampato pure sugli strofinacci da cucina? Quello sì che turba le coscienze. Gentile prelato, si fidi di un povero peccatore: segua l'altissimo esempio che trova in Matteo 21,12-13. Ma glielo sto a dire io? Avrà presente, immagino.
Commenti
Posta un commento