Neorealismo italiano: la Parigi e le mondine oggi alla Mole |
Uno riceve un invito allettante alla Mole per la presentazione del progetto "Neorealismo.Lo splendore del vero nell'Italia del Dopoguerra. Cinema, fotografia, letteratura, musica, teatro": un'idea alla quale il Museo del Cinema lavora da almeno un anno, come vi avevo raccontato lo scorso autunno. Trattasi di un maxi-contenitore dove, da adesso a ottobre, confluiscono varie manifestazioni legate per l'appunto al Neorealismo. Manifestazioni organizzate da uno sfracello di istituzioni culturali della città: dal Museo del Cinema (obviously) al Centro italiano per la fotografia, dallo Stabile al Folk Club, dal Dams alla Scuola Holden, al Circolo dei Lettori. Noto che manca il Salone del Libro, che combinazione oggi presentava Bookstock alla stessa ora in un altro posto.
Il progetto "Neorealismo" si apre il 23 aprile con la mostra a Palazzo Madama del fotoreporter Federico Patellani. L'intero progetto è a costo zero, ogni ente si paga la roba sua e per risparmiare non c'è una comunicazione unificata e neppure un manifesto comune. La ricerca di uno sponsor, affidata alla Fondazione Cultura, a quanta pare non ha avuto esiti brillanti. Si fa quel che si può.
Amara delusione: Patrizia non c'è
Torniamo alla mia triste storia. Per illustrare tanta grazia, l'invito mi promettw la presenza dei responsabili di tutte le istituzioni coinvolte. Insomma, il cocuzzaro al gran completo. Scorro l'elenco, e tel chi, ecco il nome della mia adorata Patrizia Asproni, presidente della Fondazione Torino Musei. E tu vuoi che non ci vado? Ma ci vado subito. Così vedo Patrizia e ci facciamo due parole, che è un po' che non la sento.Arrivo lì, e delusione. Patrizia non c'è.
Cavolo, a saperlo andavo alla presentazione di Bookstock.
Mi consolo con Enrica: e scopro che la biblioteca della Gam non è la biblioteca della Gam
Enrica Pagella segue attenta la presentazione |
Enrica mi rivela finalmente qualcosa di nuovo: e cioé che è un errore tecnico parlare di "biblioteca della Gam", trattandosi in realtà della biblioteca d'arte dei Musei Civici, frequentata, precisa lei "soprattutto da studiosi dell'arte antica". Prendo nota per il futuro: d'ora in poi quella biblioteca la chiamerò LFKAGL (Library formerly known as Gam's Library, ovvero Biblioteca precedentemente nota come Biblioteca della Gam: annotatevi l'acronimo, mi sembra il sistema più spiccio per non cadere in imprecisioni). By the way: nuntio vobis gaudium magnum, finalmente anche sul sito della LFKAGL è indicato il nuovo orario super-ultra-mini. Sul sito, per amor di precisione, la LFKAGL è definita "Biblioteca d'Arte della Fondazione Torino Musei". Roba di Patrizia, quindi.
Ma che c'entra l'Università? o meglio, certo che c'entra, ma come utenza... mica per la responsabilità, che è tutta degli exMusei Civici, direttori compresi (ma evidentemente queste responsabilità qualcuno non se le vuole prendere...). Se chiudesse il Germanico a Firenze protesteremmo con il Max Plank Institut, mica con l'Università di Firenze. Questa cosa dell'arte antica poi... ma andiamo! Caro Gabo, anche stavolta ha colto nel segno...
RispondiEliminaCredo che la dottoressa Pagella abbia in parte ragione a dire che sarebbe dovere dell'università offrire ai propri studenti fonti e materiali di studio per i corsi che sono attivati. É anche vero che la formazione di storia dell'arte a Torino, come altrove, deve essere necessariamente collegata ai suoi musei e alle fonti che essi hanno raccolto negli oltre 150 anni di vita. É la sinergia tra gli enti a rendere virtuoso il sistema.
RispondiEliminaE si, é vero che é la biblioteca d'arte di tutti i museo civici, ed é per questo motivo che conserva tanta ricchezza e materiale specialistico. Ed é anche vero che l'università dovrebbe prendere, da ente di formazione qual é, una posizione precisa sulla questione, trattandosi di materiali la cui fruizione é necessaria ai suoi studiosi (non solo studenti ma anche) antichisti, modernisti o contemporaneisti che siano. Ma la questione é sempre un'altra: la fondazione ha pieno diritto di progettare nuovi modi e mezzi per la biblioteca, purché manifesti ai cittadini il suo progetto. Dati alla mano, poi se ne parla.