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IL SALONE E LE MONIE QUACE: INDECISI A TUTTO


Il miglior libro letto al Salone, secondo Gabo
Adesso che finalmente il Salone è finito, e non mi tocca andarci al mattino a sentirmi le mie per quello che ho scritto, posso dire una cosa seria - dopo tante cazzate che ho e hanno detto in questi giorni - sulla successione di Picchioni e Ferrero?

La transizione più lunga della storia

Ecco, la dico.
Ma siamo scemi?
Insomma: non è che si è scoperto la sera prima dell'inaugurazione che Picchioni e Ferrero sono in scadenza. Minchia, erano scaduti già l'anno scorso. Gli hanno prorogato l'incarico fino a luglio 2015 per prendersi il tempo di una scelta oculata. L'idea era di individuare i successori e "affiancarli" a Rolly & Ernie per un passaggio di consegne soft. Questo accadeva un anno fa. UN ANNO.
In un anno fai un bambino, ristrutturi una casa (beh, se sei fortunato...), scrivi un libro, giri il mondo in bicicletta. E voi, soavissimi so-tutto-io, non siete riusciti a decidere due - dico DUE - nomi? Due nomi per il Salone del Libro, mica per la presidenza degli Stati Uniti. Che poi, anche per scegliere i candidati alla presidenza degli Stati Uniti ci mettono di meno.
In un anno (un anno, oltretutto, incredibilmente senza scadenze elettorali) qualsiasi normodotato è in grado di mettersi lì con calma, pensare a quale tipo di Salone vuole, e con quali risorse, e di conseguenza immaginarsi dei candidati credibili, contattarli, discutere con loro, prendere una decisione. E arrivare all'inaugurazione del Salone 2015 annunciando con la massima serenità (ecchessaramai, non è una dichiarazione di guerra!) chi prenderà il testimone dai due gentiluomini che per sedici anni sono stati gli eroici Conducator di Librolandia.

Immeritate umiliazioni e inutili pronostici

Così facendo il povero Rolando Picchioni si sarebbe evitato le quotidiane incazzature per il "chiacchiericcio" attorno alla sua persona e al suo successore (Ferrero no, lui beato se ne frega). E tutti noi gli avremmo risparmiato l'umiliazione immeritata di essere un presidente dimezzato, quello "che tanto va via". E magari i giornalisti (a cominciare da Gabo) avrebbero potuto scrivere di più del Salone e delle sue bellezze, anziché svegliarsi ogni mattina con l'assillo di scoprire chi sono i candidati di giornata.
Ma cavolo, era il Salone del Libro e pareva il calciomercato! Con la differenza che nell'ambiente del calcio sono più intelligenti, e non lasciano l'allenatore senza certezze sul futuro (beh, tranne il Milan...).

La politica della monia quacia

La politica - ovvero il Comune e la Regione - ha il dovere istituzionale di dare una guida al Salone del Libro. E di parlare chiaro. Invece, vai a chiedergli e fanno i vaghi. Vedremo, penseremo, il problema è un altro, c'è tempo... Maccheccazzo c'è tempo? Tu aspetti di sapere se dovrai tornare alle elezioni, tu invece sai che le elezioni comunque ti toccano, e tutti e due ve ne state lì come un par di "monie quace", cercando di far meno casino possibile, che non si sa mai.

L'idea geniale: facciamo un bando!

Così un anno è passato, non è successo niente, e adesso - decidendo di non decidere - tirano fuori l'ideona: almeno il direttore del Salone scegliamolo con un bando pubblico. Fantastico. Tutti applaudono: su un giornale stamattina leggo: "Non si capisce perché soluzioni lodate urbi et orbi, come quella che ha portato alla direzione dell'Egizio Christian Greco, non possano essere replicate anche per il Libro".
Non si capisce? Beh, vorrei mai che la soluzione (non tanto lodata) alla prova dei fatti sia invece quella del bando che ha portato Marco Biscione alla direzione del Mao. E poi bisogna sempre vedere se il ministro per caso Franceschini è d'accordo, o vuole mettere becco come a Venaria.
Insomma, qui a Chinatown con i bandi non ci chiappiamo tanto.

Ne riparliamo verso Natale?

Ma ammettiamo che facciano il bando.
I prodi marmittoni ci mettono due mesi a scriverlo, poi viene l'estate, poi ci sono i tempi per la presentazione delle candidature, poi gli eoni per la selezione: fatevi conto che tra la chiusura del bando per Rivoli e Gam e la (tormentata) scelta della direttrice sono passati 5 (diconsi cinque) mesi. Insomma, se tutto va bene ne riparliamo a Natale. Ma anche dopo. Quando finalmente arriva il nuovo direttore (nella speranza che nel frattempo voi piè veloci abbiate nominato il presidente), il malcapitato magari non sa una benamata minchia del Salone, deve impratichirsi e insomma, a maggio prossimo ci sarebbe da fare un Salone...

Non c'è problema: nel 2016 non facciamo il Salone

A meno che abbia ragione una certa consigliera d'amministrazione del Salone stesso che (narra una diffusa leggenda metropolitana) nel corso di una discussione in CdA avrebbe sbottato: "Eh vabbé, se anche per un anno il Salone non si fa non è mica la fine del mondo!".
Dio, se ci sei mandami un segno. Restituscile il ben dell'intelletto. A lei, e a tutti gli altri.

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