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UN PROGETTO PER LA CULTURA: IL MAGNIFICO CI PROVA

Vasti e ambiziosi programmi: il convegno in Cavallerizza
Ieri ho trascorso due ore davvero sconfortanti - ma di sconforto prevedibile e nell'ordine delle cose - nell'Aula magna della Cavallerizza, dove l'Università aveva convocato i "protagonisti" (vabbé, diciamo così...) delle politiche culturali torinesi per un confronto sul tema "Città della cultura, leva di sviluppo".
Per l'Uni c'erano il magnifico rettore Ajani e il vicerettore Scamuzzi. Professoroni, insomma. Ma bastava qualsiasi persona in grado di intendere e di volere e dotata di un minimo di realismo - anche non new - per dire ciò che giustamente hanno detto: e cioé che è indispensabile darsi nuovi obiettivi credibili e un piano di sviluppo serio e concreto, sennò di questo passo finiamo col culo per terra. Loro l'hanno detto con maggiore eleganza. Provo a riassumere i concetti, ma se vi interessa a questo link trovate un dossier dettagliato.
Torino - dice il Magnifico - produce ancora, seppure con maggior fatica, un'offerta culturale "umanistica"; ma non "scientifica", proprio mentre la cultura scientifica interessa sempre di più anche il grande pubblico.
Ciò è ancora più stravagante in una città che ha una tradizione in quel senso, ha strumenti e poli di prestigio, e ha musei scientifici - quelli universitari, non soltanto lo sventurato Museo Regionale di Scienze Naturali - da valorizzare.
Scamuzzi è andato al sodo. Oggi - ricorda, semmai qualcuno se ne fosse dimenticato - vengono a mancare la spesa pubblica e le sedi di concertazione coese (traduzione: Comune e Regione hanno finito i soldi, in compenso vanno ciascuno per la sua strada e se possono sfancularsi non perdono occasione), e quindi occorre lavorare insieme per il rilancio della città della cultura, puntando più che mai su quella scientifica: è il momento giusto, Torino ne ha gli strumenti, esiste un pubblico interessato e il tema è caldo e attualissimo
Altrimenti, conclude Scamuzzi, il rischio è "un lento declino silente, magari amministrabile giorno per giorno". Sante parole, severe ma giuste: tradotte per chi non ha studiato significano che se non ci diamo una mossa affondiamo nella merda ripetendoci che va tutto benissimo. 
Direi anzi "continuiamo ad affondare nella merda": il processo è già avviato.
Questo, in sostanza, chiede l'Università alla politica e agli enti culturali che ieri in Cavallerizza erano rappresentati in massa: c'erano, va da sé, le due assessore Parigi e Leon; e c'erano i vertici dello Stabile (Vallarino Gancia e Fonsatti) e quelli del Salone del Libro (Montalcini e Lagioia), un paio di direttori di musei (Curto e Pagella), Larotella per la Fondazione Cultura, nonché vari protagonisti assortiti della vita culturale e un nugolo di funzionari. Molti hanno preso la parola, alcuni hanno pure detto cose interessanti, che forse vi racconterò in un altro post. Ma quanto alla cultura scientifica caldeggiata da Ajani & Scamuzzi, mi sembra che ai più la faccenda gli rimbalzasse alla grandissima. 
Ajani il Magnifico c'è rimasto male, e posso capirlo. La riunione di ieri poteva essere l'occasione di una ripartenza, e ovviamente non lo è stata. La Parigi ci ha pure provato, a raccogliere la suggestione dei "musei delle scienze": in fondo lei per prima ha tirato fuori l'idea del "Polo Scientifico". Purtroppo ancora una volta s'è ritrovata a spiegare il triste destino d'oblio che da quasi cinque anni avvolge il Museo di Scienze Naturali non è dovuto alla mancanza di fondi, bensì alla difficoltà di spenderli, causa le bizantine procedure che imbrigliano e rallentano la pubblica amministrazione. Concetto ormai chiaro, ma a questo punto che facciamo? Poi l'Antonellina ha commesso l'errore di accennare al "mecenatismo privato" e da lì in poi siamo andati in vacca. Tutti si sono buttati a ciarlare, tanto per cambiare, di fundraising e sponsor e art bonus, con le solite argomentazioni (che mi rifiuto di ripetere ancora una volta, se proprio vi interessa il mio punto di vista leggetelo qui) e il solito risultato: s'è fatta una certa, l'allegra compagnia s'è sciolta e ciascuno se n'è tornato al desco famigliare.
Devo aggiungere, a onor del vero, che anche la Leon ha detto qualcosa a proposito della cultura scientifica: ma non ho capito cosa, e non so se è colpa mia. E' partita in tromba citando Charles Percy Snow e le "Due Culture" per poi passare agilmente a Brockman e la "Terza Cultura", e sono sicuro che sarebbe arrivata alla quarta, o fors'anche alla quinta, se l'urgenza dell'oggidì banale non l'avesse indotta a rivelarci che "il progetto di inserire il Museo di Scienze Regionali nella Fondazione Musei si colloca nella visione della Terza Cultura di Brockman". E io che, da ignorantone, pensavo che si collocasse nella visione di scansare il problema...
Ad ogni modo, s'è affrettata a precisare Leon, "dobbiamo lavorare a più stretto contatto, tutte le attività hanno bisogno di un focus, bisogna raccogliersi attorno a un tavolo".
E ordinare pizza e fichi. 

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