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AVANZI DI LINGOTTO: I CAMPEGGIATORI PERCULATI E L'ARRIVO DEI DINDI

Il secondo giorno di Salone è sempre il più duro. Avverti la fatica già al mattino, e cresce l'intolleranza al rombo ambientale. Per cui mi sono limitato all'articolo per il Corriere. Un articolo nel quale, per non annoiarmi troppo, mi sono cavato lo sfizio di affrontare una vicenda che in settimana ha occupato le pagine dei giornali: abusivamente, trattandosi di galattica poverata. Per il puro gusto del grottesco l'ho affrontata come in "Tutti gli uomini del presidente" - e come in effetti devono fare i giornalisti: con le domande dirette e le verifiche incrociate. Però mi scappava da ridere perché non si trattava del Watergate, ma di uno dei soliti numeri di varietà alla torinese. E' come chiamare Sherlock Holmes se ti rubano la bici.
Ad ogni modo l'articolo sta sul Corriere e lo potete leggere a questo link..

I campeggiatori perculati

A quel punto avevo dato. Quindi qualcosa m'è rimasto da raccontare qui sul blog. Intanto, le risposte al grido di dolore dei piccoli editori confinati sotto il tendone pomposamente ribattezzato "Padiglione 4". Il direttore Nic Lagioia s'è impegnato a dare
più visibilità ai reietti, mandando qualche scrittore di richiamo in visita pastorale in quell'ultima Thule. E sul sito del Salone è apparso il post promozionale che vedete qui a fianco. I reietti sono incazzati lo stesso. Preferivano un più concreto sconto sul prezzo dello stand, e si sono sentiti perculati quando gli hanno risposto che "il Salone non prevede sconti per nessuno": risposta valida per chi sta nei padiglioni veri, un po' meno per i campeggiatori malgré soi. 

I campeggiatori si sono sentiti vieppiù perculati dal tentativo di farli passare come i "ritardatari" che si sono iscritti all'ultimo momento. In realtà risulta che si sono iscritti nei tempi giusti, come chiunque altro. E' ovvio che l'overbooking è stato gestito sulla base del peso editoriale, non dell'ordine di prenotazione. Nel senso che Mondazzoli poteva anche svegliarsi ieri mattina, tanto suo bel posto centrale era lì ad aspettare. E' la logica da babbo del figliol prodigo che manda ai matti. Ok, c'è un senso economico e diplomatico nel riaccogliere con tutti gli onori i congiurati che l'anno scorso tramarono la scissione. Ma io avrei sbattuti lo stesso, gli editoroni reprobi, sotto il tendone a scognare fra quattro gatti. E questo è uno dei centomila motivi per cui non potrei fare il direttore del Salone del Libro.

Arrivano i soldi

Il momento clou della giornata salonistica è stato l'arrivo dei dindi. Alle quattro e mezza del pomeriggio negli uffici dell'organizzazione il responsabile amministrativo ha fatto il giro di Babbo Natale, consegnando ai dodici dipendenti le buste con gli assegni che aspettavano da due mesi: gli stipendi arretrati. Io casualmente girellavo da quelle parti, e ho assistito in diretta al lieto evento. Molto commovente.
Ma non è un miracolo da film di Frank Capra: semplicemente, un raro fenomeno chiamato "buona volontà", attribuibile allo sforzo - in fondo non sovrumano - di un dirigente comunale, di un commercialista e di un liquidatore. Il nuovo liquidatore, Maurizio Gili. Costui, a quanto mi dicono, non è uno che sta tanto a menarsela. I soldi - mi hanno spiegato - li ha recuperati scovando un credito della Fondazione per il Libro che non rientrava nella liquidazione. Così si sono recuperati i 40-45 mila euro necessari per chiudere una storia che cominciava a diventare imbarazzante.
Sotto il profilo della civiltà dei rapporti mi sembra notevole che gli assegni fossero accompagnati da una lettera del liquidatore, il quale ringraziava i dipendenti per la comprensione e l'impegno e concludeva accennando a un "segno concreto" di riconoscenza. Gli allegati assegni, per l'appunto.
Logica deduzione: a Torino siamo nella merda fino al collo non perché mancano i soldi, ma perché sopra i colli mancano le teste.

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