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GLICEMIE PER LE PERIFERIE: IL RAPPORTO DEFINITIVO SULLA CULTURA A TORINO

Devo congratularmi con i colleghi della Stampa: stamane non ho saputo trattenere un moto di ammirazione - e, lo confesso, di sana invidia - davanti alla pagina della Cronaca di Torino che vedete qui a fianco. Che prodigio di sintesi giornalistica! Un capolavoro. Quella pagina vale più di mille inchieste sulla qualità della vita culturale in città, più di mille rapporti degli osservatorii culturali, turistici, alberghieri, più di mille ricerche Istat, più di mille grafici delle presenze nei musei, delle camere vendute, dei bilanci delle Fondazioni, dei contributi pubblici per la cultura. Dice più - e meglio - di diecimila miei inutili editoriali incazzati. Più di un milione di trillanti dichiarazioni di sindaci, presidenti, assessori, consiglieri, direttori, reggicoda, portaborse e sicofanti assortiti.
Quella pagina dice tutto. Dice cosa siamo diventati e dove stiamo andando. Fotografa con autoptica freddezza lo stato delle cose nella Torino alle soglie degli Anni Venti del Terzo millennio.

Tanti saluti a Babbo Natale

L'apertura - come si chiama in gergo giornalistico il titolo in alto - ci racconta lo straordinario talento autolesionistico della città e la geniale intuizione di considerare Milano una discarica nella quale Torino getta tutto ciò che disprezza e trascura, salvo poi pentirsene se l'oggetto di tanto disprezzo e trascuratezza si rivela per ciò che è, ovvero una miniera d'oro. 
L'articolo racconta del Villaggio di Babbo Natale che lascia la Reggia e fugge a Milano a conclusione di infiniti contenziosi con l'amministrazione comunale pentastellata di Venaria. E non dimentichiamo che il Villaggio (centomila visitatori nel 2017) era arrivato a Venaria già profugo, dopo l'ostracismo del Comune pentastellato di Torino ansioso di tutelare dalla concorrenza dei privati cattivoni il suo mirabolante Natale coi Fiocchi.

Valentino a tutta birra

Veniamo ai titoli bassi. Il trafiletto a destra ci annuncia che - non paghi di aver scacciato dal Parco del Valentino (e da Torino tutta) il Salone dell'Auto rifilandolo come d'uso alla discarica milanese - i consiglieri comunali di maggioranza si associano a quelli dell'opposizioni per stigmatizzare l'invasione del Parco ad opera di una festa della birra. Il Valentino dovrebbe ospitare soltanto manifestazioni sportive o culturali, obiettano giustamente: se io sono totalmente d'accordo con loro. Benché a ben guardare tra le auto e la birra una qualche finalità sportiva vada riconosciuta alla birra: con le auto non puoi fare le gare di rutti. 
Ma questo, a quanto pare, passa il convento. Tuttavia, guardiamola positivamente: da che mondo è mondo, le feste della birra sono parte integrante dei cartelloni delle manifestazioni culturali e turistiche di qualsiasi paesone della provincia italiana, categoria alla quale sono incline ad iscrivere Torino. E allora tanto vale cavalcare l'onda, semmai programmando - per "fare rete", beninteso - coerenti manifestazioni collaterali. Vedrei bene un contest di magliette bagnate a Palazzo Madama, e un salone del calcinculo davanti a Palazzo Carignano. Ma forse sfondo una porta aperta, a giudicare degli accampamenti circassi che continuano a prosperare nelle nostre piazze auliche.

L'alto dibattito al Museo del Cinema 

Il secondo trafiletto della pagina ci offre invece uno spaccato della vita culturale torinese più propriamente detta: i radicali difendono l'ex presidente del Museo del Cinema Toffetti dalle minacce di querela rivoltegli dai membri del Comitato di gestione del Museo medesimo per indurlo a smettere di far casino a proposito della nomina  a direttore sempre del Museo del Cinema di una persona che Toffetti considera inadeguata mentre quelli del Comitato - e il Comune, beninteso - giurano che è il meglio del meglio, scelto con procedura adamantina e al di sopra di ogni sospetto. Purtroppo i sospetti continuano a circolare senza nessun riguardo per le affermazioni di Comune e Comitato.
Come ben capirete, il dibattito culturale è altissimo: degno della città di Gramsci, Gobetti, Bobbio e Macario. Soprattutto Macario.

Più cacao per tutti: un piano Marshall in barriera

Ed ecco finalmente la buona notizia, quella che non ci parla di conflitti nelle sfere della cultura più nobile, bensì di un nuovo traguardo, di una nuova conquista dello spirito torinese: "Non solo in centro: Cioccolatò vuol conquistare anche le periferie"
Era ora: da decenni, gementi sotto il tallone dei salotti e dei poteri forti, abbandonate al degrado e al deserto culturale, le periferie invocavano pane e cioccolata. E cioccolata avranno. Per il pane si vedrà. Magari l'anno prossimo arrivano le brioches.
Per nulla intimoriti dall'esito non brillantissimo dell'imposizione delle Luci d'artista, i nostri savii amministratori hanno individuato nella carenza di cacao la radice prima del disagio sociale, della istanze e aspettative di chi si sente dimenticato (e anche, ammettiamolo, perculato). 
Confesso la mia inadeguatezza a descrivere la grandiosità e la lungimiranza del Piano Marshall messo a punto dalle autorità. Mi limito dunque a citare i passaggi salienti dell'articolo, che ci annuncia: "Verranno coinvolti locali, ristoranti, caffè e pasticcerie da Barriera al Lingotto... Ognuno preparerà menù e cocktail a tema; per coinvolgere i giovani verrà organizzato un tour serale tra i locali con un contest social: un team di ragazzi distribuirà gianduiotti e cremini, e la sfida sarà farsi un selfie con il bacio (al cioccolato) più bello". Ma quale certamen ciceronianum. Il contest dei selfie e la distribuzione di giaduiotti sono i cimenti che esalteranno e riscatteranno la nostra gioventù smarrita. So' regazzi...
E siamo solo all'inizio: "Tra le attività in programma c'è il laboratorio didattico per bambini con la pasticciera e scrittrice Silvia Federica Boldetti, l’incontro sulle donne del cioccolato condotto da Paola Gula, e ancora cene sui tram storici, tour e merende". 
Tutto ciò senza trascurare le piazze auliche del centro, che davvero non meriterebbero di essere risparmiate, pardon, escluse dall'allegra kermesse: e difatti dall'8 al 17 novembre "120 maestri cioccolatieri invaderanno piazza San Carlo e via Roma". Con adeguata convegnistica: "Due sono gli appuntamenti più attesi per immaginare il cioccolato nel futuro: Torino Incontra ospiterà un convegno dal titolo «in To the future» in cui dialogheranno produttori, nutrizionisti, medici, coltivatori e startupper dall’Italia e dall’Europa. Non mancherà un approfondimento sulle tavolette nello spazio". 
"Tavolette nello spazio" è sublime: se la gioca alla pari gli "Ebrei nello spazio" di Mel Brooks e i "Fascisti su Marte" di Corrado Guzzanti. Roditi il fegato, Asimov.
Pur puntando a superare il "record di visitatori" dell'anno scorso che, dicono gli organizzatori, sarebbero stati oltre 400 mila (calcolati non so come, trattandosi di bancarelle e gabbiotti per strada senza biglietterie né contapersone), l'evento di punta dell'attività cultural-turistica dell'ottobre torinese non perde di vista altri obiettivi del governo cittadino, ovvero l'inclusione, la partecipazione e l'occupazione. Infatti, ci avverte l'articolo, "sono in corso le selezioni per entrare nello staff ricoprendo vari ruoli, e tra i diversi stand nazionali e internazionali in cui perdersi in un viaggio emozionale nel gusto". 

"Un viaggio emozionale nel gusto" è un'immagine potente, lo specchio dei nuovi luminosi orizzonti che si aprono per la città: a Torino, là dove un tempo soltanto il genio di Friedrich Nietzsche potè perdersi nelle visioni di una grandiosa follia, oggi ciascuno di noi potrà perdersi in un viaggio emozionale nel gusto.
Esclusi obesi e diabetici.

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