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LE VOGLIE DI TORINO E L'ASSESSORE AI MONOPATTINI: MODESTE CONSIDERAZIONI SULLA SETTIMANA DELL'ARTE

Artissima
Cominciamo con qualche numero in ordine sparso: Artissima ha avuto circa 55 mila visitatori (ne dichiarò 54.800 nel 2018), Paratissima tra i 40 e i 45 mila (stabile rispetto all'anno scorso); e se ci pensate già questo è un dato straordinario, per una fiera che una quindicina d'anni sembrava poco più che uno sberleffo situazionista o un refugium peccatorum per artistucci sfigatini e oggi si trova ad essere la quarta fiera d'arte più visitata in Italia. Poi ci sono, ad esempio, le diciassettemila presenze a Flashback (erano 16 mila nel 2018), e pure i 4271 ingressi a Flat sono un buon risultato, per una manifestazione iperspecialistica ma che cresce a vista d'occhio (+9% di presenze rispetto al 2018).
Poi c'erano i festival. I numeri definitivi di Movement e Club to Club non li ho ancora, ma sono abbastanza prevedibili: Club to Club dura cinque giorni e notti e viaggia attorno alle 60 mila presenze; Movement è sulle 30 mila in tre notti e il fatto che al Lingotto abbiano sforato i limiti di capienza lascia intuire che quest'anno non ci saranno flessioni...
I dati dei musei non sono ancora arrivati, con l'eccezione della Reggia di Venaria, che però non può cantare vittoria: nei tre giorni del mini-ponte dei Santi, da venerdì 1 a domenica 3, sono stati staccati in totale 25.629 biglietti tra Reggia, Giardini, mostre e Castello della Mandria, mentre nel 2018 in quattro giorni dall'1 al 4 novembre si era arrivati a quota 34.908.
Va detto che ancora una volta - come accade ormai da qualche anno - i musei torinesi sono arrivati all'appuntamento con il weekend dell'arte in braghe di tela, senza la mostra spaccabotteghini. In giro ci sono cose buone, non dico di no. Anche molto buone. Ma insomma, è tutta roba che predica ai convertiti, non la mostra ruffiana con il granddissimo nome che ti tira pure chi dell'arte, antica o contemporanea che sia, normalmente se ne sbatte. Una mostra, per intenderci, come potrebbe essere quella di Mantegna: che però aprirà a Palazzo Madama soltanto il 12 dicembre. Come si dice in questi casi, scusate il ritardo.

Tutto perfetto, e neanche una sorpresa

No, questo per chiarire che non sono qui a sciogliere il peana fesso alle magnifiche sorti e progressive e alle menate su "Torino capitale dell'arte". Che se poi conta il parere mio, io quest'anno mi sono pure annoiato, a visitare le fiere. Cioé, Flashback no, lì mi sono solo divorato il fegato per non esser ricco da comperarmi tutto. 
Il problema - problema mio, beninteso - è paradossalmente che Paratissima è davvero tanto migliorata, nella forma e nei contenuti, e ha via via perso l'iniziale spirito da "dilettanti allo sbaraglio" che la sovraccaricava, è vero, di schifezze, ma la rendeva anche ruspante, alternativa e, diciamocelo, divertente. Quest'anno l'ho trovata così impeccabile, sotto ogni punto di vista, che mi sembrava Artissima con uno zero in meno: nel senso che le opere, in media, costavano un decimo di quelle in vendita ad Artissima. Non che sia un difetto: semplicemente l'ho trovata meno frizzante del solito.
Ma io sono un asino, e all'arte contemporanea chiedo stupore.
Per cui ad Artissima mi sono annoiato ancora di più. Cioé, mica mi permetto di criticare: non ho titolo, non capisco un tubo.
Copertone
Semplicemente mi pongo una domanda, e la giro all'ottima direttrice Bonacossa: scusami, Ilaria, ma un cristo ignorante come me, quando arriva al terzo stand che espone un copertone di Tir, cosa deve pensare? Che l'arte contemporanea ha scelto il trasporto su gomma? E quando di galleria in galleria mi propongono una tela vuota, pur con la significativa variabile che la tela delle gallerie X, Y e Z è bianca e quella delle gallerie A, B e C è nera, mi vuoi spiegare tu, Ilaria, se è più pregnante la tela bianca della galleria X o quella della galleria Z? Eccheccavolo, è minimo dalla metà del Novecento che mi sbattono sotto il naso il rivoluzionario concetto della tela bianca (o nera, o anche in altre tinte, l'assortimento è vario) e posso garantire che persino uno zuccone come me lo ha afferrato, il concetto, e adesso possiamo andare avanti, grazie? E già che siamo in argomento: se io stento a distinguere i lavori storicizzati, tipo certi collage anni Sessanta, dalle nuove frontiere della contempraneità, tipo certi collage datati 2019, il problema è solo mio? O è anche dell'arte contemporanea, che è ferma agli anni Sessanta e quindi non è più contemporanea?  No, basta dirlo. Perché se ciò che ho visto ad Artissima è il meglio che oggi possa offrire l'arte contemporanea, qualche domanda si pone di necessità.

La voglia matta di Torino

Però, adesso che mi sono levato le paturnie dallo stomaco, voglio scrivere una cosa di insolito e sconsiderato ottimismo. Quest'anno più che mai il weekend dell'arte contemporanea (o quel che è, non stiamo a questionare) ha spaccato. E' stato divertente (nonostante i copertoni dei Tir). Vissuto dalla città come una festa mobile. Partecipato dalla gente, insomma. Anche da chi non andava ad Artissima, né a nessun'altra fiera, e nemmeno nei musei o ai festival. Sotto i portici, in centro, faticavi a muoverti, dalla folla che c'era. 
Uomini-lattina
In via Roma, a dire il vero, faticavi a muoverti anche perché l'area pedonale era semibloccata dai malefici gazebi di Cioccolatò, montati con una settimana d'anticipo dato che Sacco non sta più nella pelle; ma eravamo tutti così allegri e pieni di voglia di festa che manco ci veniva in mente di mandare Sacco a quel paese; e andavamo in giro circondati da cose strane, dagli uomini-lattina che giravano in via Po e parevano metallici mamutones, ai messicani mascherati che festeggiavano il dia de los muertos; e sembrava di stare in un film di Terry Gilliam.
E in quel momento, sommerso dalla gente, dai mamutones metallici, dai messicani in maschera, e persino dagli stramalefici gazebi, ho ricordato i giorni delle Olimpiadi; quella misteriosa e collettiva frenesia che spinse Torino a scendere in strada, a far di notte giorno, a immergersi in un sogno che sarebbe durato poco, ma che per la prima volta ci fece ritrovare, tutti, come comunità unita da un sentimento a Torino rarissimo: la gioia di vivere. 
E allora ho capito che Torino ha dentro di sé potenzialità segrete e immense, e aspetta soltanto l'occasione per tirarle fuori; aspetta chi gliele tiri fuori. Ha bisogno di una miccia, e di chi l'accenda.
Sindaco in monopattino

Ma dove te lo metti il monopattino?

Poi sono tornato a casa. E ho dato un'occhiata ai giornali. E mi sono letto la gustosa nuova avventura della giunta che traballa sul monopattino, con la stratosferica gag del sindaco che blatera su quanto è bello andar sul monopattino e i buoni cittadini vanno sul monopattino e i vigili del sindaco che stangano quelli che vanno sul monopattino perché il sindaco non ha fatto l'ordinanza sul monopattino e l'assessore ai Monopattini litiga col capo dei vigili e il capo dei vigili dice che l'assessore ai Monopattini non capisce una minchia di monopattini e il sindaco non dice niente perché il sindaco non dice mai niente quando non sa che dire e questo accade appena le cose si complicano.
E dopo aver riso un bel po', m'è venuto da piangere. Perché ho capito che non c'è nessuna miccia, per Torino. 
E nessuno ci riaccenderà. 
Non in questa vita.

Commenti

  1. Purtroppo mi trovo a concordare sulla lungimiranza mancante di Torino: mentre arrivano notizie su tutta la programmazione di eventi del 2020 da città come Milano, io ho scoperto, per caso, la prossima mostra su Pelagio Palagi alla Galleria Sabauda; inoltre, l'arrivo della Dama con l'ermellino di Leonardo alla Reggia di Venaria, quello che doveva essere il grande evento della fine del 2019, pare si sia risolto in un nulla di fatto (spero che qualcuno possa smentirmi). Ahi serva Torino, di dolore ostello (se mi è concessa questa parafrasi)!

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  2. cioccolatini per tutti ! https://torino.corriere.it/cronaca/19_novembre_04/luce-cioccolato-cortocircuito-piazza-san-carlo-0283d5d6-ff2e-11e9-aa9d-60f7e515e47b.shtml

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