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REGIO, LA RESA DEI CONTI

Sono strani, 'sti ragazzi. A volte non li capisco proprio. Poni oggi: per stamattina era fissata l'audizione del Collegio dei revisori dei conti del Regio davanti alle Commissioni Bilancio, Cultura e Controllo di gestione. Niente di che, giusto da capire com'è e come non è che dall'oggi al domani il patrimonio della Fondazione s'è svalutato tanto da arrivare al commissariamento. Non mi sembrano segreti militari. Eppure, stamane faccio per collegarmi e scopro che la(tele)seduta non è pubblica. Come non è pubblica?, m'incazzo io. Minchia ci avranno di tanto arcano da raccontarsi, questi qui? Insomma, mi son proprio girate fortissimo.
Devo però riconoscere che stavolta i servitori del popolo non demeritano. Ne chiamo uno – il capogruppo del Pd Lo Russo – ed espongo le mie lagnanze di cittadino impedito a esercitare il suo sacrosanto diritto di sorveglianza; Lo Russo chiama il presidente delle commissioni riunite Lubatti, e in un battibaleno la riunione ridiventa pubblica, e il cittadino riconquista i propri diritti.


Tutti collegati, tra il "pubblico" c'è Graziosi

Tra coloro che hanno così potuto seguire la diretta della seduta, oltre ai soliti giornalisti, ho anche notato la silente presenza in collegamento dell'ex sovrintendente William Graziosi, convitato di pietra che sta preparando gli argomenti a suo favore da esporre prossimamente ai magistrati della Procura.
Direi che questo è il fatto saliente della giornata. Dall'audizione in sé non è emerso nulla di clamoroso, ma perlomeno adesso ne so un briciolino di più sul tenebroso affaire-Regio. E a dio piacendo spero ne sappiano di più anche lorsignori.


Un modello "incompatibile"

Intanto, i due revisori (De Magistris e Broccio) hanno ribadito che il modello di business del Regio “non è più compatibile con l'attuale situazione economica e con le future disponibilità dell'ente”, e quindi va rivisto. E fin qua, c'eravamo arrivati tutti.
Nell'ambito del “modello di business” rientrano anche i livelli salariali e i contratti di lavoro, hanno fatto capire i revisori. In effetti, al Regio alcuni stipendi (ma solo alcuni) sono, come dire?, generosi; e anche sul piano dei diritti più o meno acquisiti qualcuno (ma solo qualcuno) si è piuttosto allargato. Questo i revisori non l'hanno detto, e so che è un argomento che fa particolarmente incazzare i lavoratori del Regio (e i sindacati) ma il paese è piccolo e la gente mormora. A parer mio una verifica sarebbe utile, tanto per tacitare le polemiche strumentali e/o se del caso correggere eventuali storture.
Broccio e De Magistris hanno poi confermato che nell'organigramma del Regio mancano due o tre figure chiave: quantomeno un direttore generale, e un direttore amministrativo. Peraltro non previsti dallo Statuto. Statuto che, si presume, il futuro commissario dovrà adeguare.

Condizioni d'emergenza

E veniamo alla ciccia, cioé al vil danaro. I revisori – che sono entrati in carica lo scorso aprile, in pieno lockdown – hanno dovuto preparare la loro relazione in condizioni d'emergenza, disponendo dei soli bilanci del 2018 e del 2019 (il previsionale). Mancava il previsionale del 2020 (peraltro del tutto aleatorio, considerata la situazione di emme generata dal Covid, situazione che minaccia di protrarsi anche nei prossimi mesi), e quello definitivo del 2019 è stato chiuso soltanto a luglio.

Patrimonio svalutato

In compenso, come ognuno ben sa, hanno pesantemente svalutato il patrimonio del teatro, e a precisa domanda della consigliera Foglietta i due implacabili hanno pure spiegato nei dettagli il come e il perché. Andiamo per punti: 

  1. Il valore dello stabile di via San Francesco da Paola è stato azzerato (letteralmente: non vale nulla) perché il Regio non ne ha la proprietà piena ma solo un diritto di superficie peraltro non monatizzabile perché l'edificio è concesso in comodato gratuito per trent'anni al Conservatorio, e per di più è vincolato dalla Sovrintendenza; e in effetti, a meno di trovare un milionario ubriaco, è abbastanza improbabile che qualcuno sganci foss'anche un solo euro per acquistarlo a simili condizioni.
  2. Il capannone di strada Altessano un valore commerciale ce l'ha, a parte il fatto che al momento lo utilizza il Regio stesso come magazzino; però negli ultimi anni il prezzo degli immobili è sceso di molto, come ben sa chiunque stia cercando di vendere, e i revisori precisano di aver semplicemente adeguato la valutazione dello stabile alle condizioni attuali del mercato. A questo punto la Foglietta chiede che la giunta, nella persona dell'assessore Rolando, spieghi che fine hanno fatto le delibere del Consiglio comunale che prevedevano la vendita di quel capannone. Però l'assessore Rolando è di gran prescia e se la fila all'inglese prima di rispondere. Faranno un'altra commissione apposta. 
  3. Il valore delle scenografie è stato invece ridotto drasticamente perché, hanno spiegato i revisori, di norma, per legge, quel tipo di beni va conteggiato a bilancio secondo una percentale d'ammortamento di circa il 15 per cento annuo; percentuale a cui ci si è adeguati fino al 2011, quando (durante la sovrintendenza di Vergnano) si è passati – senza apparenti giustificazioni, precisano i revisori – al 2 per cento. Capisco che è un po' complicato, ma il concetto è chiaro: quelle scenografie hanno conservato, negli anni dal 2011 in poi, un valore superiore a quello che sarebbe corretto in base al calcolo del 15 per cento. I revisori hanno rifatto i conti e voilà, il tesorone è diventato un tesoretto, ma proprio etto etto. 
Totalone: azzera di qua, ricalcola di là, alla fine il patrimonio della Fondazione Teatro s'è ridotto di oltre il 30 per cento, aprendo la strada (in base a una pur discutibile interpretazione dell'articolo 21 del dl 367 del 29.6.96) al commissariamento.
That's all folks. Ma la telenovela del Regio continua. Prossimamente: chi sarà il commissario?

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