Adesso è chiaro anche agli inguaribili ottimisti, categoria alla quale mi onoro di non appartenere: ci siamo dentro fino al collo, di nuovo. E prima di andare meglio, andrà ancora peggio, e ancora, e ancora.
In impacabile e non casuale sequenza, nel giro di tre giorni abbiamo avuto la cancellazione del Salone del Libro prima, quindi quella di Artissima e infine, ieri, il no della Regione all'aumento degli spettatori nelle sale teatrali e cinematografiche. Anche ciò che sta accadendo (o non accadendo) al Regio non fa che corroborare le peggiori previsioni.
E' tornata l'epidemia vera, e con l'epidemia torna purtroppo anche il mood emergenziale che ci porterà, presto o tardi, a qualcosa di molto simile al lockdown: parziale, immagino, mirato e magari non lo chiameranno neppure lockdown, che sa di sciagura. Ma arriverà, potete scommetterci.
I primi a farne le spese sono - e ancor più saranno - i settori "sacrificabili" come lo spettacolo dal vivo, per il quale già adesso il "no" alla deroga sulla capienza delle sale equivale a una condanna a morte. Nella modalità attuale molti teatri, molti cinema, non passeranno l'inverno. Forse sopravviveranno, a stento, le fondazioni pubbliche o semipubbliche, che già abitualmente campano in larga misura di contributi. Ma per gli imprenditori privati non ci sarà scampo.
Eppure l'esperienza dello scorso inverno dovrebbe averci insegnato qualcosa; convivere con il virus non significa condannarci alla morte civile, o al fallimento economico. Adesso abbiamo l'esperienza e le tecniche per gestire la situazione, per quanto grave sia; senza ricorrere, scrivo stamattina sul Corriere, alla mannaia spannometrica del "chiudiamo tutto così ci mettiamo l'anima in pace e il culo al riparo". Nell'articolo faccio notare che la cultura e lo spettacolo non sono settori omogenei, ma comprendono realtà fra loro molto diverse, che meriterebbero di essere regolamentate con provvedimenti specifici e mirati, tali da consentire a ciascuno, secondo le proprie possibilità, di tentare almeno la lotta per la sopravvivenza. Ciò non accade, e l'eguaglianza assoluta fra diversi produce, come sempre, la peggiore delle diseguaglianze.
Sia chiaro: comprendo le preoccupazioni, e sono il primo - anche per motivi anagrafici e sanitari - a non sottovalutare il rischio. Ma sempre, nelle grandi tragedie pubbliche e private, il fattore di rischio peggiore ce lo portiamo dentro. Si chiama Panico. Ed è fedelmente accompagnato dal suo gemello scemo, lo Scaricabarile.
È una vergogna, ...anche la cultura
RispondiEliminaIeri, su oltre 2800 asintomatici scovati al costo di 118.000 tamponi sono stati ricoverati in terapia intensiva 3 ( TRE) anziani ultraottantenni. Già da ora ( visto che le vittime di infarti, ictus, suicidi, tumori, ecc da mesi sono attribuiti al CoVid) possiamo darlo per scontato che almeno il 90% delle vittime dell'influenza stagionale ( statisticamente intorno a 23.000 all'anno) saranno attribuiti al CoVid. E questo fornirà il pretesto ad ulteriori misure che devasteranno in modo irreversibile l'economia
RispondiEliminaIl loro piano è esattamente questo...
EliminaAnche lo spettacolo è un lavoro cm tutti, quindi credo che il signor conte dovrebbe aiutare, dato che è il primo che porta la sua amata a vedere i film e spettacoli dal vivo, deve aiutare e non fingere di farlo.
RispondiEliminaE' paradossale , se pensiamo che il Teatro salva le vita
RispondiEliminaQuesti provvedimenti aiuteranno a schiacciare tutti gli artisti e tutte le persone che prosperavano con loro
RispondiElimina