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UN MITO PER POCHI INTIMI

Finora non mi sono occupato di MiTo, né intendo farlo: non fa testo quest'edizione d'emergenza, fatta perché s'aveva da fare ma necessariamente dimessa e aggiungerei, senza avventurarmi in giudizi musicologici, senza particolari invenzioni, che pure le circostanze potevano suggerire. Ma almeno è fatta, rendiamo onore alla buona volontà e tiremm innanz.
Mi ha però fatto tristezza l'inaugurazione in un Regio deserto, con appena duecento spettatori persi nell'infinito della rosseggiante sala, in virtù delle draconiane regole anti-covid. E dire che, con involontaria ironia, il sito del festival dichiara con orgoglio che "con i suoi 1592 posti il Regio ha il proprio cuore pulsante in un palcoscenico di più di 250 mq". Tanto spazio per nulla.
Il tetto di duecento spettatori in sala penalizza il pubblico e gli artisti, ed è di fatto un colpo mortale per i grandi teatri; io non mi permetto di contestarlo, visto come sta andando l'epidemia; ma constato che quella norma stride con quanto accade in altri contesti, in altre situazioni, in altre occasioni, e pure in altre parti d'Italia. Eh già: la regola sui teatri non è uguale per tutti: alcuni presidenti di Regione vi hanno largamente derogato, Cirio no. Nell'articolo che è uscito stamattina sul Corriere (e che potete leggere qui) mi permetto di domandarmi perché. E azzardo qualche ipotesi.

Commenti

  1. A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca...diceva qualcuno
    Panem et circenses...diceva qualcun altro
    Per quel che conta, il mio voto va a chi mette scuola ricerca e cultura al primo posto... mi sento Diogene con la sua lanterna! Teresa Tordo

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