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LA CULTURA E LE CATENE


Forse - ma forse - si torna a discutere di cultura a Torino su basi concrete, dopo le sbornie e le fanfeluche del passato. Mi pare che l'intervista dell'altro giorno, in cui la Rosanna Purchia chiariva i punti del proprio programma, abbia acceso qualche speranza negli addetti ai lavori stremati da due anni di pandemia e oltre dieci di baggianate, alzate d'ingegno, schizofrenie e pestamenti d'acqua nel mortaio. Io - smagato da troppe delusioni - sospendo il giudizio, e attendo i fatti. 
Intanto, però, ieri Luca Beatrice ha buttato un sasso nello stagno della scena culturale torinese, con un intervento sul Corriere (a questo link) che riporta l'attenzione sulla questione, tutt'altro che secondaria, del mancato ricambio generazionale. Ho letto con attenzione l'articolo di Beatrice, condividendolo in larga parte: e a mia volta ho scritto un articolo, uscito oggi (ecco il link), in cui tento di ricostruire le ragioni profonde - perlomeno alcune - delle condizioni comatose in cui oggi versa il lavoro culturale a Torino. Ragioni che identifico principalmente nell'invasività delle ultime amministrazioni civiche: politiche dirigiste, ingerenze continue, contributi utilizzati come instrumentum regni per tenere al guinzaglio gli operatori culturali, ridurli a spenti burocrati intenti a compilare moduli e formulari per strappare l'elemosina di un sussidio; così da imporre alla cultura - che dovrebbe essere libera e creativa - le strategie e gli obiettivi decisi negli ambulacri di Palazzo Civico.
C'è una frase, nell'intervista della Purchia, che sembra segnare un cambio di rotta: "Noi, come Comune, non andiamo a imporre nulla. Il nostro sarà un ruolo di sostegno e accompagnamento". Ripeto: le parole sono gratis, contano i fatti, e i fatti andranno valutati quando li vedremo. Ma mi sembra una piacevole novità un assessore che non si presenta come l'unto del Signore con la Verità in tasca, che non viene a spiegare ai gatti come arrampicarsi, che non esordisce con fanfaronate alla so-tutto-io; bensì dichiara di voler ascoltare, conoscere e assecondare. 
Sarà davvero così? Lo scopriremo soltanto vivendo. Ma intanto suggerirei al mondo culturale torinese di scuotersi dal torpore e dall'individualismo che l'hanno incatenato alla greppia della politica, riducendolo all'abiezione della condiscendenza interessata. C'è un assessore che afferma di volervi ascoltare con rispetto: mettetelo alla prova, andate a vedere il suo gioco, saggiate la serietà delle intenzioni, fatevi conoscere per la vostra qualità, la vostra progettualità, la vostra dignità d'artisti e intellettuali. 
Cultura torinese, se ci sei batti un colpo. Come disse il poeta, "cancella col coraggio quella supplica dagli occhi". Dopotutto, cos'avete da perdere? Soltanto le vostre catene, e le scartoffie di un bando straccione.

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