Conterei di trascorrere quest'ultimo scampolo d'agosto gironzolando per i festival del basso Piemonte, fra i concerti di "Contro" a Castagnole Lanze (buono l'altra sera Max Gazzé e ho trovato interessante l'opening act di Chiara Dello Iacovo; e domani c'è Goran Bregovic) e gli appuntamenti di "Attraverso", e per cominciare stasera vado all'inaugurazione a Grinzane, dove suonano i Mau Mau e la mia amata Bandakadabra. Di tornare a Torino manco mi passa per la capa, tanto per ora in città non c'è nulla che mi interessi.
Una fiaba commovente
Nulla, s'intende, a parte il mistero buffo del Salone del Libro.
Il ministro Francis: riceverà Chiampa&Chiara? |
Ci ho pensato su, sapete? E qualcosa ancora non mi torna. Leggo dichiarazioni entusiaste sul "nuovo Statuto" della Fondazione per il Libro, che lorsignori danno ormai per bell'e approvato, cotto e mangiato. Ne discenderebbe che il recalcitrante Massimo Bray, davanti alla meraviglia del nuovo Statuto cotto e mangiato accetterà di fare il presidente, si sceglierà un direttore che in un battibaleno s'inventerà - in felice concordia con il costituendo Comitato d'indirizzo - un format per l'edizione 2017, format che i due allegri zuavi Chiampa&Chiara presenteranno al saggio ministro Franceschini il quale, a sua volta, dirimerà ogni contrasto con Milano. E vivranno tutti felici e contenti.
Balle.
Cioé, per me va bene anche che ci raccontiamo la storia di Hansel e Gretel, ma se usciamo dal libro dei fratelli Grimm - dove pure le casette di marzapane hanno una loro credibilità - e planiamo tristemente sulle bassure del reale, la fiaba che vi ho riassunto nel paragrafo precedente non sta tanto in piedi.
I maneggi per approvare uno Statuto
Il presidente della Regione, in arte Il Chiampa |
Intanto, sul nuovo Statuto la fanno facile, loro. Ma giuridicamente adesso non c'è nessun nuovo Statuto. C'è un testo (una "bozza") che dovrà essere sottoposto al Consiglio d'amministrazione della Fondazione; ma - trattandosi dello Statuto di una Fondazione pubblico-privata - immagino che anche le giunte di Comune e Regione dovranno dire la loro in proposito; e non escludo (nella mia ignoranza in materia di atti amministrativi) che pure i Consigli comunale e regionale vogliano metterci lingua; e magari il documento potrebbe passare (le vie della burocrazia sono infinite) sul tavolo delle competenti Commissioni. Tutto può accadere, in questo mondo meraviglioso: ma consentitemi di dubitare che la faccenda si risolva in un paio di settimane. Qualcuno più esperto di me mi dice che la pratica potrebbe richiedere, se non anni, almeno qualche mese.
Quindi, se Bray prima di accettare la presidenza pretende lo Statuto, andremo a ridere.
Un segretario a mezzadria
Ma fingiamo che entro il 20 settembre (tardissimo) Bray si decida ad accettare. A questo punto alla Fondazione serve il segretario amministrativo-gestionale. La figura è prevista dal (futuro) nuovo Statuto. Non capisco come fanno a nominarlo in assenza (giuridica) del nuovo Statuto, ma vabbé, continuiamo a fingere che funzioni. L'idea prevalente, sento dire, è di piazzare su quella poltrona un rappresentante ultra-fidato degli enti locali, magari un abile ed esperto funzionario del Comune o della Regione. Ok, ma del Comune o della Regione? Mistero. Andranno pure d'amore e d'accordo, Chiampa e Chiara, ma se uno dei due, o entrambi, si impunta, capace che ci piantano su un ciocco che non finisce più.
Il direttore a bando
E poi arriva il bello: la scelta del direttore editoriale. Il nuovo Ferrero. Quello che materialmente dovrà progettare e costruire il Salone 2017.
Il sindaco di Torino: "Il direttore dev'essere piemontese" |
Bray (se sarà lui il presidente) ha detto chiaro e tondo che il direttore lo vuole scegliere lui, e vuole una figura carismatica e internazionale, e non un torinese. Il Chiampa più o meno se ne frega, ma diciamo che la Regione è dello stesso avviso di Bray. Ma il Comune no: secondo il sindaco e Appendino il direttore del Salone del Libro dev'essere torinese - massimo piemontese - e dev'essere scelto tramite un bando.
Ciò comporta qualche piccolo problema.
Il direttore è Platini
Intanto, non so quanto sia ammissibile che il bando per una posizione simile imponga una discriminazione su base territoriale; o etnica, perché non è chiaro se per "piemontese" si intenda "residente in Piemonte", oppure "nato in Piemonte", o addirittura "di origini piemontesi", nel qual caso potrebbero candidarsi anche Michel Platini e il Papa. Che comunque andrebbero bene anche a Bray, in quanto carismatici e internazionali.
Il direttore è Gesù Bambino
Secondo problema: se il direttore lo scelgono con un bando, ci vorranno i tempi tecnici per scrivere il bando e per ricevere ed esaminare le candidature: mettiamo due-tre mesi? Se va di extralusso. Stiamo dicendoci che il Salone del Libro che si dovrebbe tenere nel maggio 2017 avrà (forse) un direttore editoriale a fine dicembre? Come il Bambin Gesù? Beh, non posso crederlo. Dev'esserci qualcosa che mi sfugge. Spero che i cervelloni che tanto bene stanno gestendo la vicenda prima o poi mi spieghino.
Il buio oltre l'idillio
Ma c'è una terza incognita: se la Bray e la Regione vogliono un direttore internazionale, e il sindaco e Appendino lo vogliono torinese, mi sembra di intravvedere una qualche divergenza d'opinioni fra le istituzioni. Certo, il Chiampa e Chiara tubano come due colombelle, ma il sindaco di Torino non è coinvolto e non si lascia certo commuovere dai sentimentalismi altrui; e comunque pure il Chiampa quando ci si mette è una capatosta. Oltre la siepe dell'idillio si profila il buio di un altro canaio.
Mandano avanti noi, a loro scappa da ridere
Non è finita. Ammesso e non concesso che entro Natale il Salone del Libro di Torino sia pronto, lento pede, a muoversi, resta il problema di Milano, che intento avrà corso. Quale Salone si farà (se si farà) a Torino? Attenzione: anche se nessuno lo dice chiaro, l'idea che circola nelle alte sfere è di una fiera di Milano che sia di riferimento per la "vecchia editoria" (insomma, il libro com'è e come prevedo resterà ancora per tanti anni), mentre il Salone di Torino dovrebbe rivolgersi soprattutto al "nuovo mondo dell'innovazione", editoria elettronica eccetera eccetera. Posso dire? Una solenne fregatura. Perché quella sarà pure l'editoria del futuro, ma a noi ci capita di vivere nel presente, e nel presente i grandi numeri - di vendite e anche di visitatori in fiera - non li fai col futuro. Insomma, ci stanno intortando con la solita storia di "Torino città laboratorio", "Torino città d'avanguardia", e andate avanti voi a che noi scappa da ridere.
Il rating non cambia
In conclusione. Non voglio passare per disfattista. Pertanto, alla luce di quanto su esposto, e immerso nella tenebra della mia stupidità, ancora non cambio il mio rating sul futuro del Salone del Libro di Torino: BBB meno. È comunque meglio dell'Italia: ma ci vuole anche poco.
Commenti
Posta un commento