Cambio di strategia per il Salone: la guerra lampo è rimandata ("Il maresciallo Ney alla ritirata di Russia", dipinto di Adolphe Yvon) |
In realtà nessuno mi obbliga, per cui potrei fregarmene solennemente dell'ennesimo appuntamento con il destino, annunciato per domani, 23 agosto, in Regione; e dedicare l'intero pomeriggio a invasare la conserva. Un'attività non soltanto più piacevole, ma pure più sensata che imbischerirsi sulle bischerate salonistiche.
Il giorno del nulla
Eppure, lo stesso perverso meccanismo mentale che spinge il giocatore patologico a tentare l'azzardo mi induce oggi a riaprire la bottega per il semplice motivo che domani si consumerà l'ennesima inconcludente tappa di un interminato calvario.A leggere le gazzette, un viandante speranzoso potrebb'anche farsi persuaso che domani si decidano i destini di un Salone più grande e più bello che pria. Si traggono infatti auspici magnifici dall'imprescindibile "appello degli intellettuali"; e si prospetta nella radiosa giornata che verrà "il varo del nuovo Statuto", la decisione se affidare l'organizzazione del Salone 2017 alla Fondazione o se lasciarla alla Gl Events (che mi sembrerebbe una genialata, visti i precedenti...), e magari pure la scelta del direttore artistico, dando per scontato che il presidente sia Bray.
Balle.
Lasciamo perdere l'appello degli intellettuali, che porta una sfiga immane. Quando gli intellettuali lanciano appelli - per antonomasia inutili - in genere la battaglia è già persa.
Occupiamoci di cose serie.
Carriere a rischio: presidenti del Salone e incursori di Marina
Intanto, Bray non è ancora il presidente della Fondazione per il Libro, e non è certo se mai lo sarà. Agli atti non esiste neppure una proposta ufficiale, che dovrà arrivare dai capataz di Regione (presidente Chiampa) e Comune (sindaco e Appendino), ed essere sottoposta al Consiglio d'amministrazione prima di raggiungere, per eventuale accettazione, l'interessato. Tutto lascia prevedere che ne verremo a capo, se va di lusso, a fine settembre. E nessuno mi leva dalla testa che Bray ha voglia di fare il presidente del Salone quanto io di arruolarmi negli incursori della Marina.Ragionevolmente, però, soltanto con un presidente nominato si potrà scegliere il direttore artistico. Ma ne parliamo più avanti, mettetevi comodi.
Una bozza di Statuto
Secondo me, sarà già cara grazia se domani dall'incontro in Regione uscirà la decisione di varare il nuovo Statuto della Fondazione per il Libro. Giusto l'ok a procedere, beninteso. Il fuma c'anduma. Perché, sappiate, non esiste ancora il nuovo Statuto. C'è sì una bozza di Statuto, che il presidente in pectore con incarico esplorativo Massimo Bray ha presentato alla fine della scorsa settimana. Una bozza che potrà diventare Statuto, ma di mezzo ci sono i passaggi in CdA e Assemblea dei Soci e naturalmente l'approvazione da parte di Regione e Comune (spero come atti di giunta, che se si va in Consiglio facciamo le calende greche).La bozza di Bray è come Bray: diligente ma non entusiasmante. La bozza di un onesto Statuto. Tra le novità, spicca la figura del Segretario generale, in sostanza una specie di direttore amministrativo. Il ruolo in Fondazione già esiste (era di Valentino Macri, quello beccato per la turbativa d'asta), ma non è previsto dallo Statuto: e trattandosi di un incarico amministrativo, potrebbe andare a bando. Quindi la va a essere lunga.
La bozza prevede anche il Consiglio d'indirizzo; nel Consiglio d'indirizzo, tra ministeri, enti locali e banche, dovrebbero sedere anche i "rappresentanti di interessi diffusi": cioé bibliotecari, librari, lettori. Detta così fa ridere, come funziona? che vado per strada fermo uno e gli dico scusi lei legge? e se mi risponde sì lo porto nel consiglio d'indirizzo?
Quindi bisognerà trovare pure i sistemi per scegliere questi "rappresentanti". A naso, direi che la va a essere lunga, ma lunga lunga. Quanto lunga? Lunga.
Guerre lampo e dispettucci
Insisto sul "lunga" perché secondo il sindaco e Appendino la strategia anti-Milano doveva essere la guerra lampo: arrivare ai primi di settembre con un Salone già attrezzato di Statuto, progetto e governance, così da battere sul tempo gli odiati bauscia.Come volevasi dimostrare. E' guerra lampo sì, ma dei fratelli Marx.
E difatti adesso bollono in pentola iniziative alternative per spezzare le reni meneghine: la più astuta e devastante viene attribuita a una rappresentante ministeriale che caldeggia la nomina di un direttore milanese "per fare un dispetto a quelli di Milano". Non c'è che dire, una strategia spettacolare. E dopo le nobili invettive a mezzo Fb, perfette per il settore "adolescenti problematici", altre contromisure sono allo studio, dal furto delle merendine in Mondazzoli alle puntine da disegno sulla poltrona di Motta.
Città del libro? Ecche è?
Pochi invece discutono di questioni come il coinvolgimento nel Salone torinese delle "città del libro" - quelle che ospitano manifestazioni letterarie importanti, da Mantova a Pordenone, a Roma. Sono una settantina, e un'alleanza ci darebbe un'autorevolezza culturale che i milanesi si sognano: ma l'argomento non affascina i più.Direttori e supercazzole
Fuor di cabaret, la questione del direttore editoriale (o artistico, insomma il Ferrero del futuro) vede, tanto per cambiare, due opposte linee di pensiero (beh, pensiero si fa per dire...). Il sindaco e Appendino vogliono fortemente un direttore torinese. Hanno ragione, visto che l'esperienza con le signore milanesi ha lasciato più danni delle cavallette. Nelle condizioni disperate in cui ci siamo ficcati con un'esaltante serie di minchiate, tanto vale affidarsi a qualcuno che, quantomeno, conosca la città e il Salone, e non usi l'una e l'altro per compiacere i propri cari e curare le proprie relazioni milanesi e/o romane. I candidati naturali sono Giuseppe Culicchia e Marco Pautasso.I sostenitori dell'ipotesi contraria, quella del "superdirettore internazionale" - versione sabauda della supercazzola brematurata - sono invece, a quanto mi risulta, soprattutto Bray (al quale Torino interessa meno che il suo primo dentino) e la Regione - ovvero Chiampa & Antonellina Parigi.
Ma se prevalesse questa linea chi potrebbe interpretare al meglio la supercazzola brematurata artistico-direttiva salonistica? Ho sentito fare due nomi.
Il primo è Giulia Cogoli.
Credo sia uno scherzo.
Da Alessandria d'Egitto al Cairo: un nome internazionale
Teresa Cremisi |
Confesso che fino a ieri ignoravo l'esistenza di questa signora, che sarebbe la candidata preferita di Bray. Talmente preferita da scommettere che quando il Massimone ha tirato fuori la pantomima del "direttore internazionale" pensava proprio a lei.
Mi sono informato, e ho scoperto che fra questa Cremisi e Cogoli non c'è partita: Teresa Cremisi in campo editoriale vanta effettivamente un curriculum internazionale di prim'ordine, e non soltanto perché ha scritto in francese un romanzo autobiografico pubblicato in Italia da Adelphi, né perché è nata a Alessandria d'Egitto come Ungaretti. La signora ha effettivamente ricoperto incarichi di primo piano in Garzanti, Rcs, Gallimard, Flammarion e Madrigall. Mica pizza e fichi. Ciò non significa per forza che sappia dirigere il Salone del Libro. E di sicuro conosce Parigi (la città dove vive, l'Antonellina non so) meglio di Torino. Però non è una quaquaraquà, e di 'sti tempi significa già qualcosa. Ma la cosa che è sfuggita ai più è che da alcuni giorni Teresa Cremisi fa parte del nuovo CdA del Corsera gestione Cairo. L'intreccio si infittisce.
Un programma, perché no?
Naturalmente, se volessimo darci una allure cosmopolita, nulla ci vieterebbe di arrivare alla scelta del direttore del Salone tramite un "appel d'offre" (che suona più chic di un bando). Nulla, se non che adesso siamo pressati dall'urgenza emergenziale che tipicamente affligge gli sprovveduti fanfaroni: bisognava pensarci due anni fa, quand'era ora e quando chiunque non affetto da gravi deficit cognitivi avrebbe preparato per tempo la successione di Picchioni e Ferrero.Ad ogni modo, dicevo dell'"appel d'offre". Gli interessati dovrebbero farsi avanti presentando un progetto per il prossimo Salone. Sembra ovvio che un eventuale direttore abbia un progetto. Ma a quanto pare non lo è, perché fra tante ciance mi risulta che al momento l'unico progetto per l'edizione 2017 lo ha presentato Culicchia. Eppure nel mondo normale è logico scegliere un direttore in base a quello che sa e vuole fare. Talmente logico che già un anno fa uno dei consiglieri d'amministrazione della Fondazione, Roberto Moisio, aveva chiesto un progetto all'allora "direttrice in pectore" Giulia Cogoli. La signora aveva risposto che lei non presentava nessun progetto prima di aver firmato il contratto. Probabilmente si credeva Arrigoni.
Poi è andata com'è andata. Ma a Torino l'esperienza non insegna mai niente.
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