Aggiornamento del 24/6: l'assemblea è stata rinviata a metà luglio.
Il 28 giugno l'assemblea dei soci della Fondazione per il Libro approverà il bilancio, e in quell'occasione è certo che discuteranno sul futuro del Salone. Nell'attesa cerco di raccogliere le idee. E' un esercizio più che altro a uso mio, ma se vi interessa accomodatevi pure, non c'è niente da nascondere.
Ecco lo scenario se prevarrà questa linea. La Fondazione cessa di occuparsi del Salone e continua il suo lavoro sulla promozione della lettura, gli scrittori nelle scuole e nelle carceri, la rete delle "città del libro", eccetera eccetera. Insomma, tutto il pacchetto "educational" che sta a cuore ai ministeri (MiBACT e Miur). I ministeri mettono i soldi promessi fino al 2018, cioé 600 mila euro l'anno. Poi si vedrà: se dopo quella data arriveranno altri finanziamenti ministeriali, si andrà avanti; altrimenti, la Fondazione potrebbe anche estinguersi, più o meno lentamente.
Intanto gli editori - ai quali abbastanza insensatamente non frega nulla della "promozione della lettura" - si prendono il Salone e se lo fanno come piace a loro, spendendoci di tasca propria. Va da sé che potrebbero anche decidere di renderlo itinerante, spostarlo in un'altra città, non farlo più. Dipenderà dalle convenienze del mercato.
Un altro player importante è il nuovo socio Intesa San Paolo, che mette un sacco di soldi e siede nel Comitato d'Indirizzo. Il plenipotenziario Michele Coppola qualche settimana fa mi ha detto che il Comitato d'Indirizzo dovrà prima decidere come sarà il Salone del futuro, e dopo scegliere un direttore. Mi pare che immagini ancora un Salone governato dal Comitato d'Indirizzo, e dunque affidato alla Fondazione.
In caso di scorporo resterebbero poi da gestire i rapporti con Gl Events (dopo la vendita del Padiglione 5, è lecito domandarsi se e quanto la multinazionale francese intenda restare al Lingotto) e con la società Eventualmente che cura parte dell'organizzazione materiale del Salone (rapporti e comunicazione con gli espositori, progetti speciali, International Book Forum). Rapporti che verrebbero rivoluzionati qualora il Salone finisse nelle mani degli editori. Ma questa è un'altra, lunga storia. Ci sarà modo e occasione.
Quanto al direttore editoriale, i nomi sono tanti. Credo tuttavia che in questo momento l'unica a pensarci concretamente sia l'assessore Parigi: so che vedrebbe bene Culicchia (anch'io lo vedrei bene, per vari motivi che ho già spiegato), ma è una suggestione come un'altra.
E anche qui, finché in Comune non c'è il sindaco nuovo, non muove foglia. L'importante è che il 28 giugno tutte le parti in commedia arrivino con qualche idea in testa, e con una discreta apertura al dialogo. Altrimenti la seconda vita del Salone del Libro comincerà malissimo.
Il 28 giugno l'assemblea dei soci della Fondazione per il Libro approverà il bilancio, e in quell'occasione è certo che discuteranno sul futuro del Salone. Nell'attesa cerco di raccogliere le idee. E' un esercizio più che altro a uso mio, ma se vi interessa accomodatevi pure, non c'è niente da nascondere.
Fondazione e Salone separati?
In pratica la situazione è questa. Da una parte ci sono la Regione (cioé il Chiampa) e gli editori dell'Aie, che dopo l'uscita del loro presidente Federico Motta dal CdA del Salone, adesso stanno alla finestra in attesa degli eventi. Per motivi diversi, Aie e Regione immaginano un Salone scorporato dalla Fondazione per il Libro. Il Chiampa perché non ha più soldi, e quindi sarebbe ben contento di liberarsi di un finanziamento piuttosto oneroso; gli editori perché credono soltanto nel Salone, che considerano uno strumento di marketing conveniente, e non nelle altre attività "educational" della Fondazione. A loro il Salone piace così com'è, lo hanno detto e ripetuto.Ecco lo scenario se prevarrà questa linea. La Fondazione cessa di occuparsi del Salone e continua il suo lavoro sulla promozione della lettura, gli scrittori nelle scuole e nelle carceri, la rete delle "città del libro", eccetera eccetera. Insomma, tutto il pacchetto "educational" che sta a cuore ai ministeri (MiBACT e Miur). I ministeri mettono i soldi promessi fino al 2018, cioé 600 mila euro l'anno. Poi si vedrà: se dopo quella data arriveranno altri finanziamenti ministeriali, si andrà avanti; altrimenti, la Fondazione potrebbe anche estinguersi, più o meno lentamente.
Intanto gli editori - ai quali abbastanza insensatamente non frega nulla della "promozione della lettura" - si prendono il Salone e se lo fanno come piace a loro, spendendoci di tasca propria. Va da sé che potrebbero anche decidere di renderlo itinerante, spostarlo in un'altra città, non farlo più. Dipenderà dalle convenienze del mercato.
La resistenza di Milella
Sulla barricata opposta c'è la presidente Milella, attaccatissima alla poltrona. Ha smosso fior d'avvocati per essere rassicurata sull'appiglio legale che la sottrae alla mannaia della legge Madia. E il comunicato dell'altro ieri - un autentico inno al "guardate quanto sono stata brava" - è in pratica il suo manifesto per la riconferma. Per lei Fondazione e Salone sono un unicum inscindibile. Presiedere una Fondazione svuotata del Salone sarebbe una deminutio devastante.Gli alleati: eventualmente Coppola
Michele Coppola di Intesa San Paolo |
In caso di scorporo resterebbero poi da gestire i rapporti con Gl Events (dopo la vendita del Padiglione 5, è lecito domandarsi se e quanto la multinazionale francese intenda restare al Lingotto) e con la società Eventualmente che cura parte dell'organizzazione materiale del Salone (rapporti e comunicazione con gli espositori, progetti speciali, International Book Forum). Rapporti che verrebbero rivoluzionati qualora il Salone finisse nelle mani degli editori. Ma questa è un'altra, lunga storia. Ci sarà modo e occasione.
Gli alleati: di sicuro Fassino (se c'è)
Quanto a Fassino, mi pare orientato a sostenere Milella, se possibile, e l'attuale struttura di governance. Con le modifiche del caso, per "svecchiare" il Salone. Ma con giudizio. Immagino però che in questo momento il Salone non occupi un posto di prima fila tra i pensieri del malconcio Filura. Ad ogni modo, se il 28 giugno sarà ancora sindaco, ritengo che sosterrà Milella. E anche i due ministeri si adegueranno.L'incognita è Chiara
Se il sindaco sarà invece Appendino, i giochi si riapriranno. La candidata Cinquestelle ha dichiarato pubblicamente di considerare il Salone "un grande evento che porta una ricaduta sul territorio", e quindi positivo per lei che "non è contro i grandi eventi ma contro i grandi eventi che non portano una ricaduta sul territorio". Ciò significa che lei non è per l'abolizione del Salone del Libro; è un'ottima notizia, ma non dice molto sulle strategie che vorrà adottare se sarà sindaco (e magari anche assessore alla Cultura). Non so se abbia un piano, o se ce l'ha il suo fido consigliere Paolo Giordana. Di sicuro, se vincerà il 19 giugno tota Appendino dovrà arrivare all'assemblea dei soci, il 28, con un'idea precisa. Perché il tempo stringe.Tiù directors is mej che uan
Urge soprattutto trovare un nuovo direttore editoriale al posto di Ernesto Ferrero: il Salone del 2017 non aspetta, e non si fa in tre mesi. Anche qui siamo in alto mare. Prima i soci dovranno decidere se il direttore editoriale sarà anche il direttore organizzativo; o se ci saranno un direttore editoriale e un direttore organizzativo, il che mi sembra assai più realistico, trattandosi di funzioni e professionalità diversissime. Il ruolo di direttore organizzativo finora lo ha ricoperto formalmente la Milella, e adesso non può più, proprio in forza della legge Madia; in concreto però il vero direttore organizzativo, lo sanno tutti, è Marco Pautasso - tanto più da quando non c'è più Picchioni. Quindi si tratta o di riconoscere ufficialmente il ruolo a Pautasso (con un doveroso seppur austero aumento di stipendio) o di scegliere un direttore organizzativo diverso, accollandosi un ulteriore stipendio. Direi che la prima soluzione è più conveniente, anche sul piano economico.Quanto al direttore editoriale, i nomi sono tanti. Credo tuttavia che in questo momento l'unica a pensarci concretamente sia l'assessore Parigi: so che vedrebbe bene Culicchia (anch'io lo vedrei bene, per vari motivi che ho già spiegato), ma è una suggestione come un'altra.
E anche qui, finché in Comune non c'è il sindaco nuovo, non muove foglia. L'importante è che il 28 giugno tutte le parti in commedia arrivino con qualche idea in testa, e con una discreta apertura al dialogo. Altrimenti la seconda vita del Salone del Libro comincerà malissimo.
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