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LOVERS: SETTEMILA PRESENZE IN MENO E RISCHIA L'ACCORPAMENTO. MA VOGLIAMO PARLARE DEGLI SPONSOR?

Irene Dionisio e Giovanni Minerba, direttrice e presidente
Mi spiace insistere sulla questione delle presenze al Lovers Film Festival. Proprio non vorrei, non mi entusiasma e non è il momento.

Incombe l'accorpamento

Quella delle presenze a Lovers è una storia brutta, vecchia e ormai stucchevole, e so benissimo che non fa bene al festival; tanto meno oggi che la nuova presidente del Museo del Cinema, Laura Milani, a quanto sento dire, non esclude l'eventualità - per realizzare le famose "economie di scala" - di trasformare proprio Lovers in una semplice "costola" del Torino Film Festival. D'altronde la presidente me l'aveva detto tre settimane fa: "Si possono migliorare certi meccanismi, oggi non c'è coordinamento tra i festival. Potremmo intervenire per rendere il sistema più efficiente". E Laura Milani non mi sembra il tipo che perde tempo tra il dire e il fare.

La verità non è negoziabile

Però mi spiace davvero per Lovers. Il festival del cinema Lgbtqi - con la sua storia, con i suoi significati profondi - non meritava di precipitare in simili miserie. Ma la verità è un fondamentale non negoziabile. E gli errori vanno ammessi ed emendati.
Hanno sbagliato quanti, nell'entourage del festival, insistevano a negare che le presenze quest'anno fossero di molto inferiori al passato. E hanno sbagliato i manutengoli che all'epoca avevano aggredito verbalmente, al grido "i giornalisti scrivono solo bugie", il cronista tapino che scriveva quella sgradevole verità.
Lorsignori - a cominciare dai responsabili politici, gli assessori Giusta e Leon - potevano però chiudere con eleganza la faccenda ammettendo che il calo c'era, ed era evidente; e, magari, chiedendo educatamente scusa.
Invece tutti quanti, Museo del Cinema in testa, si sono ingegnati prima di tacere la verità, e poi di edulcorarla con il comunicato del 3 ottobre in cui scrivevano che Lovers 2017 ha avuto "un totale di 23.000 presenze, in linea con il trend decrescente degli ultimi dieci anni".
Ok, dicevano in sostanza, le presenze sono calate, ma già calavano: è il trend, bellezza, non possiamo farci niente.

Da trentamila a 23 mila presenze: non è un trend, è un crollo

Vengo ora a conoscenza di una comunicazione inviata il 5 ottobre scorso dal Museo del Cinema al consigliere comunale Chiara Foglietta (pd) che intendeva di chiedere l'accesso agli atti per vedere i dati autentici. Nella lettera al consigliere Foglietta il Museo ribadisce che le presenze nel 2017 sono state 23 mila: di cui, badate bene, solo 18 mila nelle sale del Massimo, calcolate - garantiscono dal Museo - con i lettori elettronici dei biglietti. Le altre 5 mila presenze sono attribuite agli "eventi collaterali" che spesso per loro natura (ingresso gratuito, locali pubblici, spazi all'aperto) implicano un calcolo spannometrico delle presenza.
Ma nella lettera al consigliere Foglietta il Museo del Cinema aggiunge un nuovo elemento: nel 2016, scrivono dalla Mole, le presenze al Tglff furono 30 mila. Finalmente. E' ciò che volevo sapere.
Ad ogni modo: passare da trentamila a 23 mila (o 18 mila...) non è "seguire un trend decrescente". E' uno sprofondo. Tanto più che, ancora nel 2013, si parlava di 35 mila presenze. Quindi, fatemi capire: in quattro anni, fra il 2013 e il 2017, il festival aveva perduto 5 mila presenze, e voi cambiate la direzione perché "il festival perde pubblico"; e dopo il cambio di direzione il festival perde, anno su anno, 7 mila presenze, più di quelle perse in quattro anni. E voi mi dite che questo è "il trend decrescente degli ultimi dieci anni"? Ma siete scemi voi, o prendete per scemo me?

E adesso vediamo i biglietti venduti

Per chiudere, spero definitivamente, lo sgradevole pasticcio manca soltanto un dato: quello dei biglietti venduti. Le "presenze" si possono calcolare in mille modi diversi e sempre con una bella dose di approssimazione. Gli incassi sono invece un dato oggettivo e per certi versi significativo. E' vero, in un festival cinematografico gli incassi non pesano molto: nelle sale ci sono molti abbonati e ancor più accreditati. Ma insomma: intanto vediamo i numeri, che sono comunque un punto fermo. 
Ovviamente non dispongo di un dato ufficiale sui biglietti venduti a Lovers 2017. Lo sapremo presto, perché l'incasso della biglietteria del festival sarà scritto nel bilancio consuntivo di quest'anno. Nell'attesa girano però cifre non verificabili, ma avvilenti: gli incassi, coerentemente con il trend delle presenze, sarebbero scesi all'incirca a quota 20 mila euro. 
Nei bilanci del Museo degli anni dal 2014 al 2016, alla voce "ingressi" troviamo, per Cinema Gay, un incasso di 36.065 euro nel 2014, che scende a 33.573 euro nel 2015 e cala ancora, nel 2016, a 29.237 euro. Quindi il calo negli ultimi tre anni c'era. Ma questo non era in discussione. Il bilancio 2017 ci dirà invece se anche gli incassi, come le presenze, sono crollati anno su anno di quasi un terzo.
Tutto questo per amor di precisione. Per rispetto verso chi elegge e verso chi paga. E perché in futuro tengano al guinzaglio i loro giannizzeri e non li mandino in giro a insolentire i galantuomini. A tal proposito due righe di scuse scritte sarebbero non dico gradite - non me ne può fregare di meno - ma necessarie per ristabilire il principio di trasparenza nelle attività pubbliche, e di civiltà nei rapporti umani.

Una polemica che non doveva mai cominciare

E' triste arrivare a questi passi. L'importanza di un festival come il Tglff (anche se si chiama Lovers va bene lo stesso) non la calcoli con i criteri di bottega, tanto costa, tanto rende, e se viene tanta gente vuol dire che è tanto importante. Cinema Gay è necessario per ciò che rappresenta, per ciò che dice, per le riflessioni che può generare, per le coscienze che può toccare. E aggiungo: la nuova direttrice Irene Dionisio doveva essere messa in condizioni di lavorare tranquillamente, senza l'impellenza di confronti muscolari con il passato
Qui nasce l'equivoco. Il cronista ha il diritto e il dovere di rilevare anche le questioni miserabili (tipo le presenze) in quanto dati di cronaca. Ma trovo agghiacciante che i responsabili politici del festival prima vengano con l'aria compunta a raccontarmi favolette del tipo "abbiamo cambiato perché il festival perdeva pubblico"; e poi tentino di negare l'evidenza - ovvero di percularmi - sostenendo che il pubblico non è diminuito. Ciò innesca automaticamente lo spannometro e la verifica dei risultati (o non risultati) di bottega.
Insomma: sono stati lorsignori a metterla in caciara. Ma quando impareranno che l'umiltà paga più dell'arroganza?
E dire che ci sarebbero ben altre sfide da affrontare e vincere.

Una vergognosa realtà: niente sponsor per il Cinema Gay

Spulciando i bilanci del Museo del Cinema, ad esempio, salta all'occhio un fatto ben noto, ma su cui si riflette poco. La disparità dei proventi da sponsorizzazioni fra i tre festival. Ora, io posso capire che il Tff - più grande, più celebre, più generalista - faccia la parte del leone; e infatti rastrella 240 mila euro nel 2014, 295 mila nel 2015 e 260 mila nel 2016. Ma è agghiacciante l'abisso fra Cinema Gay e CinemAmbiente, due festival sotto molti altri aspetti comparabili: le sponsorizzazioni portano a CinemAmbiente 180 mila euro nel 2014, 180 mila nel 2015 e 165 mila nel 2016; Cinema Gay si deve accontentare di 27.400 euro nel 2014, 18.750 nel 2015 e 18.246 nel 2016.
Si sa da sempre. E si sa anche il perché, ma lo si ammette a denti stretti e tra mille reticenze. Questa bella società che si pretende evoluta e aperta non è né evoluta, né aperta. E sponsorizzare un festival di cinema gay non paga. I panda e le balene sono simpatici a tutti, i gay no. Sono controversi, nel migliore dei casi. 

La buona politica cambia le mentalità, prima delle poltrone

Ecco, posso dire? Anziché esibirsi in giochini di sottogoverno e grtadassate del tipo "noi siamo più fighi e lo facciamo meglio", i politici, specie quelli che si pretendono "nuovi", dovevano - e devono ancora - sostenere il festival su quel fronte, guardare quei dati e dire forte che sono indegni di una città che si pretende civile. 
Ma non si fermino allo sdegno un tanto al chilo. Si impegnino sul serio, una volta tanto: esercitino la propria moral suasion, mettano in campo la propria autorevolezza, se ce l'hanno, o il loro potere, se lo sanno usare, per arrivare a un cambiamento concreto. Inducano almeno gli "sponsor del sindaco" - quelli sempre in prima fila per foraggiare festivalini comunali d'incerto valore - a dare un contributo sostenzioso, importante, a Cinema Gay. E se quelli nicchiano, li tirino allo scoperto e gli facciano spiegare le vere ragioni del rifiuto. Almeno per capire con chi si ha a che fare.
Questo sì sarebbe utile: non soltanto per Cinema Gay, indipendentemente da come si chiama e da chi lo dirige; ma soprattutto per la civiltà di Torino.
Fate qualcosa di dignitoso, vi prego. 

Commenti

  1. CON LA SOLA "RAGIONE" NON SI FANNO I FESTIVAL - A meno di 1 anno dall’incommentabile allontanamento di Alberto Barbera – il miglior manager che l’Italia possa vantare nel suo settore - dalla Direzione del Museo Nazionale del Cinema, colpevole secondo la Giunta 5 Stelle semplicemente di non avere la giusta tessera di partito, e dopo le vivaci polemiche sull’ultima edizione del TGLFF - Turin Gay Lesbian Film Festival – ribattezzato “Lovers” in virtù di un assai discutibile e prematuro progetto di rebranding – prendiamo atto di ciò che era più che prevedibile, nonché annunciato da molti, tra i quali il giornalista indipendente Gabriele Ferraris: il Festival ha avuto un significativo calo di presenze, figlie probabilmente dei vergognosi ritardi dei nostri politici - in questo perfettamente “alleati”, Comune e Regione - nel dare al Festival una governance efficace, nonché - in parte - dell’inclemente caldo torrido del mese di giugno scorso. A margine, rilevo come non uno di questi politici abbia trovato scampoli di onestà intellettuale per prendersi con chiarezza responsabilità per le proprie scelte riguardo a un Festival che è finanziato quasi interamente con fondi pubblici, quindi nostri, e che presentava già sufficienti criticità - ad esempio la difficoltà di aggregare sponsor attorno alla manifestazione - senza bisogno che arrivassero nuovi illuminati geni a complicare ulteriormente le cose. Ora la Direttrice Irene Dionisio inizia a parlare della necessità di un festival più “pop” e di altre cose che erano incluse nella versione progettuale del nuovo Festival proposto da Fabio Canino, che però, all’epoca, neppure è stato chiamato per un consulto dal Comune, forse in quanto che era macchiato dall’incredibile onta di essere “progressista” e non pentastellato. Tutto ciò detto, questo è un festival particolare, dal forte significato politico (nel senso alto del termine), che “appartiene” a tutta la comunità (non solo GLBT), e che a mio avviso dovrebbe essere sostenuto anche da coloro i quali sono stati i più critici censori non delle *persone* bensì delle idee, idee che evidentemente non sono state del tutto funzionali a garantire un’edizione 2017 di successo. Cosa può fare allora ognuno di noi, ora, per l'edizione 2018? Pascersi del “avevamo ragione”…? Con la sola ragione, purtroppo, non si fanno i Festival, e questo è un Festival preziosissimo per i valori che veicola: non può morire, ne tanto meno venire “accorpato” dentro altri Festival, con il rischio man mano di sparire. Dal canto mio, da sostenitore del Festival che nulla vi ha da guadagnare, ma eventualmente solo da spendere, ho inviato poc’anzi una comunicazione alla Direttrice Dionisio: ho proposto al Ministero degli Esteri, che ha accolto con vivo interesse l’idea, di organizzare un talk sul tema del cinema underground a tematica LGBT in quei paesi dove vige la pena di morte o comunque la discriminazione e la ghettizzazione per le persone a diverso orientamento sessuale, perché a volte “qualcosa si muove” sotto traccia, e il cinema può essere un interessante indicatore di questa vivacità culturale nonostante i pericoli e le persecuzioni. Penso che ognuno dovrebbe impegnarsi pro-bono per fare qualcosa, a prescindere dalla propria personale sensibilità e del proprio orientamento politico, per tendere una mano a questa bellissima, straordinaria ed emozionante manifestazione. E qualunque cosa sia, va fatta ora. Grazie di cuore a chi accoglierà l'appello.

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