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SALONE DEL LIBRO: QUALCHE CERTEZZA PER I DIPENDENTI

Oggi c'è un segnale di vita pure sul fronte del Salone del Libro. L'altro giorno ho ricordato l'ansia dei dipendenti dell'ex Fondazione per il Libro per la nebulosa e sfuggente vaghezza delle istituzioni a proposito dei loro contratti di lavoro, che scadono a fine giugno. Nei giorni scorsi il rappresentante sindacale dei dodici lavoratori ha chiesto un tavolo di crisi (un altro tavolo...) e gli hanno promesso che lo apriranno (a me fa ridere, questa cosa che "aprono i tavoli": che tavoli sono? tavolini da campeggio?). Intanto, oggi è finalmente arrivato un segnale. Rispondendo a un'interpellanza consigliare, la Parigi ha confermato che sarà garantito il ricollocamento di tutti e dodici. 
Il tavolo lo aprono all'assessorato al Lavoro della Regione, però i dipendenti - ha ricordato la Parigi - se li deve beccare il Comune, visto e considerato che ha voluto beccarsi il Salone affidandolo alla sua Fondazione Cultura: "Stante l'attuale ipotesi di organizzazione delle future edizioni del Salone del libro, sarà la Fondazione per la Cultura, che dovrà gestire la parte culturale della manifestazione, a indicare quanti lavoratori assorbirà e con quali modalità, sulla base del business plan che sta elaborando", ha detto. 
Se poi alla Fondazione Cultura non servissero tutti e dodici (e non serviranno, questo già si sa) "eventuali esuberi - ha aggiujnto l'Antonellina - saranno riassorbiti attraverso diverse modalità: da una parte la previsione di un principio di premialità, che intendiamo inserire all’interno della gara che stiamo definendo insieme al Circolo dei lettori per l’individuazione di un partner privato: dall’altra il collocamento di tali eventuali esuberi all’interno delle partecipate della Città di Torino sulla base delle competenze professionali". 
Confesso che non ho capito che cavolo sia il "principio di premialità", forse sperano di rifilarne qualcuno al coraggioso "partner privato" che si farà carico dell'organizzazione tecnica; di sicuro, se non si trovano altre sistemazioni, chi per anni e anni ha lavorato al Salone finirà in qualche ufficio para-comunale. Da Amiat a Gtt, da Iren a Soris, vale tutto.
E' evidente che saranno pochi quelli che continueranno a lavorare per il Salone. Da anni sento ripetere che la vecchia struttura era sovradimensionata. La Parigi lo ha pure detto tra le righe, oggi in Consiglio: "Sarà necessario operare in discontinuità rispetto al passato: se tutti siamo concordi nel mettere in risalto gli obiettivi e i successi culturali del Salone del Libro e i suoi successi, dobbiamo altresì riconoscere che negli ultimi dieci anni la gestione della manifestazione ha evidenziato criticità - con l’eccezione dell’edizione 2018 - che non potranno essere replicate". Traduzione: quest'anno per la prima volta da tempo immemorabile siamo riusciti (meglio: il Circolo dei Lettori è riuscito) a fare un Salone che non è andato in perdita, risparmiando quasi un milione. Se l'hanno fatto, significa che si può fare. E la Fondazione Cultura - visto che ha già personale suo - può fare il Salone con meno gente, risparmiando qualche stipendio. 
Resta da scoprire quali saranno i salvati - che continueranno il loro mestiere di "salonisti" con la Fondazione Cultura - e quali i sommersi destinati a finire altrove. Per ora nessuno lo sa: mi risulta - anche a lume di logica - che tra i "salvati" sono in pratica sicuri il vicedirettore Marco Pautasso e la responsabile di Bookstock Maria Giulia Brizio, e almeno una figura amministrativa. Per altri dipenderà da molti fattori, compresa la loro volontà: sento persino dire - ma sono voci - che a qualcuno non dispiacerebbe un'esperienza in un altro settore.

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