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L'ELABORAZIONE DELLA SCONFITTA: UNA STORIA DI BANDI

E' una moda nuovissima, nell'ambiente teatrale.
Funziona così:
1) Si partecipa a un bando per ottenere un finanziamento da una fondazione bancaria (gli episodi, finora, riguardano la Compagnia di San Paolo, ma è ovvio che la tendenza si potrà estendere anche alla Fondazione Crt, o a qualsiasi altro ente erogante).
2) Se si vince, e il finanziamento viene concesso, va tutto bene.
3) Se si perde, e si viene esclusi dal finanziamento - o peggio, lo si perde dopo che lo si è ricevuto per un tot di anni - si dà il massimo risalto all'esclusione, e nei casi più estremi si chiede - cortesemente, ma con un'arietta risentita - che le ragioni dell'esclusione vengano spiegate, giustificate, motivate. Lasciando magari intendere che, sotto sotto, si è vittime di un'ingiustiza. E, novità nella novità, anche qualche consigliere comunale - immagino non nemico -reclama "maggiore chiarezza e condivisione delle scelte" da parte di fondazioni bancarie che non dipendono dagli enti del governo locale. 
Forse è un segno dei tempi: le fondazioni bancarie, si sa, sono sempre meno inclini a fare i bancomat della cultura, e probabilmente stanno diventando più selettive. In ogni caso, qui non si tratta di un taglio dei contributi, come fanno ormai d'abitudine certe amministrazioni civiche che continuano a ridurre l'investimento in cultura; qui c'è un privato - la fondazione bancaria - che i soldi li dà, però pretende di decidere di volta in volta a chi darli, valutando i progetti; e può accadere che un progetto, per quanto buono e in precedenza finanziato, a questo giro perda il contributo a favore di un altro che la commissione giudicatrice valuta migliore.
Purtroppo un simile sistema contrasta con un atteggiamento mentale che oggi va per la maggiore: siamo tutti uguali, tutti perfetti, tutti bravissimi, e nessuno può affermare il contrario perché l'alta opinione che abbiamo di noi stessi vale come principio assoluto, anche quando non è minimamente condivisa dal resto del mondo.
Fatto sta che si è scatenato l'inferno sull'esito del bando Performing Arts con il quale la Compagnia di San Paolo distribuisce importanti contributi alle più disparate iniziative di spettacolo dal vivo.
L'altro ieri il Progetto Cantoregi ha annunciato la chiusura del festival La Fabbrica delle Idee con un comunicato sì dolente, ma che si limitava a prendere atto del fatto che la rassegna era stata esclusa dai finanziamenti di quel bando. 
Oggi invece è Stalker Teatro a farci sapere che il proprio festival non è entrato nella rosa dei vincitori: ma lo fa scrivendo una lettera aperta - e piuttosto polemica - alla Compagnia di San Paolo e per conoscenza a mezzo mondo teatrale. 
Nella lettera il direttivo di Stalker Teatro - sigla peraltro storica, degnissima e ammirevole per il suo impegno nelle periferie - manifesta sorpresa per l'esclusione, elenca i propri meriti, sostiene che il festival rispondeva "agli obiettivi strategici del bando anche in rapporto con le iniziative selezionate": a farla breve, l'eterna litania italica del "che cos'hanno loro meglio di noi?". 
Il cahier de doléance si chiude con una richiesta ben precisa: "Ci piacerebbe avere una vostra risposta in merito agli argomenti sin qui esposti". Insomma, per come la capisco io chiedono alla Compagnia di San Paolo di spiegare - direi quasi giustificare... - la propria scelta. 
A me dispiace assai quando una compagnia teatrale, specie se meritevole, perde un finanziamento. So di quali lacrime gronda, e di che sangue, la vita di chi tenta di produrre cultura oggi; so quanto quei contributi siano vitali; so che spesso su quelle erogazioni di denaro si reggono i destini di una stagione teatrale, di un festival costruito con fatica, e di tanti onesti lavoratori dello spettacolo.
Ciò premesso, mi riesce difficile non ricordare che, nel momento in cui si partecipa a un bando, se ne accettano le regole e le incognite. E non lo dico io: questa è stata la risposta di un assessore comunale a chi contestava la strampalata procedura adottata per il bando di AxTo
Ma soprattutto: chi avanza riserve sui criteri di giudizio adottati nel bando che ha perso, manifesterebbe gli stessi dubbi se - come gli anni passati - lo avesse vinto? Certo che no, dato che si considera meritevole di vincerlo anche quest'anno. E quando vinceva il bando, non c'era forse un altro che lo perdeva? Se qualcuno vince, c'è sempre chi perde. E se chi allora perdeva fosse stato a sua volta convinto di essere degno di vincere, che cosa sarebbe accaduto? No, davvero: tutto ciò mi sembra in primis irrispettoso nei confronti dei colleghi che stavolta hanno vinto. Stai forse dicendo che non meritavano di vincere? E' matematico: se meritavi di vincere tu, uno dei 48 vincitori ti sta rubando il posto. Suona un po' come "hanno premiato loro che non valgono quel che valiamo noi", suvvìa. Se non fossimo tra gente per bene, si degenererebbe nell'eterno motto nazionale "noi siamo fighi, loro merde".
Badate: l'atteggiamento sembra meschino - specie a chi non si fa l'esame di coscienza - ma è naturale. Gli uomini sono pessimi giudici di se stessi. Proprio per queste ragioni si fanno i bandi: per decidere chi vince e chi perde. E l'eventuale sconfitta è implicita nella partecipazione a un bando. Sennò, a che minchia servirebbe il bando? Tanto varrebbe distribuire il denaro ai primi che passano, fino a esaurimento: e i ritardatari s'arrangino.
Sapete che c'è? C'è che la guerra tra i poveri sta arrivando alle sue logiche ed estreme conseguenze: il sistema della cultura sovvenzionata è collassato con l'impoverimento delle casse pubbliche, e gli operatori alla canna del gas si battono a sangue per accaparrarsi le ridotte risorse ancora disponibili.
In condizioni disperate come quelle attuali è comprensibile - attinge alla natura umana - che la lotta per sopravvivere non conosca quartiere, e che gli sconfitti attribuiscano la propria sconfitta a inghippi burocratici, malintesi, valutazioni errate, favoritismi, camarille, giudici incompetenti o distratti, complotti plutocratici, sfighe immeritate, terremoti, inondazioni, invasioni di cavallette e sbarchi di marziani. A tutto, tranne che a se stessi. Mi è capitato di rado di sentire uno sconfitto dire "ho perso perché gli altri erano più bravi". Se vinciamo noi, pensiamo di essercelo meritato; se vincono gli altri, è perché qualcuno ha barato. E allora vai col risentimento. 
Ripeto: capisco la delusione; capisco l'incazzo. Ma che senso ha scrivere - come scrive la compagnia Stalker Teatro nella sua dolente richiesta di "spiegazioni" - "se il progetto non ha ottenuto un punteggio sufficiente, secondo l’insindacabile giudizio della Commissione, ci piacerebbe conoscere i motivi dell’esclusione". Scusa, lo scrivi pure tu che il giudizio della Commissione è insindacabile. Quindi non è tenuta a dirti i motivi. A parte che in certi casi non conviene fare domande se non si vogliono risposte che feriscono il nostro amor proprio. 
E ditemi qual è la logica di quest'altra frase: "Così come il bando chiede agli enti proponenti trasparenza e competenza, ci piacerebbe per converso (anche se sappiamo non è previsto dal regolamento del bando) conoscere il punteggio che è stato assegnato alla nostra iniziativa, possibilmente nel rapporto con gli altri soggetti competitor". Insomma, le regole del bando non prevedono che il punteggio venga reso pubblico: però tu chiedi che venga reso pubblico, violando le regole del bando, immagino per verificare se per caso non si siano violate le regole del bando, o se i giudicanti siano dei perfetti bestioni inabili a giudicare.
Preciso, a beneficio di quanti non l'avessero capito, che ipotizzo un ideale "bando pulito e trasparente". Sono ben conscio che si tratta di un modello raramente riprodotto nella realtà. Ma nel caso del bando Performing Arts mi par di capire che non è questo l'argomento del contendere. Nessuno accenna a possibili brogli: si discute sul merito delle scelte. E' diverso. 
Non voglio entrare nello specifico della vicenda: per quanto ne so (e cioé nulla di nulla) potrebbero essere state perpetrate le peggio ingiustizie, con quel bando. Ma anche nessuna. Se qualcuno fosse al corrente di effettive violazioni delle regole, allora scateni l'inferno. Ci sta. E' anzi doveroso denunciare eventuali brogli. Però non rientra nelle regole di nessun bando che vinca chi si ritiene meritevole di vincere.

La lettera di Stalker Teatro

Per completezza d'informazione, vi riproduco qui sotto la mail inviata da Stalker Teatro alla responsabile del settore Arte Attività e Beni Culturali della Compagnia di San Paolo, nonché all'universo mondo. E stanno già arrivando i messaggi solidali dei vari dott prof lup mann del teatro italiano che auspicano "un ripensamento e una pronta eliminazione di un torto che il festival non si merita proprio". Poi qualcuno dei dott prof lup mann mi spiega come fanno a dirglielo ai tapini che verrebbero buttati fuori dalla graduatoria per reintegrare (prontamente, mi raccomando) Stalker nei propri calpesti diritti, eliminando il "torto che il festival non si merita proprio". Detto con la massima solidarietà per Stalker: ma gli altri mica sono pezze da culo, no? O sennò facciamo che smetterla coi bandi: i finanziamenti (dei privati, badate bene!) vadano a chi è in grado di schierare il maggior numero di attestati di stima di critici, teatranti, professori e politici.

Gentile Dott.ssa Maria Cristina Olivetti,
ci rivolgiamo a Lei e, in copia per conoscenza, ad alcuni esperti di settore che negli anni hanno conosciuto il nostro lavoro e a cui chiediamo cortesemente di esprimere un loro parere in questa sede sul Festival che organizziamo da oltre 30 anni.
Ci rivolgiamo nuovamente, con questa lettera, a Lei in qualità di responsabile del Settore della Compagnia di San PaoloArte, Attività e Beni Culturali”, auspicando di poter finalmente ottenere un riscontro alle nostre richieste di chiarimento in merito agli esiti del bando “Performing Arts 2018”.
Nelle precedenti tre email (indirizzate in data 31/05 alla Sua attenzione, in data 29/05 all’attenzione della Dott.ssa Fornara e in data 29/05 alla Dott.ssa Leporati) chiedevamo un incontro, anche soltanto un appuntamento telefonico, per conoscere le motivazioni che avevano escluso il Festival da noi organizzato dalla rosa dei vincitori del bando. La nostra richiesta di chiarimenti nasce dall’esigenza, per noi assolutamente importante, di capire gli errori di progettazione commessi ed evitare di ripeterli in futuro.
Purtroppo ad oggi non abbiamo avuto nessuna risposta.
Vorremmo con questa lettera provare ad esporre alcune nostre riflessioni.
Ci sorprende, innanzitutto, l’esclusione del Festival da noi organizzato (volto ormai alla sua 31esima edizione - primo Festival piemontese dedicato alle arti performative) dalle iniziative selezionate per il triennio 2018-2020 dal bando “Performing Arts”.
L’esclusione dal bando per i prossimi tre anni, significa per noi ripensare in modo significativo la strategia di sviluppo delle attività sul nostro territorio di riferimento: il quartiere periferico de Le Vallette di Torino. Un quartiere dove, com’è noto, le iniziative culturali, i servizi al cittadino, le opportunità di svago o educative sono rare e perlopiù a carico di pochi e determinati stakeholder di territorio. L'esclusione dal bando significa anche rischiare di perdere, totalmente o parzialmente,  il sostegno al Festival da parte della Regione Piemonte (legge 58) e Città di Torino (Tap) e mettere in crisi l’esistenza stessa dell’iniziativa.
Dalla lettura del bando risulta evidente che vi è stata una fase preliminare di verifica di aspetti procedurali/formali ed una successiva fase di valutazione del merito dei progetti.
Posto che è prevista dal bando stesso la possibilità di integrazioni nella prima fase, ci chiediamo se per qualche disguido amministrativo sia mancato questo eventuale passaggio, che ci avrebbe consentito di accedere alla successiva fase.
Se invece il progetto non ha ottenuto un punteggio sufficiente, secondo l’insindacabile giudizio della Commissione, ci piacerebbe conoscere i motivi dell’esclusione.
Sulla base della griglia di valutazione, anche nel rapporto con le iniziative selezionate, pensiamo che l’iniziativa da noi proposta, il programma previsto, il network di cooperazione costruito, la strategia pluriennale immaginata, colgano puntualmente gli obiettivi strategici del bando: qualità artistica, innovazione, cooperazione, sostenibilità, nuovo pubblico…
Più in dettaglio, vorremmo richiamare in merito alla “qualità della direzione artistica”:
- un articolo comparso nel dicembre 2003 a firma di N. Cooper sul prestigioso quotidiano britannico The Herald “[...] director Gabriele Boccacini have achieved what a million town planners have walled-in and made impossible, liberating hearts and minds by giving them space. In ana ideal world, it would always be thus [...]”;
- il riconoscimento del 2009 con il quale una giuria nazionale ha assegnato a Gabriele Boccacini l’autorevole premio “Franco Enriquez”;
- il premio “Teatri delle Diversità” consegnato nel 2014 a Boccacini dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro (ANCT).
Ci stupisce pensare che il programma del Festival, con 28 diversi spettacoli di compagnie provenienti dal Piemonte (5), da altre regioni italiane (14), dall’estero (8), con nuove produzioni inedite e riallestimenti di successo, con spettacoli in prima o segnalati dalla critica e dai premi nazionali e internazionali, non colga gli obiettivi del bando di “qualità degli artisti e delle formazioni coinvolte”, di “contribuire alla qualificazione, alla diversificazione al rinnovamento dei linguaggi scenici/performativi mediante connessioni interdisciplinari, inserimento di nuove produzioni”; così come che i processi di engagement su target group svantaggiati o segmenti di pubblico “freddi” - workshop creativi, incontri e dibattiti, mostre, proiezioni, momenti educativi dedicati alle scuole, walkscape sul territorio - non raggiungano gli obiettivi di bando di “occasioni di approfondimento e riflessione, anche nell’ottica di favorire la ricerca e l’utilizzo di sperimentazioni di linguaggio e di metodo”.
Ci sorprende pensare di non aver colto l’obiettivo di cooperazione “capacità di integrarsi e collaborare con altri soggetti e attività del sistema culturale di appartenenza” con un’iniziativa realizzata in partenariato con il Teatro Espace di Torino e in collaborazione con oltre 20 soggetti, tra cui citiamo i più significativi: Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, ISMEL Polo del ‘900, Accademia Albertina di Belle Arti, Università di Torino - DAMS, Istituto Europeo del Design IED di Torino, NESXT - Independent Art Network, Consolato Generale del Giappone a Milano, Dance Ireland - Casa della Danza Nazionale, Dublino - Irlanda, CITA Cooperativa Italiani Artisti...
Non capiamo, infine, l’eventuale valutazione negativa della “capacità di costruire un piano realistico di sostenibilità” per un’iniziativa che (r)esiste da oltre 30 anni e un’azienda con una solidità economica pluridecennale; un bilancio che diversifica le fonti di entrata e che riesce a contenere i prezzi di ingresso di modo da garantire l’accesso ai “segmenti più fragili di pubblico”; che, con la stretta collaborazione con gli stakeholder di territorio (tra tutti citiamo i walkscape organizzati con il Centro di Documentazione Storica della Circoscrizione 5), non si riesca a “valorizzare le professionalità culturali locali e a potenziare la forza attrattiva del territorio”.
Ci piacerebbe, in ultima istanza, avere una vostra risposta in merito agli argomenti sin qui esposti. Così come il bando chiede agli enti proponenti trasparenza e competenza, ci piacerebbe per converso (anche se sappiamo non è previsto dal regolamento del bando) conoscere il punteggio che è stato assegnato alla nostra iniziativa, possibilmente nel rapporto con gli altri soggetti competitor.
Ringraziando per l’attenzione,
in attesa di un gradito riscontro,
cordiali saluti,
Gabriele Boccacini, direttore artistico
Adriana Rinaldi, legale rappresentante
Stefano Bosco, direttore organizzativo

La risposta della Compagnia

Sempre per completezza d'informazione, riporto anche la risposta di Cristina Olivetti, responsabile dell'Area Arte,Attività e Beni Culturali della Compagnia di San Paolo:

Gentili tutti,
colgo questa occasione per inviare materiale informativo utile ai fini di una corretta conoscenza del Bando tematico di Selezione 2018 per le Performing Arts, emanato dalla nostra Fondazione, e delle circostanze connesse - che vedo sconosciute ai più: ad esempio le attività Casa del Quartiere Vallette, citate da molti, non concorrono a questo bando bensì sono seguite dalla Compagnia di San Paolo nell’ambito del rapporto diretto con il Comune di Torino.
Segnalo infine il nostro sito www.compagniadisanpaolo.it  a chi fosse interessato a conoscere l’operato della nostra Fondazione, gli obiettivi, le Aree d’intervento e i numerosi bandi  tematici:  tutti di selezione, temo, ma che in quanto tali ci permettono di sostenere effettivamente le progettualità, anche emergenti, anche nuove, che corrispondono al meglio agli obiettivi che la Compagnia ha deciso di porsi.
Con i migliori saluti
Cristina Olivetti, Responsabile Area Arte, Attività e Beni culturali

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