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FINE D'ANNO CON PIFFETTI

Il "Gabinetto" restaurato di Palazzo Reale
Un anno intero con Pietro Piffetti. Un lusso di quelli che soltanto a Torino puoi concederti. Ma per carità, che non si sappia in giro.
Abbiamo avuto le tre mostre di primavera dedicate all'ebanista principe di casa Savoia e ai suoi colleghi - diconsi tre, in pratica contemporanee, e tanto belle quanto scoordinate, al Museo Accorsi, alla Reggia di Venaria e a Palazzo Madama - e adesso l'ultimo mese di quest'annata piffettiana ci riporta alla ribalta il Piffettone nostro con una doppia opportunità che vi segnalo perché - come al solito - i diretti interessati sembra non si siano accorti della felice coincidenza (sapete, il famoso "fare sistema" che tanto si cita e poco si pratica...). 
Insomma, l'altro ieri a Palazzo Reale hanno riaperto - splendidamente restaurato a spese della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici - il "Gabinetto del Segreto Maneggio degli Affari di Stato" di Palazzo Reale. E' un ambiente da sballo: progettato da Juvarra e Benedetto Alfieri, affrescato da Beaumont e van Loo, esaltato dalle boiseries e dai mobili intarsiati del nostro amico Piffetti e del suo sodale Luigi Prinotto. Qualcosa di stratosferico, vertiginoso, esagerato. Da restare a bocca aperta.
Passano due giorni (due!) e oggi alla Reggia di Venaria inaugurano una mini-mostra dedicata a un mobile-capolavoro indovinte di chi?, ma di Piffetti, naturalmente. Trattasi di un'abbacinante scrivania con scansia proveniente da Palazzo Chiablese, scomparsa dopo la guerra, finita sul mercato antiquario all'estero e recuperata l'estate scorsa dai carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale. 
La super-scrivania, restaurata dal Centro di Venaria a spese di Intesa San Paolo, prima di tornare a Palazzo Chiablese viene esposta al terzo piano della Reggia insieme ad altri quattro formidabili pezzi d'arredo: un cofanetto (proveniente, ma guarda la coincidenza, dal riaperto "Gabinetto" di cui sopra), due tavoli, e il rutilante Paliotto dell'altare di San Filippo Neri. Un delirio di intarsi, avori, madreperle. Tutto made in Piffetti, è chiaro.
Riassunto: nell'arco di undici mesi, da febbraio a dicembre, Torino ha sciorinato ben cinque mostre (una media di una ogni due mesi)  dedicate ai capolavori dell'ebanisteria e ai maestri di quell'arte, in particolare a Pietro Piffetti, il più grande e celebre fra gli italiani. Una sensata pianificazione, marketing e promozione coordinati e incisivi, una adeguata  "narrazione" (come dicono quelli che non sarebbero in grado neppure di narrare la loro gita di famiglia a Spotorno) e adeguate intelligenze, avrebbero costruito su simili basi un evento di richiamo nazionale, se non internazionale. Così, invece, il tutto ha avuto l'eco di una mezza scorreggina nell'universo. 
Il risultato top fra tanti scoordinati sforzi è stato quello ottenuto dalla mostra di primavera alla Venaria ("Genio e maestria"): 43.503 biglietti in 107 giorni.

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