Quando la coppia scoppia: il direttore Mario Turetta e la presidente Paola Zini |
E per due volte di seguito i due baldi eroi d'la Venaria non si sono presentati in coppia, alle conferenze stampa per presentare le iniziative della Regia, come prevederebbe la consuetudine protocollare. Una volta è venuta la presidente Paola Zini, e il direttore Mario Turetta era assente "per motivi personali". La volta successiva c'era Turetta ma mancava la Zini.
A livello ufficiale si glissa, facendo finta di niente: ma tra il personale l'imbarazzo si avverte, così come si avverte la preoccupazione per il futuro della Reggia, che rischia di rimanere incagliata in uno stallo messicano dove entrambi i contendenti restano fermi sulle loro posizioni, guardandosi in cagnesco.
Lo scontro fra il direttore Turetta da una parte, e dall'altra la presidente Paola Zini e i consiglieri Remmert e Bortolotti (rappresentanti delle due fondazioni della Compagnia di San Paolo) continua sottotraccia. Si mormora che manco si rivolgano la parola. Vi ricordo che le ostilità sono divampate per una questione procedurale: l'affidamento da parte di Turetta a uno studio legale di una consulenza che presidente e consiglieri hanno giudicato irregolare. Ma tecnicamente il problema è superato: l'Avvocatura della Regione ha esaminato il caso concludendo che il direttore non ha commesso nulla di penalmente rilevante. E la consulenza stessa non è mai stata pagata, quindi - a quanto mi dicono gli esperti - il caso non sussiste.
Invece sussiste, eccome, lo scazzo. La presidente Zini e i due consiglieri hanno ufficializzato la sfiducia al direttore. Il quale però non ha nessuna intenzione di andarsene. Risultano tentativi di mediazione: da settimane l'assessore Parigi mette in campo ogni sua arte diplomatica, ma senza esiti apprezzabili.
La questione è stravagante: nella forma e nella sostanza.
A Turetta, l'incarico di direttore è stato confermato appena lo scorso febbraio, quando è cambiato lo Statuto e il Consorzio della Venaria è diventato Consorzio delle Residenze Sabaude. Quello, semmai, era il momento giusto per dare il benservito al direttore. E invece no, l'Assemblea dei Consorziati gli rinnova il contratto per cinque anni, e la presidente Zini approva e sottoscrive.
Dieci mesi dopo, Turetta non gli sta più bene: ma se dopo dieci mesi lo cacci senza giusta causa, gli devi comunque pagare cinque anni di stipendio. E non credo che siano noccioline: l'ultima retribuzione riportata sul sito dell'amministrazione trasparente risale al 2017, quando Turetta aveva la responsabilità della sola Reggia di Venaria, è di 190 mila euro, compresi i premi. Adesso che deve occuparsi di tutte le residenze sabaude, volete che non gliel'abbiano aumentato? Diciamo che non mi stupirei se viaggiasse attorno ai 250 mila. Se mettono alla porta Turetta adesso, devono pagargli quattro anni di stipendio per stare a casa. E chi glielo dice, alla Corte dei Conti? Difatti Turetta non ha per nulla l'aria preoccupata. La Reggia va bene, il bilancio è a posto, e l'Avvocatura della Regione ha smontato la contestazione sulla consulenza, che poteva per l'appunto costituire la "gusta causa" per un licenziamento. Il casus belli s'è sgonfiato. Ma la guerra continua. Dunque le ragioni vere del conflitto sono altre.
Cos'è successo, in questi dieci mesi? Ci può stare tutto: l'incompatibilità di carattere (ma te ne accorgi solo adesso?), il disaccordo sulle strategie, la rivalità personale, lo scontro di potere, la ripicca spicciola. Ma basta per giustificare una situazione tanto estrema? Qui si parla di consigli d'amministrazione nei quali si arriva all'alternativa radicale "o tu o noi"; di un direttore e una presidente che coabitano da separati in casa (anzi, in Reggia); di una frattura insanabile e foriera di gravi conseguenze per il Consorzio.
Si può sapere che diamine è capitato?
Considerato il velo di mistero che copre pudicamente la faccendaccia, non mi resta che dedicarmi alle mie predilette e fantasiose ipotesi. Quindi, vi prego, non credetemi: mi sto soltanto divertendo.
La mia fantasiosa ipotesi sulle ragioni della guerra della Venaria parte da un presupposto che darei per assodato: Turetta sta cordialmente sulle palle al Chiampa. Nulla di personale, ma non è un segreto per nessuno che il Chiampa proprio non ce lo voleva, Turetta alla Reggia. Quando, alla fine del 2014, l'allora ministro Franceschini indicò il Marione (all'epoca direttore regionale per i Beni culturali) come successore di Alberto Vanelli, il coriaceo Sergio per bloccarlo disse che così non andava e il direttore della Reggia dovevano sceglierlo con un bando pubblico. Francis il ministro parlante sulle prime finse di abbozzare, ma alla fine impose la propria volontà al Chiampa, minacciandolo di tagliare i fondi statali per la Venaria.
D'altra parte Turetta è un dipendente del MiBACT, e quindi lo stipendio glielo paga lo Stato, con un bel risparmio per le casse regionali. Quello è un argomento al quale il Chiampa è sempre assai sensibile. Insomma, alla fine sembrava che bene o male la baruffa si fosse arrangiata.
Ma - e qui cominciano le mie libere elucubrazioni - il Chiampa è tosto e non dimentica. Finché al governo c'è Francis si deve tenere Turetta: e questo spiegherebbe perché lo scorso febbraio gli confermano l'incarico. A un mese della elezioni non sembrava il caso di rimestare nuovi merdoni.
Dopo il 4 marzo, però, Renzi va a casa, e con lui Francis: e al MiBAC (non più MiBACT) arriva il Bonisola. Potrebbe essere l'ultima chance per arrivare al cambio della guardia alla Reggia: a maggio 2019 ci sono le Regionali e una vittoria del centrosinistra sembra improbabilissima, e dunque se non ora quando?
Chissà se il Chiampa ci ha provato: chissà se, magari, ha proposto al neo-ministro di chiamare Turetta a più alti incarichi, così da toglierselo dai piedi. Non lo so. E' un'opzione: possibile, ma non certa. Se - e sottolineo se - il Chiampa se l'è tentata, non ha cavato un ragno dal buco. Anche con Bonisola il Marione resta dov'è, saldo come la rocca di Gibilterra. Tant'è che quando s'è scatenato il tafferuglio con presidente e consiglieri, il Bonisola ha immediatamente fatto sapere che il direttore gode della sua piena fiducia. Beninteso "salvo fatti nuovi".
Vabbè, usciamo dal mondo delle ipotesi. L'unico fatto indiscutibile, al momento, è che la Reggia di Venaria non sopravviverà per quattro anni con le trincee. Qualcosa dovrà accadere. E anche presto. Sarà decisiva, spero, la prossima Assemblea dei Consorziati, che dovrebbe tenersi fra pochi giorni, forse anche prima di Natale.
Dubito però che a questo punto lo strappo si possa chiudere a tarallucci e vino. Più probabile che una delle parti esca dalla partita. Se ad andarsene sarà il direttore o la presidente, lo scopriremo soltanto vivendo.
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