Rosanna Purchia, commissario del Regio |
Era chiaro che sarebbe finita così: solo un'inguaribile ottimista come la commissaria Purchia poteva - sospinta dall'ottimismo della ragione - avventurarsi in promesse spericolate, tipo quella incatenarsi in piazza casomai la deroga non fosse arrivata.
Combinazione oggi l'ho incrociata, la Rosanna, e l'ho trovata sbacalita: proprio non si capacita di 'sta storia per cui in uno spazio da milleseicento persone non ce ne possano stare in sicurezza più di duecento. "Vorrei che qualcuno mi spiegasse che differenza c'è fra un aereo e il Regio, quanto ad affollamento", ripeteva costernata.
Non ho il cuore di dirle che se gli aerei non volano succede la rivoluzione, mentre se muore l'opera alla maggioranza votante non gli fa un plissé. Ma credo che qualcosa del genere abbia già compreso, la Tosta Commissaria, incontrando autorità e stakeholder cittadini; talora trovando sostegno e conforto, ma talvolta scontrandosi con il malcelato fastidio di chi, sotto sotto, comincia a pensare che 'sto Regio è soltanto una gran rottura di coglioni.
Ad ogni modo. Oggi la Tosta Commissaria mi ha confermato quanto già si sapeva, e cioé che con duecento spettatori in sala non ha nessun senso immaginare una qualsiasi attività al Regio: sarebbe comunque un costo insostenibile per un teatro in buona salute, figurarsi per un baraccone in condizioni comatose.
In quanto napoletana ottimista - il che significa ottimista al quadrato - Rosanna Purchia non si dà per vinta, e giura che qualcosa escogiterà. Forse sta ancora valutando l'opzione delle catene o, quantomeno, di pubbliche proteste. Purtroppo escludo che lorsignori si commuoveranno alla vista della Purchia incatenata. E delle pubbliche proteste ci si fanno un baffo da tempi immemorabili.
Pertanto, poiché nelle condizioni attuali non ci può essere una stagione al Regio, non ci sarà una stagione fino a nuove disposizioni (direi che ben che vada se ne riparla a gennaio) e intanto il personale resta in cassa integrazione mentre la Tosta si sbatte per recuperare qua e là i crediti verso terzi, giusto per raggranellare i soldi per le spese più urgenti. Badate bene: aiuti sostaziosi dallo Stato e fors'anche dalle Fondazioni potranno arrivare, ma regali sulla fiducia nix. Basta dare i soldi per poi vedere il cammello. Adesso vogliono vedere il cammello, ovvero buone pratiche e piani industriali veri, non pie speranze e libri dei sogni; e poi, soltanto poi, cacceranno i soldi.
La Tosta Commissaria è ancora sicura di farcela, e per riuscirci lavora a testa bassa senza prendere fiato: quello lo ha definitivamente perso leggendo i conti. L'infelice sapeva che l'attendeva una situazione grave; ma non così grave, credo. E i suoi primi provvedimenti (tipo annullare tutti gli accordi integrativi che negli anni avevano trasformato la gestione del personale in un guazzabuglio inestricabile) non avranno suscitato il giubilo dal personale. Che tuttavia al momento si mostra disponibile e collaborativo. D'altro canto, o così o pomì: non esiste una terza via, e la seconda non piacerebbe a nessuno: consisterebbe nel chiudere il baraccone e buttare via le chiavi.Sentenza di morte per i privati
Ma le note di moderato catastrofismo non finiscono qui: la drastica conferma del tetto dei duecento spettatori, oltre a rendere impossibile una stagione d'opera (o anche di concerti) al Regio, è anche una campana a morto per quei teatri privati che, privi di contributi pubblici, non sopravviveranno con duecento paganti per sera in strutture che, per dimensioni, personale e costi di gestione, presuppongono un pubblico almeno quattro o cinque volte superiore.
Soltanto un miracolo (o un ripensamento del governo o ancora la repentina scomparsa del virus: insomma, un miracolo) consentirebbe a questi imprenditori e ai loro dipendenti già piegati dal lockdown di resistere oltre i prossimi due-tre mesi.
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