Stamattina in Commissione cultura Francesca Leon presenta il bilancio preventivo 2021 del suo assessorato. Ed è con viva e vibrante soddisfazione che posso, una volta tanto, rallegrarmene.
A fronte di uno stanziamento complessivo di circa 19,5 milioni (per la precisione, 19.449.657) la parte rappresentata dal dannosissimo e incertissimo "conto capitale" è di appena 140 mila euro, che purtroppo peseranno sui contributi agli investimenti nei servizi Arti visive, Cinema, Teatro e Musica, e Archivi, Musei e Patrimonio Culturale. Ma insomma, sono appena 140 mila euro, in qualche maniera suppongo che salteranno fuori.
Rispetto al preventivo definitivo del 2020 lo stanziamento totale per il 2021 cresce di pochissimo, e restano pressoché invariati, se non lievemente accresciuti, gli stanziamenti per i vari enti culturali, come potrete vedere nelle due tabelle che trovate al fondo di questo post. Spiccano i 250 mila euro in più per il Regio, che torna così a quota 4 milioni, e l'aumento della spesa per l'acquisto di libri delle biblioteche (sale a 300 mila euro). Tra quelli che ci perdono - non cifre stratosferiche, ma insomma... - ci sono lo Stabile e, tanto per cambiare, la Fondazione Torino Musei.
Mezzo milione per le Arti Performative
L'impennata più significativa riguarda il finanziamento di Tap-Torino Arti Performative, che nel 2021, secondo il previsionale, dovrebbe balzare da 390 mila euro a 500 mila. Ho da sempre guardato con un certo sospetto al Tap, che per molti aspetti mi sembra un carrozzone per il soccorso ai teatranti bisognosi e la creazione di consenso, se non un distributore di mancette. E di conseguenza non posso che notare la concomitanza dell'impennata dei finanziamenti con la scadenza elettorale. Ma questa è una valutazione mia, certo non condivisa dagli ideatori del Tap. Sta di fatto che, per in anni di cinghia tiratissima per (quasi) tutti, il Tap nel 2017, alla sua nascita come "Sistema delle Arti Performative", ha esordito con una dotazione di 776 mila euro (ma all'epoca quella somma comprendeva anche i contributi per realtà quali il Festival delle Colline, il TPE e il Teatro Ragazzi, che in seguito sono state dotate di finanziamenti propri): di fatto, la dotazione era di 340 mila del 2018 e nel 2019. Nel 2020 il budget è salito a 390 mila. Quanto al 2021, promettere è gratis, e una mezza milionata, almeno sulla carta, non la si nega a nessuno.
Devo peraltro riconoscere che le chiusure anti-covid hanno massacrato anche economicamente l'intero settore dello spettacolo dal vivo, e dunque in questo periodo nessun sostegno economico è eccessivo o inutile per salvare le realtà più fragili, se meritevoli.
La scomparsa dell'incognita "conto capitale"
Ciò che - con sincero apprezzamento - va riconosciuto a Chiarabella e soci è la scomparsa pressoché totale dal bilancio della cultura del "conto capitale", la cambiale scoperta che per anni e anni ha gravato sul settore, arrecando danni inenarrabili quale il mai abbastanza vituperato metodo "immobili anziché contanti" che ha tra l'altro segnato l'inizio della fine del Regio. Dopo quella stratosferica minchiata, Filura s'era impegnato di buzzo buono per limitare il ricorso al conto capitale, salvo poi sbracare in dirittura d'arrivo.
L'ultimo bilancio preventivo della giunta Fassino, quello per il 2016, assegnava alla Cultura circa 25 milioni. Di questi, 22,7 milioni (di cui soltanto 1,8 in conto capitale) erano destinati al finanziamento dei vari enti, Fondazioni culturali e affini. Si noti che nel 2014 il preventivo per il 2015 era salito (sulla carta) oltre i 27 milioni, ma già allora era chiaro che la baracca non stava in piedi e che con il cambio di amministrazione i nodi sarebbero venuti al pettine. Infatti appena insediata la giunta Appendino con un assestamento di bilancio ridusse a 21,3 milioni la quota del previsionale 2016 destinata a finanziare gli enti culturali, ma soprattutto iscrisse in conto capitale oltre 12 milioni (altro che un milione e otto!) che in cassa non c'erano e saltarono fuori in extremis con la famigerata operazione Westinghouse. Logica conseguenza: il primo previsionale dell'era Appendino, quello per il 2017, fu lacrime e sangue, come tutti ricordano: lo stanziamento per la cultura precipitò a 18,2 milioni, di cui 12,1 in conto capitale: conto capitale che tuttavia, al momento del consuntivo e parità di stanziamento complessivo, risultò ridotto della metà, a 6 milioni. Fu quello un primo traguardo positivo, sebbene pagato a carissimo prezzo dall'intero tessuto culturale della città che dopo i tagli furibondi del 2017 non si è mai più del tutto ripreso.
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