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TEATRO REGIO: LA MERAVIGLIA E I PUZZONI

Meraviglia in scena: il "Così fan tutte" di Mozart diretto da Muti al Regio

La seconda cosa bellissima (e immeritata) che mi è capitata ieri è l'invito al Regio per la penultima prova del "Così fan tutte" di Mozart, con Muti sul podio.
Ripeto: al Regio. Mozart. Muti. What else?
Pura botta di culo, la mia. E' successo che il Maestro ha acconsentito ad ammettere in sala, durante la prova, una scelta mezza dozzina di giornalisti; e - certo per un errore di valutazione - hanno chiamato anche me. Sicché, al solo prezzo di un tampone rapido da 39 euro eseguito in mattinata (al Regio sono straseveri in materia di sicurezza anticovid, senza certificato di negatività non entri) ho potuto godermi dal vivo la meraviglia che tanti più meritevoli di me dovranno accontentarsi di vedere on line la sera di giovedì 11.
Vabbé, i cantanti mi sono piaciuti, ma io non sono nessuno per valutare. Comunque Mozart è Mozart, Muti e Muti, coro e orchestra sono del Regio: e ci mancava che non fosse meraviglia garantita. Ma le scene? I costumi? Mammamia, che festa per gli occhi. E non soltanto gli spolverini grigi dei personaggi maschili, che mi hanno fatto dimenticare persino quelli dei pistoleri di "C'era una volta il West", da una vita al vertice dei miei desideri inesauditi. Al Regio dovrebbero aprire una boutique d'alta moda, risanerebbero il bilancio in un batter d'occhio. 
Quanto alle scene, dico soltanto che sono stato male tutto il tempo pensando che forse con lo streaming sarà difficile apprezzarle in pieno.
Io spero che ci sia in futuro l'opportunità di riprendere lo spettacolo davanti a un pubblico vero, appena possibile. Lo sperano tutti, s'intende. Lo spera per primo il buon Sebastian Schwarz, felice di ospitare Muti, infelice di non poter ospitare il pubblico. Fu quel giorno, lo confesso, belle e brutto al tempo stesso.
Brutto giorno lo è stato comunque per il Regio, nonostante la festa, per via delle indiscrezioni sui nuovi esposti anonimi che arrivano in Procura, stavolta contro la commissaria Purchia. Ieri ho incontrato anche la commissaria, e non mi ha dato l'impressione di essere ben determinata a fare il suo dovere, e per nulla preoccupata. In effetti, dal poco che trapela, le accuse sembrano perlomeno debolucce. Anche a prescindere da quelle da asilo Mariuccia, tipo che "la commissaria fuma in teatro". Però ci sono. E al Regio in effetti un problema c'è. Non da ieri.
Voglio dire: con Vergnano, c'era chi faceva l'informatore per i nemici di Vergnano; con Graziosi, c'erano le lettere contro Graziosi; con Purchia, ci sono gli esposti contro Purchia. Vabbé, esporre è lecito, e magari tra i tanti scrivani del Regio ci sarà pure chi ha, o aveva, le sue ragioni. In tal caso, i magistrati sono lì apposta per accertare gli eventuali reati. Però mi fa difficoltà credere che al Regio arrivino sempre e soltanto i puzzoni, i malversatori e i disonesti, uno dietro l'altro. Per quanto si sia sfigati, la legge delle probabilità dice che è davvero insolito.
Ciò che è certo è che al Regio da tempo immemorabile abbondano quelli che si definiscono, non so perché, "i corvi" (poveri corvi, che ne possono loro...), e che a casa mia chiamiamo "i malcontenti"; oppure "i delatori", se ci stanno particolarmente sul culo.
A prescindere dalla fondatezza o meno delle accuse, sulle quali non ho titolo né voglia per giudicare, il dato certo è che le geremiadi si moltiplicano non appena il Manovratore di turno bene o male si ficca in testa idee più o meno stravaganti che, almeno in teoria, mirerebbero a razionalizzare i compensi, eliminare i privilegi acquisiti per usucapione, mettere in riga i fancazzisti. Poi ci sono quelli che si stava meglio quando si stava peggio; quelli che la precedente gestione aveva innalzato ben oltre le loro capacità e quando la pacchia finisce s'incattiviscono; quelli che hanno di sé un'opinione ben più alta di quanto il mondo sia disposto a riconoscergli, e se la prendono con il mondo che non gliela riconosce; quelli che stanno come topi nel formaggio e d'improvviso minacciano di togliergli il formaggio. E, last but non least, quelli che invertono i termini del kubrikiano "all work and no play makes Jack a dull boy" in un nostrano "a forza di fare un cazzo si diventa cazzoni".
Io, che sono di vedute radicali, risolverei radicalmente la questione: chiudi il baraccone, butti le chiavi in Po e chi ha la rogna si gratti. Ma ammetto che esistono sistemi meno invasivi. Tipo che ciascuno faccia il suo mestiere: il commissario risolva i problemi reali, i sindacati tutelino i lavoratori, i giudici giudichino (alla svelta, please), i suonatori suonino, i cantanti cantino, gli impiegati si impieghino, e i corvi calunniatori finiscano in gabbia in compagnia dei puzzoni certificati.
Io, da parte mia, continuo a fare il mio lavoro di contribuente, e pago per un Teatro Regio che funzioni, senza malversazioni né dossieraggi. Però come contribuente già le palle mi girano di default: non tirate troppo la corda, che se sbrocca il contribuente sono cazzi amari per tutti.


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