Sono stati pubblicati ieri i bandi TAP-Torino Arti Performative (triennale 2021-2023 e annuale 2021) rivolti alle compagnie di teatro, danza e circo contemporaneo che operano con continuità sul territorio della città di Torino. I bandi, a cura del Teatro Stabile, sono pubblicati sul sito www.torinoartiperformative.it e scadono entrambi il prossimo 3 giugno.
Tutto quel che c'è da dire in proposito l'ho già scritto un mese fa, e questo è il link.
Già che stiamo a parlare di teatro, ne approfitto per riportare le dichiarazioni che il direttore uscente del TPE, Valter Malosti, mi ha rilasciato per il Corriere quando è arrivata la sua notizia del suo traferimento a Bologna alla direzione di ERT-Emilia Romagna Teatri: mi sembrano significative per valutare lo stato di salute del lavoro teatrale a Torino:
La fuga dei cervelli continua imperterrita, favorita all'imperversare dei tagli decisi da una politica disinteressata alle sorti del settore (quest'anno la Regione si è particolarmente distinta nella nobile attività di sforbiciatrice), e ancora più dall'assenza totale di interlocutori credibili (non vorrete dirmi che lo siano gli attuali assessori alla Cultura di Comune e Regione).
Me lo conferma, neppure troppo fra le righe, Malosti stesso: “Ho partecipato al bando per non avere rimpianti – mi dice al telefono. - Sai, qui la situazione non è che sia proprio ideale... Non al TPE, per carità, che sta andando benissimo. Ma in generale... Quest'anno la Regione si è comportata non bene, con l'intero settore...”.
“Beh – faccio io - ERT è una bella sfida...”.
“Sì, e considero la mia nomina un successo anche dei miei collaboratori, perché è un riconoscimento al progetto che abbiamo realizzato tutti insieme qui al TPE. Poi la linea di Emilia Romagna Teatri rientra in quell'ambito del teatro di innovazione che ha me piace, così quello che ho fatto a Torino adesso potrò farlo a livello nazionale”.
“Infatti - convengo. - Purtroppo Torino non è più un riferimento nazionale. Bisogna andare via. Quando prendi servizio?”.
“A breve. Adesso ci sarà la transizione al TPE, bisognerà cercare un nuovo direttore, e sarebbe bello se fosse un giovane. Al TPE ho individuato una persona che promette molto bene, deve solo tirarsi fuori dalla crisalide. Secondo me sarebbe un ottimo direttore. Poi, sai, siamo soggetti al volere dei soci fondatori, decidono loro...”.
Stiamo freschi, penso fra me e me: i soci fondatori Regione e Comune riusciranno di certo a cavar fuori dal cappello qualche genio incompreso da sistemare. Ne hanno a bizzeffe, nei ripostigli...
“Io intanto – prosegue Malosti - ho la soddisfazione di lasciare il teatro in salute: il cartellone per il prossimo anno e mezzo è già delineato e i conti sono in ordine, anzi, adesso sarebbe il momento di investire, se qualcuno fosse disposto a investire... Il dato più confortante è che il pubblico ha risposto benissimo alla svolta innovativa che ho impresso con la mia direzione: abbiamo fatto il 37 per cento in più di abbonamenti nel primo anno, il che significa che abbiamo mantenuto il pubblico di prima, un po' più “tradizionalista”, e abbiamo conquistato nuovi spettatori”.
“Quindi – deduco io – a Torino c'è spazio per l'innovazione”.
“Ma certo – conclude Malosti - Torino è piena di persone che potrebbero fare, innovare. Ha grandi potenzialità, Torino. Solo che... insomma, ci capiamo, no?”.
Sì, purtroppo ci capiamo.
La fuga dei cervelli continua imperterrita, favorita all'imperversare dei tagli decisi da una politica disinteressata alle sorti del settore (quest'anno la Regione si è particolarmente distinta nella nobile attività di sforbiciatrice), e ancora più dall'assenza totale di interlocutori credibili (non vorrete dirmi che lo siano gli attuali assessori alla Cultura di Comune e Regione).
Me lo conferma, neppure troppo fra le righe, Malosti stesso: “Ho partecipato al bando per non avere rimpianti – mi dice al telefono. - Sai, qui la situazione non è che sia proprio ideale... Non al TPE, per carità, che sta andando benissimo. Ma in generale... Quest'anno la Regione si è comportata non bene, con l'intero settore...”.
“Beh – faccio io - ERT è una bella sfida...”.
“Sì, e considero la mia nomina un successo anche dei miei collaboratori, perché è un riconoscimento al progetto che abbiamo realizzato tutti insieme qui al TPE. Poi la linea di Emilia Romagna Teatri rientra in quell'ambito del teatro di innovazione che ha me piace, così quello che ho fatto a Torino adesso potrò farlo a livello nazionale”.
“Infatti - convengo. - Purtroppo Torino non è più un riferimento nazionale. Bisogna andare via. Quando prendi servizio?”.
“A breve. Adesso ci sarà la transizione al TPE, bisognerà cercare un nuovo direttore, e sarebbe bello se fosse un giovane. Al TPE ho individuato una persona che promette molto bene, deve solo tirarsi fuori dalla crisalide. Secondo me sarebbe un ottimo direttore. Poi, sai, siamo soggetti al volere dei soci fondatori, decidono loro...”.
Stiamo freschi, penso fra me e me: i soci fondatori Regione e Comune riusciranno di certo a cavar fuori dal cappello qualche genio incompreso da sistemare. Ne hanno a bizzeffe, nei ripostigli...
“Io intanto – prosegue Malosti - ho la soddisfazione di lasciare il teatro in salute: il cartellone per il prossimo anno e mezzo è già delineato e i conti sono in ordine, anzi, adesso sarebbe il momento di investire, se qualcuno fosse disposto a investire... Il dato più confortante è che il pubblico ha risposto benissimo alla svolta innovativa che ho impresso con la mia direzione: abbiamo fatto il 37 per cento in più di abbonamenti nel primo anno, il che significa che abbiamo mantenuto il pubblico di prima, un po' più “tradizionalista”, e abbiamo conquistato nuovi spettatori”.
“Quindi – deduco io – a Torino c'è spazio per l'innovazione”.
“Ma certo – conclude Malosti - Torino è piena di persone che potrebbero fare, innovare. Ha grandi potenzialità, Torino. Solo che... insomma, ci capiamo, no?”.
Sì, purtroppo ci capiamo.
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