Le regole d'ingaggio
Sono invece impaziente di scoprire come se la sfangherà tota Appendino alle prese con il complicato mondo della cultura. In passato ci siamo trovati a condividere lo stesso punto di vista su alcune tenebrose vicende; mentre un paio di sue alzate d'ingegno non mi sono piaciute; e ancor meno ho apprezzato la reazione scomposta di un suo sodale.
Venendo a ciò che professionalmente mi interessa, aspetto di vedere se Appendino nominerà un assessore alla Cultura, e chi; o se si terrà la delega; e quali saranno le prime mosse. Da lì, più che dal programma, capirò quanto lavoro mi attende.
Beh, un paio di interventi sono facili da prevedere, perché li ha già annunciati: chiuderà la Fondazione Cultura (sull'utilità della quale ho sempre nutrito forti dubbi, e credo di essere in larga compagnia: anche se aspetto ancora di capire perché, se Appendino la voleva chiudere da mo', appena pochi mesi fa il suo fido Giordana si sia candidato per dirigerla e Appendino lo abbia endorsato a mezzo interpellanza); e staccherà la spina al Jazz Festival, paradigma a suo avviso - ma anche mio, fin dall'esordio - del Grande Evento che non porta ricadute sul territorio. Chiara tenga però presente che in tal caso il Comune risparmierà sì, ma soltanto 200 mila euro, quelli direttamente investiti nella comunicazione; mentre dovrà essere capace di non perdere gli sponsor che pagavano i restanti 800 mila, dirottandoli su altre iniziative più in linea con il programma appendinisco, ma pur sempre allettanti sul piano dell'immagine e della promozione. Temo che Toyota non sia interessata a finanziare le filodrammatiche di quartiere.
Inoltre presumo che - per gli stessi motivi del Jazz Festival - quella che va a iniziare il 12 luglio sarà la seconda e ultima edizione del Classical Music Festival.
Però queste sono minuzie, se pensate che entro pochi giorni il nuovo sindaco dovrà affrontare una scadenza ben più seria: il 28 giugno si deciderà - forse - il futuro del Salone del Libro. Un duro inizio, insomma.
La minchiata dei cartelli
Prima di parlare del futuro, è però necessario chiarire uno sgradevole episodio di un paio di giorni fa. Venerdì scorso la giovinotta ha commesso quella che lì per lì mi è sembrata la sua prima e meravigliosa minchiata da (quasi) sindaco: la formidabile gag dei cartelli sulle code davanti ai musei e alle mense dei poveri (le foto le vedete in pagina e a questo link trovate l'intero filmato).
Detta così, è per l'appunto una perfetta minchiata: intanto perché gli enti pubblici riservano alla cultura una percentuale ridicola e sempre calante del loro bilancio (credo che siamo in media sotto lo 0,5 per cento): e poi perché ritengo che la cultura faccia parte a pieno titolo del welfare - nel senso che gli ignoranti vivono male loro e fanno vivere male il prossimo.
Nello specifico, peraltro, i conti non tornerebbero comunque, se il discorso fosse quello, più rozzo che populistico, del "tolgo alla cultura per dare ai poveri": il Comune nel 2015 ha stanziato per cultura e turismo meno di 28 milioni, che presi di peso e divisi per centomila poveri a Torino (dato Caritas, ormai è assodato) farebbero 280 euro all'anno per ogni povero, cioé nemmeno 77 centesimi al giorno. Un grande piano anti-povertà, non c'è che dire. Tanto più che alle code delle mense dei poveri si aggiungerebbero gli ex lavoratori del turismo e della cultura, in primis i dipendenti dei musei. Insomma: a eliminare le code davanti ai musei si fa in fretta, quelle davanti alle mense dei poveri è un po' più complicato.
Una risposta cortese (e dovuta)
Mi sembrava talmente enorme - una posizione così sguaiata farebbe inorridire un Neanderthal - che ho sospettato un fotomontaggio anti-appendinesco. Così ho verificato alla fonte, e ho scritto ad Appendino: "Quelle tre foto con i cartelli sono davvero tue o sono un fake?". Rispondere è sempre segno di cortesia, nonché un dovere di chi si pone al servizio del cittadino, e lei ha risposto ("in privato", ha precisato correttamente, essendo il sabato del silenzio elettorale) confermando che è roba sua, da un video postato su Fb, però ha anche chiarito: "Il riferimento è alla mancata narrazione di Fassino delle due città, turistica vs. in difficoltà. Nostra intenzione è ricucirle".
Spiegata in questa maniera è un'altra storia. La ragazza dovrà dare un'aggiustatina alla sua tecnica di narrazione. Ma sul principio non ho nulla da obiettare. E' un vasto e ambizioso programma, questo sì. Se le riesce, applausi.
A Fassino la cultura non ha detto bene |
La cultura non porta voti: è il Sistema Torino, bellezza
Ma come si porrà il nuovo sindaco nei confronti dell'universo-cultura? I precedenti insegnano, e le lezione immagino sia chiara anche a Chiara. Filura - come altri prima di lui - ha pagato a caro prezzo anche per aver puntato, nella sua strategia amministrativa, su un settore che notoriamente non porta voti. Non i voti del popolo, che ha svariati problemi e di quelli della cultura sostanzialmente se ne sbatte. Ma nemmeno i voti degli operatori culturali, che per natura sono ipercritici e autoreferenziali: impossibile soddisfarli tutti, dilaniati come sono da opposti interessi di bottega, rancori, frustrazioni, invidie, rivalità; facile scontentarne molti, ciascuno convinto com'è di essere un genio incompreso che se fallisce è per colpa del famoso e vituperato "Sistema Torino". Tale "Sistema Torino" - che sostanzialmente è costato la cadrega a Piero - in questo settore è facile da delineare: dentro ci stanno quelli che hanno strappato uno strapuntino e/o un contributo, fuori quelli che li volevano e non li hanno ottenuti e inveiscono contro il "Sistema Torino". Va da sé che questi ultimi, nel momento in cui eventualmente ottengono strapuntino e/o contributo, entrano a far parte del "Sistema Torino" e si chetano, mentre quelli che li perdono cominciano a inveire contro il "Sistema Torino".Le prime mosse: Fondazione Cultura e Jazz Festival kaputt?
Adesso, garantisce il nuovo sindaco, tutto cambierà. Sono per natura fiducioso e ancor più curioso. Non sarà facile, tanto più che, considerato l'astensionismo-monstre, Chiara Appendino è stata votata da una minoranza di torinesi, ma dovrà lavorare per tutti, in una città complicata e divisa.Venendo a ciò che professionalmente mi interessa, aspetto di vedere se Appendino nominerà un assessore alla Cultura, e chi; o se si terrà la delega; e quali saranno le prime mosse. Da lì, più che dal programma, capirò quanto lavoro mi attende.
Beh, un paio di interventi sono facili da prevedere, perché li ha già annunciati: chiuderà la Fondazione Cultura (sull'utilità della quale ho sempre nutrito forti dubbi, e credo di essere in larga compagnia: anche se aspetto ancora di capire perché, se Appendino la voleva chiudere da mo', appena pochi mesi fa il suo fido Giordana si sia candidato per dirigerla e Appendino lo abbia endorsato a mezzo interpellanza); e staccherà la spina al Jazz Festival, paradigma a suo avviso - ma anche mio, fin dall'esordio - del Grande Evento che non porta ricadute sul territorio. Chiara tenga però presente che in tal caso il Comune risparmierà sì, ma soltanto 200 mila euro, quelli direttamente investiti nella comunicazione; mentre dovrà essere capace di non perdere gli sponsor che pagavano i restanti 800 mila, dirottandoli su altre iniziative più in linea con il programma appendinisco, ma pur sempre allettanti sul piano dell'immagine e della promozione. Temo che Toyota non sia interessata a finanziare le filodrammatiche di quartiere.
Inoltre presumo che - per gli stessi motivi del Jazz Festival - quella che va a iniziare il 12 luglio sarà la seconda e ultima edizione del Classical Music Festival.
Però queste sono minuzie, se pensate che entro pochi giorni il nuovo sindaco dovrà affrontare una scadenza ben più seria: il 28 giugno si deciderà - forse - il futuro del Salone del Libro. Un duro inizio, insomma.
A seguire, toccherà al bilancio. E quinci trarrem gli auspici.
Club to Club su, Asproni giù, Barbera boh
Ma che colpa abbiamo noi? Asproni al Mao fra Biscione e Shel Shapiro |
In tanti, invece, dormono preoccupati. Comincia il gioco della torre. Gli ultrà invocheranno pubblici autodafè, ma temo che l'entusiasmo dovrà scontrarsi con la realpolitik.
Un esempio: Appendino di recente ha attaccato a testa bassa il direttore del Museo del Cinema Alberto Barbera sostenendo che, in quanto pensionato, non poteva ricoprire cariche pubbliche e percepire lo stipendio. Peccato che Barbera non sia pensionato. E' toccato a me renderne edotta la tota. Se il nuovo potere non indulgerà al vecchio rito dello spoil system, limitandosi a valutare il merito, sarà difficile cacciare Barbera (e Damilano) dalla Mole. Almeno per ora.
Per le altre teste, chi vivrà vedrà. Di sicuro per gli incarichi futuri trionferà il sistema del bando pubblico. Intanto, sull'esistente, io vedo messa proprio male la presidente di Torino Musei, Patriziona Asproni: tota Appendino l'ha presa di mira nella vicenda del Mao, e dubito che i dati sulle presenze nei musei basteranno per farle passare l'incazzo.
Condomino rognoso: Sergio Chiamparino |
I conti con il Chiampa
Tolta la Fondazione Torino Musei, però, che è solo civica, non dimentichiamo che le grandi istituzioni culturali della città - dal Museo del Cinema allo Stabile, dal Regio al Salone, da Film Commission a MiTo - sono in massima parte a mezzadria fra Comune e Regione.
Pertanto, piaccia o non piaccia, anche l'intransigenza grillina dovrà vedersela con la diplomazia dell'accordo e del compromesso. Almeno finché dall'altra parte ci sarà il coriaceo Chiampa. Che notoriamente della cultura se ne stracatafotte, ma non vorrà certo mettersi a 90 gradi davanti al Comune pentastellato. Foss'anche a costo di difendere i detestati fafioché.
Pertanto, piaccia o non piaccia, anche l'intransigenza grillina dovrà vedersela con la diplomazia dell'accordo e del compromesso. Almeno finché dall'altra parte ci sarà il coriaceo Chiampa. Che notoriamente della cultura se ne stracatafotte, ma non vorrà certo mettersi a 90 gradi davanti al Comune pentastellato. Foss'anche a costo di difendere i detestati fafioché.
Prevedo riunioni condominiali molto animate, signora mia.
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