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"CORRETTEZZA ISTITUZIONALE". MOISIO SI DIMETTE DAL CDA DEL SALONE

Roberto Moisio ha deciso di rimettere il mandato
Alla prossima assemblea dei soci del Salone del Libro il Consiglio d'amministrazione della Fondazione si presenterà ridotto ai minimi termini: Roberto Moisio, che siede nel CdA come rappresentante della Provincia (ora Città Metropolitana), avrebbe deciso di rimettere il suo mandato nelle mani di Chiara Appendino, che in quanto sindaco di Torino è anche il nuovo presidente della Città Metropolitana. "Un gesto di correttezza istituzionale dovuto", secondo Moisio: martedì prossimo scriverà due righe a Appendino per avvertirla della sua decisione.
Sarà anche "dovuto", come pensa Moisio - che è un galantuomo con un forte senso delle istituzioni - però a me questa cosa delle dimissioni automatiche all'avvento dei nuovi potenti non ha mai convinto. Almeno lorsignori ci mettano la faccia e si prendano la responsabilità di cacciare chi vogliono cacciare per piazzare chi gli garba. Se è cosa buona e giusta non avranno problemi a farlo; se è uno sporco lavoro, che almeno s'inzaccherino un po'. Io la penso così. Ma io sono una brutta persona.
Torniamo a Moisio, che è la memoria storica del Salone e lo conosce come le sue tasche. Un mesetto fa aveva buttato giù qualche idea sui possibili nuovi assetti che aveva sottoposto a Fassino e Chiampa, credo senza suscitare particolari reazioni. Mi aveva usato la cortesia di mandare quegli appunti anche a me, in forma privata e per mia informazione, pregandomi di non diffonderli finché le circostanze non lo avessero consentito. Ora ritengo che le circostanze lo consentano. Quindi pubblico a futura memoria il testo della lettera in cui Moisio esponeva le sue idee. Potrebbero servire ai nuovi potenti, casomai fossero più saggi dei vecchi. O più probabilmente torneranno utili nel 2050.

Caro Sindaco Piero Fassino, caro Presidente Sergio Chiamparino,
il turbinio di voci sui possibili candidati alla guida della Fondazione del Salone del Libro nel prossimo futuro mi spinge a esercitare la responsabilità di membro del Consiglio di Amministrazione, per fornirvi le mie valutazioni al riguardo.
Innanzitutto, mi pare fuorviante immaginare una meccanica sostituzione di due personaggi con altri due personaggi, negli stessi ruoli e con la stessa organizzazione, pensando di avere con ciò garantiti gli stessi risultati.
L’alchimia tra due personalità come Picchioni e Ferrero, così diverse e così complementari, ha prodotto nel tempo i risultati eccellenti che conoscete e che è superfluo qui ricordare. Ma l’equilibrio ha retto anche grazie a una divisione dei compiti che difficilmente troverebbe riscontro nei correnti profili di organizzazione di strutture analoghe.
Non basta quindi immaginare un altro ticket che, calato su una squadra sicuramente potenziabile, ma che ha un suo amalgama operativo consolidato in un settore di attività particolare, ottenga automaticamente analoghi risultati.
Forse è opportuno prefigurare una diversa organizzazione, con un Presidente di CDA di prestigio riconosciuto nel mondo editoriale e istituzionale, un direttore della “macchina” magari interno, che sia in possesso della necessaria “cassetta degli attrezzi”, e un direttore artistico, magari part-time, prestigioso e inventivo, che possa ruotare nel ruolo tutti gli anni o ogni due anni al limite.
Se concordate sulla necessità di profilare diversamente l’organizzazione della Fondazione, senza rincorrere velleitarie fusioni con altre strutture, con cui è sufficiente una stretta e leale collaborazione improntata al buon senso e al coordinamento dei rispettivi programmi, passo allora a trasferirvi alcuni modesti pensieri al riguardo.
Ho provato a suddividere in fasce inerenti a profili rispettivamente internazionale, nazionale e locale la figura di Presidente del CDA; ho indicato due opzioni per il ruolo di direttore “interno” della Fondazione; ho elencato alcuni nomi di possibili direttori artistici (part-time) delle edizioni, prendendo un po’ a prestito lo schema del Torino Film Festival, che ha visto succedersi personaggi come Moretti, Amelio, Virzì.


Presidenza CDA
Profilo internazionale: Eco (che all'epoca era ancora vivo, NdG). Magris, Ossola
Profilo nazionale: Sinigaglia, Bertinetti, Ficara, Beccaria, Ajani, Garimberti
Profilo locale: Oliva, Soave, Bianucci, Vanelli, Leddi, Disegni, Gastaldo (per evidenti caratteristiche di solidità strutturale anche futura)
Direttore Fondazione
Marco Pautasso (interno, responsabile Salone off)
Stefano Benedetto (responsabile archivio storico, dirigente cultura Comune di Torino)
Direttore artistico edizione
(uno ogni anno, massimo due anni)
Andrea Bajani, Fabio Fazio, Alessandro Baricco, Piero Dorfles,
Corrado Augias, Giuliano Ferrara, Lidia Ravera, Calabresi/Gramellini, Walter Barberis Giuseppe Culicchia

Ovviamente si tratta di un’esercitazione di stile, o, come si diceva una volta, questo è un contributo al dibattito che incrocia doverosamente forche caudine e paletti legislativi vari che "toccheranno" molte di queste candidature. Candidature che si possono intendere per i vertici, ma anche per costruire una squadra adeguata e di alto livello.
Stiamo parlando di un materiale delicato, che fa parte del patrimonio immateriale di questa città e di questa regione, che si è ben conservato nel corso di 27 anni anche grazie all'attività intelligente e propositiva di colleghi che con me lo hanno “maneggiato” con cura, e mi riferisco a Vanelli, Leddi e Cigliuti, che sono parte attiva di questa bella storia.
Ritengo quindi che, in occasione del rinnovo dei vertici della Fondazione, sia opportuno procedere a un radicale ricambio anche dei componenti del Consiglio di Amministrazione. Che quest’anno ha lavorato male, palesando in alcuni suoi membri prospettive avulse dalla sensibilità istituzionale necessaria alla salvaguardia del Salone a Torino, messa a repentaglio da una curiosa, quanto sgradevole, eterogenesi dei fini che ha anche messo a rischio, a un certo punto, lo svolgersi della stessa edizione 2015.
Naturalmente quando dico radicale, intendo radicale rinnovo.
Non entro nel merito dello scenario più generale entro cui si colloca il problema del Salone del Libro.
Troppo lungo per modesti pensieri.
Ma se il Salone è cresciuto in questi anni fino a raggiungere gli attuali livelli, una ragione probabilmente c'è e risiede nella peculiare capacità che abbiamo noi torinesi di costruire sistemi ed edifici solidi e complessi. Cerchiamo quindi di non esercitarci nell'altra nostra peculiarità, di farci cioè scappare sotto il naso le innovazioni che costruiamo. Ci sono oziosi predatori che non aspettano altro.
Torino 29 aprile 2015
Roberto Moisio


Commenti

  1. Le liste di proscrizione di non mi convincono.
    È preludio al neo-fascismo.

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