Stallo messicano. Ferve il confronto, franco e apertissimo, sulla futura governance del Museo del Cinema. In programma: "Bastardi senza gloria" |
Lampi sulla Mole. L'assessore Parigi e la presidente del Museo Laura Milani |
Non dubito di tale eccellente proposito. Ma i magheggi, in questo mondo crudele e senza pietà, avvengono comunque: dentro, fuori, sopra e sotto qualsiasi benintenzionato comitato di gestione. Non devo neppure sforzare troppo la mia fertile immaginazione per ipotizzare che i poteri che si contendono Torino (poi vi dico quali sono) si siano premurati di far partecipare al bando i propri cari. E conoscere in anticipo i nomi degli altri candidati sarebbe un bel vantaggio.
Lo scazzo delle deleghe
Il Museo del Cinema vive dunque un momento cruciale: dalla scelta del direttore dipende molto dei futuri destini della Mole. Fatico a capire come mai, di fronte a simili appuntamenti con la storia, agiti tante passioni un banalissimo scazzo come quello che si è consumato in settimana fra la presidente Laura Milani e il Comitato di gestione del Museo. Quest'ultimo ha votato, in assenza della Milani, di affidare ad Annapaola Venezia, vicepresidente del Comitato di gestione in rappresentanza della Fondazione Crt, le deleghe per la normale amministrazione. Deleghe che spettano alla direttrice pro-tempore del Museo, Donata Pesenti. La Pesenti dovrà restare assente a lungo per motivi suoi, quindi il passaggio delle deleghe è indispensabile. La presidente Milani pensava di affidarle a Davide Bracco (ex direttore di Film Commission) o al limite a un interno del Museo, tipo quel Daniele Tinti che a suo tempo il Comune tentò di piazzare alla direzione.E invece, alle spalle della Milani, il Comitato di gestione ha votato per affidare le deleghe alla vicepresidente Venezia.
Certo, l'operazione suscita qualche riserva: il Comitato è l'organo di governo del Museo e controlla l'operato del direttore o di chi ne fa le veci, ed è discutibile che il ruolo del controllore coincida con quello del controllato. Tuttavia lo Statuto, all'articolo 12, sembra consentirlo.
Ma alla fin fine, chissenefrega: è così importante? A me pare di no. E invece la Milani s'è incazzata una cifra. Solo per qualche giorno. Alla fine le deleghe sono rimaste alla Venezia.
Sorge spontanea una domanda: se escludiamo un'intossicazione da peyote, per quale oscuro motivo si doveva scatenare una simile faida al Museo?
Delegata. Annapaola Venezia di Fondazione Crt |
Uno scontro di potere sul bando
Come al solito, la narrazione ufficiale della vicenda è cauta e reticente da fare pietà. Ho provato a chiedere lumi a questo e a quello. Senza risposte. Ma alle volte i silenzi sono discorsi. Di silenzio in silenzio arriva la conferma che dietro a un'apparente baruffa da riunione di condominio infuria uno scontro di potere ad ampio raggio, collegato al bando per il direttore e, in prospettiva futura, anche alla scalata della presidenza del Museo del Cinema.Una cosa va subito chiarita: le deleghe della Pesenti in sé e per sé non danno accesso al Sacro Mistero del Bando. La delega per il bando se la tiene ben stretta la Milani. E comunque neppure la Milani conosce, né vuole conoscere, i nomi dei candidati.
Ciò scontenterebbe qualcuno dei soci del Museo. Mi domando perché, visto che nessuno vuole influire sulla scelta del direttore.
Le forze in campo
Vediamo un po' com'è composto, questo famoso Comitato di gestione, nel quale sono rappresentati i soci del Museo. I membri, oltre alla Milani, sono quattro. La vicepresidente, ve l'ho detto, è Annapaola Venezia, nominata dalla Fondazione Crt. Poi ci sono Giorgia Valle, per conto della Compagnia di San Paolo, e Gaetano Renda, che rappresenta il Comune. C'è pure Paolo Del Brocco, chiamato a sostituire Massimo Sordella sulla poltrona che spetta a Gtt: però è quasi sempre a Roma, e incide poco.Vi ricordo che furono Sordella e Giorgia Valle a mettersi di traverso quando il Comune bloccò la nomina di Alessandro Bianchi e tentò di imporre il suo candidato Tinti alla direzione. Sordella si dimise proprio perché la sua posizione non coincideva con quella di Gtt, che nel Comitato di gestione in genere asseconda le volontà del Comune.
Una presidente sotto attacco
Laura Milani è stata nominata alla presidenza del Museo su indicazione della Regione, e con la massima fiducia della Parigi, dieci mesi fa. Il suo mandato scade, insieme con l'intero Comitato di gestione, nel 2020. Però nel 2019 ci sono le elezioni regionali. Le probabilità che l'attuale maggioranza di centrosinistra ne esca confermata sono pari a quelle che ho io di vincere il Premio Nobel della Letteratura. Quindi, in prospettiva, la posizione di Laura Milani non è saldissima. Manco adesso, comunque. I suoi rapporti con il Comitato di gestione sono improntati "al confronto e alla massima franchezza", come si dice in certi ambienti quando ci si prende a steccate sulle orecchie. E adesso anche la Parigi è delusa di come è stata gestita la vicenda delle deleghe.Non credo che la Milani tenga particolarmente alla poltrona: ma è tignosa, di conseguenza non si muove. Al momento.
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Non credo però a un'alleanza fra Comune e Fondazioni bancarie nella battaglia della Mole. Semmai si tratta di convenienza tattica, perché mirano allo stesso obiettivo: rimettere in discussione l'equilibrio dei poteri al Museo del Cinema.
Fin qui mi seguite? Ok, soltanto mie elucubrazioni. Ma nei prossimi mesi capiremo se sono campate in aria o se ci ho azzeccato.
Dalla direzione alla presidenza: lo stallo messicano
Il problema è il bando. In passato anche il direttore veniva scelto dalla politica: al Museo vigeva la consuetudine che la Regione nominasse il presidente, e il Comune il direttore. Adesso la presidenza è ancora una poltrona "politica" e in quanto tale assegnata dalla Regione; per la direzione, in quanto carica gestionale, vale invece la regola del ricorso al bando. Regola alquanto intermittente, a Torino. Però applicata al Museo. Figuratevi un po' la gioia con cui il Comune può contemplare l'eventualità che il bando scodelli un altro direttore "vicino al pd".
Fuori d'ipocrisia: è logico che ogni socio del Museo del Cinema arda dall'egoistico desiderio di nominare un direttore "amico". Ma anche bravo. s'intende. Certo, come no. Anche bravo. Si es possible.
Immagino i soci del Museo impegnati in uno stallo messicano tipo "Bastardi senza gloria": ciascuno tiene sotto mira gli altri, e non si muove se gli altri stanno fermi, ma al primo gesto fuori posto si scatena l'inferno.
E questo per la direzione.
A lungo termine, invece, si potrebbe riaprire la partita per la presidenza. La Milani, a furia di agguati e scazzi, potrebbe anche decidere di chiudere anzitempo. Oppure potrebbe sfiduciarla la Parigi, che in questa vicenda è in grossa difficoltà e priva dell'appoggio del Chiampa, il quale, si sa, di queste faccende culturali se ne sbatte alla grandissima. Quindi, primo scenario possibile, la Milani porta a termine la procedura del bando, insedia il nuovo direttore, e poi via. Un bel comunicatino di saluti e baci, grazie e a non più rivederci. In fondo, la sua mission al Museo era rimettere in sesto il bilancio: e il bilancio adesso è a posto. Quindi ci sarebbe anche lo spunto per uscire di scena alla grande.
Giampiero Leo |
Il democristiano eterno
Che avvenga fra due mesi o fra un anno, l'eventuale uscita di scena della Milani rilancerebbe le quotazioni di Giampiero Leo. Eh già: l'inossidabile democristiano eterno, ecumenico per Dna e paciere per vocazione, quello che va d'accordo con tutti e per tutti ha in serbo un caloroso "carissimo". Un anno fa si era parlato di lui come di un possibile presidente "di mediazione"; o forse ne aveva parlato solo lui; di fatto, il nome circolava. In seguito Leo era sul punto di entrare nel Consorzio delle Regge Sabaude come rappresentante della Regione, ma poi lo hanno dirottato, sempre in quota Regione, nel Consiglio d'indirizzo della Fondazione Crt, dove naturalmente si occupa di cultura.Leo, per diventare presidente del Museo, dovrebbe però abbandonare la sua carica in Fondazione Crt: ciò equivale a lasciare una spiaggia dei Caraibi per trasferirsi alla periferia di Novosibirsk. Però sotto sotto credo che Leo sarebbe tentato: il Museo del Cinema è una sua vecchia passione.
Giampiero Leo sarebbe un presidente meno spigoloso della Milani; e ciò, presumo, non dispiacerebbe ai soci del Museo. Le sue chance sarebbero notevoli fra due mesi, con questa giunta che gli si è dimostrata amica benché, formalmente, lui appartenga ancora all'area del centrodestra. L'anno prossimo non so: dipenderà da chi vince le elezioni. A ben pensarci, comunque, il risultato del voto potrebbe non essere determinante. Governi il centrodestra, governino i grillini, governi chi vuole, alla fine della fiera un democristiano vero è come una cravatta di Marinella: va sempre di moda, e sta bene con tutto.
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