Se il Festival fosse come la presentazione, ci sarebbero migliaia di morti di noia.
Per fortuna la neo-direttrice Emanuela Martini non è una show-woman, però i festival li sa fare. E' stata lei, infatti, a fare quelli di Moretti, Amelio e Virzì. I Famosi Registi ci mettevano la faccia (e, almeno Moretti e Virzì, la verve) ma la sgobbona che sceglieva i film e guidava il macchinone era sempre lei. Quindi la trentaduesima edizione del Torino Film Festival, la prima con Emanuela Martini ufficialmente direttrice, sarà un'ottima edizione. Come al solito.
Il problema è semmai la comunicazione. Emanuela Martini è una persona intelligente e - a modo suo, nel privato - spiritosa: però è convinta (anche giustamente, ci mancherebbe!) che in un festival si debba parlare di film. Infatti ieri la conferenza stampa s'è risolta in una interminabile lezione di storia del cinema, con Emanuela e gli altri curatori impegnati a raccontare per filo e per segno vita, morte e miracoli di registi celebri o ignoti; e trame, pregi e sorprese di lungometraggi, corti e documentari. Uno straccio di battuta per farci un titolo, manco a piangere. In compenso hanno sciorinato l'intero repertorio da cineforum anni settanta: compreso "il thrillerone lettone-estone", "l'interessante filmmaker bergamasco" e l'ordine perentorio a rivedersi su grande schermo "Il Gabinetto del Dottor Caligari". Fatalmente il pensiero corre a Fantozzi e alla Corazzata Potemkin.
Aggiungi che il presidente della giuria lungometraggi sarà quell'allegrone di Ferzan Ozpetek...
Però non equivocate: il programma del Festival è davvero bello, ben fatto e pieno di cose da vedere, anche per noi non cinefili militanti. A me, ad esempio, stuzzica la presenza di Julien Temple. Certo, farò più fatica a scovare qualche storia spassosa da raccontare. Ma non penso che fornirmi storie spassose da raccontare rientri nei compiti istituzionali della direttrice Martini.
Ad ogni modo: ieri, durante la conferenza stampa, l'unico momento di cronaca vera lo hanno offerto i due assessori: Braccialarghe, in missione per conto di Fassino, ha ripetuto il mantra della "cultura asset strategico"; mentre Antonella Parigi, emissaria di un Chiamparino che ha disvelato le miserie delle casse regionali, ha ricordato che oggi si guarda alla ricaduta anche economica delle iniziative culturali; dicendo che sì, il Tff da quel punto di vista funziona; ma facendo anche capire che soldi ce ne sono pochi, o punti.
Per fortuna la neo-direttrice Emanuela Martini non è una show-woman, però i festival li sa fare. E' stata lei, infatti, a fare quelli di Moretti, Amelio e Virzì. I Famosi Registi ci mettevano la faccia (e, almeno Moretti e Virzì, la verve) ma la sgobbona che sceglieva i film e guidava il macchinone era sempre lei. Quindi la trentaduesima edizione del Torino Film Festival, la prima con Emanuela Martini ufficialmente direttrice, sarà un'ottima edizione. Come al solito.
Una lezione di cinema
Però scordatevi le gag di Virzì, o le ironie morettiane. La prima conferenza stampa pre-festivaliera di Emanuela Martini come direttrice del Tff resterà nella storia come la più dotta, verbosa e afflittiva di tutti i tempi. E ragionevolmente non prevedo che nel corso della manifestazione la Rossa Cinefila ci riserverà qualche momento frizzante. Non è nella sua natura. E in fondo non è richiesto, per scegliere dei bei film e fare un bel festival.Il problema è semmai la comunicazione. Emanuela Martini è una persona intelligente e - a modo suo, nel privato - spiritosa: però è convinta (anche giustamente, ci mancherebbe!) che in un festival si debba parlare di film. Infatti ieri la conferenza stampa s'è risolta in una interminabile lezione di storia del cinema, con Emanuela e gli altri curatori impegnati a raccontare per filo e per segno vita, morte e miracoli di registi celebri o ignoti; e trame, pregi e sorprese di lungometraggi, corti e documentari. Uno straccio di battuta per farci un titolo, manco a piangere. In compenso hanno sciorinato l'intero repertorio da cineforum anni settanta: compreso "il thrillerone lettone-estone", "l'interessante filmmaker bergamasco" e l'ordine perentorio a rivedersi su grande schermo "Il Gabinetto del Dottor Caligari". Fatalmente il pensiero corre a Fantozzi e alla Corazzata Potemkin.
Aggiungi che il presidente della giuria lungometraggi sarà quell'allegrone di Ferzan Ozpetek...
Il Vernacoliere e i Cahiers du cinéma
Per questi motivi mi sono ringalluzzito quando la Martini ha confermato la presenza di Virzì, che animerà la presentazione dei film da lui scelti in qualità di "guest director": ovvìa, è come ritrovare una copia del "Vernacoliere" in mezzo alla raccolta dei "Cahiers du cinéma".Però non equivocate: il programma del Festival è davvero bello, ben fatto e pieno di cose da vedere, anche per noi non cinefili militanti. A me, ad esempio, stuzzica la presenza di Julien Temple. Certo, farò più fatica a scovare qualche storia spassosa da raccontare. Ma non penso che fornirmi storie spassose da raccontare rientri nei compiti istituzionali della direttrice Martini.
Assessori e denari
Conferenza stampa: da sinistra Antonella Parigi, Emanuela Martini e Braccialarghe |
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