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LAUS: IO NON SONO UN "NO LOMBROSO"

Cesare Lombroso
Mauro Laus
E dopo tante liti e tante beghe, l'affare Lombroso s'ammoscia.
Stasera, all'ora di cena, sto guardando per la centesima volta "Il mio nome è Nessuno" - capolavoro totale - quando mi squilla il telefono: è Mauro Laus, presidente del Consiglio regionale.

La telefonata di Mauro Laus

Laus mi sembra piuttosto dispiaciuto per qualche mio schietto commento alla sua decisione di concedere la sala del Consiglio agli autori e ai presentatori del libro "Cento città contro il Museo Lombroso". Mi assicura che lui non condivide per nulla le tesi sostenute in quel testo: ha concesso la sala perché gli sembra democratico dare spazio a tutte le opinioni.
Io gli faccio benevolmente notare che a Torino ogni giorno si presentano decine di libri, negli spazi più vari: librerie, biblioteche, circolideilettori, bar, ritrovi culturali, associazioni private, cral, musei, unionindustriali, ristoranti vegani, circolidellastampa, gallerie d'arte, cavallerizzeoccupate, teatri, centri sociali, parrocchie. In quelle sedi si sostengono e si dibattono le idee più variegate, anche le più estreme e stravaganti, in piena democrazia e pari opportunità per tutti. Senza che autori, relatori e presentatori si sentano umiliati perché non si esibiscono nelle austere sale del Consiglio regionale.
Laus si apre all'ipotesi di aver peccato d'ingenuità, senza considerare le implicazioni del suo gesto forse affrettato ma - ribadisce - dettato da sincero afflato democratico. 
Io mi proclamo certo che gli intellettuali della Magna Gracia avrebbero potuto democraticamente diffondere il loro Verbo nella tollerante Torino senza per forza proclamare la loro avversione a un museo voluto e sostenuto dalla Regione proprio in Consiglio regionale. Aggiungo che, a mio modesto avviso, se proprio si intende utilizzare la sede di un organo costituzionale come contenitore per eventi "culturali", converrebbe essere un po' più selettivi: altrimenti un domani anch'io, non appena darò alle stampe il mio fondamentale saggio "La verità sui marziani del Musiné", mi riterrò in diritto di pretendere analogo onore, in nome della democrazia.
Laus assente. Aggiunge che lo addolorano le voci malevole che adesso girano per Torino, descrivendolo come un sostenitore della crociata anti-Lombroso. Ci tiene a ribadire che non condivide per nulla quelle posizioni, e non è affatto lieto di sentirsi equiparare a Mimmo Mangone, l'assessore comunale che in questa legislatura s'è distinto con la sua crociata per la restituzione del cranio del brigante Vilella alla terra natìa.
Rassicuro Laus: non intendo equipararlo a Mangone, e la sua dichiarazione d'estraneità al think tank No Lombroso verrà correttamente riportata da GabosuTorino. 
Ci salutiamo con grande cordialità e io me ne torno davanti alla tivù in tempo per l'epica scena in cui Henry Fonda-Jack Beauregard affronta da solo i centocinquanta figli di puttana del Mucchio Selvaggio.

No Lombroso: ventiquattr'ore di solitudine

Intanto tiro le somme di ventiquattr'ore che hanno spassato Torino.
Nel breve volgere di un giorno e una notte, la presentazione in Consiglio regionale del fondamentale testo "Cento città contro il Museo Lombroso" ha assunto per i promotori i contorni di una nuova Calatafimi.
Prima la condanna senza appello dell'iniziativa da parte di Comune, Regione e Università.
Poi il forfait di Antonella Frontani, che in quanto vicepresidente di Film Commission s'è resa conto che il suo ruolo istituzionale le proibiva di esibirsi come moderatrice di quella pittoresca kermesse.
Quindi la decisione di Laus di non portare al "convegno" il saluto suo, né tampoco quello del Consiglio regionale. 
E adesso, sempre da Laus, una netta presa di distanze dagli antilombrosiani.
Ora non resta che trasferire in una sede appropriata il "convegno" dell'11 marzo. 
E potremo finalmente dimenticare questa ridicola vicenda.

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